Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Silvestro Lega e il villino Batelli sull’Arno

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Conoscere l’ambiente nel quale intellettuali, artisti o scienziati, hanno creato le loro opere permette di apprezzarle in modo ancora maggiore.

Se questa è una routine per i famosi non lo è per i meno conosciuti: tutti conoscono i luoghi dove van Gogh produceva i noti capolavori, molti ignorano dove Silvestro Lega, uno dei pittori cosiddetti “macchiaioli”, trasse ispirazione per molte delle sue opere più belle. Un ambiente scomparso che vale la pena di provare a ricostruire con documenti e ricordi.

Silvestro Lega nacque a Modigliana (Forlì) l’8 dicembre 1826.

A18 anni si arruolò come volontario nella prima guerra d’indipendenza; s’iscrisse anche all’Accademia delle belle arti di Firenze che presto abbandona dopo il ritorno dal fronte.; partecipa alla seconda guerra d’indipendenza nel 1859 e successivamente entra a far parte a Firenze di un gruppo di giovani pittori, chiamati “macchiaioli” per il loro modo di dipingere “a macchia”.

Il termine macchiaioli fu introdotto da un cronista in occasione di una mostra nel 1862 in senso denigratorio giocando sul doppio senso di “darsi alla macchia”, “agire furtivamente”.  

In realtà si trattava di una tecnica rivoluzionaria che aveva lo scopo di far penetrare la luce tra una “macchia” e l’altra; tra l’altro precedette la tecnica “per pennellate” degli impressionisti, ma con la differenza che in Francia ebbero notevole sostegno da parte delle autorità e del pubblico.

 

I “macchiaioli” restarono comunque incuranti delle critiche e superarono per l’incomprensione anche difficoltà economiche, intenti a rappresentare la realtà come si presentava.

La maggior parte toscani, ma anche napoletani, veneti, emiliani, marchigiani, erano tutti animati da profondi sentimenti patriottici e, oltre a Silvestro Lega, altri “macchiaioli” parteciparono alle battaglie delle guerre d’indipendenza.

Testimonianza del loro patriottismo sono anche le numerose tele raffiguranti episodi del Risorgimento come il 26 aprile 1859 a Firenze nella quale Odoardo Borrani celebrò l’inizio della seconda guerra d’indipendenza con la raffigurazione di una donna intenta a cucire la bandiera tricolore, e il Campo italiano dopo la battaglia di Magenta di Giovanni Fattori. Quest’ultimo quadro ispirò la scena della battaglia di Custoza del film Senso di Luchino Visconti. 

Il periodo più felice della vita di Silvestro Lega fu il decennio 1860 -70 ospite della famiglia Batelli proprietaria del villino omonimo e dove conobbe anche l’amore di Virginia della stessa famiglia.

Il villino, in realtà una vera e propria villa a due piani, era situato in aperta campagna, sulla riva destra dell’Arno, alla periferia est di Firenze, delimitata dal torrente Affrico, una zona allora detta Piagentina.

La popolazione era costituita da contadini che portavano a mattino i prodotti dell’orto al mercato con i carretti, renaioli che dall’Arno scaricavano la rena del fiume sulla riva e lavandai.

Vicino al villino c’era un bindolo, una serie di cassette che scorrevano intorno ad un asse, scendevano nel pozzo adiacente e risalivano piene d’acqua che versavano in un trogolo ove i contadini lavavano le verdure raccolte prima di portarle al mercato.

L’acqua serviva anche per irrigare gli orti, un asino muoveva il bindolo girandovi intorno.

Il paesaggio favoriva le ricerche della pittura “en plein air” portata avanti da Silvestro Lega e altri “macchiaioli” tra cui Signorini, Abbati, Borrani e Sernesi.

L’artista ne trasse continua ispirazione, rappresentando la quotidianità del lavoro di lavandaie, contadine, uomini e donne affaticati, dipingendo i gesti intimi e i ritmi lenti che scandivano la vita domestica e del contado circostante, con immagini pervase da una dolce malinconia.

Dipinse con particolare sensibilità molti ritratti femminili e scene familiari. Tra le numerose opere di quel periodo fecondo Il bindolo (1863), il Villino Batelli a Piagentina (1863) dove lui abitava. Le opere sono esposte nelle Gallerie di tutta l’Italia.

Dal 1870 al 1880 soffrì di una grave crisi depressiva per la morte dell’amata Virginia. Una perdita parziale della vista lo costrinse a sospendere ogni attività artistica e sociale che riprese dopo un lungo periodo di inattività.  

Frequentò la famiglia Tommasi proprietaria della villa omonima vicino al villino Batelli. Fu in seguito ospite  del conte Roselmini, a Poggiopiano, dove trascorse serenamente e dignitosamente gli ultimi anni di vita. Morì all’ospedale di san Giovanni di Dio di Firenze, il 21 settembre 1895. È sepolto a Modigliana suo paese di origine.

Silvestro Lega vide l’alterazione del suo paesaggio preferito solo dalla costruzione della ferrovia Firenze-Roma, che attraversava la campagna e separava il villino Batelli dal fiume Arno.

Adesso l’ambiente è completamente e pesantemente urbanizzato e l’artista non riconoscerebbe certamente i luoghi che hanno inspirato le sue opere. Negli anni 60 è stato addirittura “tombato” il torrente Affrico, ricordato in un poemetto dal Boccaccio.

Nonostante numerose ricerche non è stato possibile identificare Il villino Batelli.

Bellariva, dove ho abitato dal 1939 al 1957 è un quartiere, prima si chiamavano rioni, sulla riva destra dell’Arno, una zona contigua a quella di Piagentina dove era situato il villino Batelli.

Prima dell’ultimo conflitto mondiale era caratterizzata da una distesa di campi ed orti con la stessa popolazione rappresentata da Silvestro Lega, costituita da contadini, renaioli e lavandaie.

Anche a Bellariva ricordo il bindolo: le cassettine, dipinte di rosso: rilucenti sul verde circostante, ruotavano prendendo l’acqua dal pozzo che versavano nel trogolo dove i contadini lavavano gli ortaggi; l’unica differenza era il motore che sostituiva l’asino.

Ricordo anche che molti pittori, emuli del loro illustre predecessore, sostavano con i cavalletti sulla riva dell’Arno per ritrarre il paesaggio. Il soggetto preferito erano tre casine dipinte di rosso con tre cipressi verde-scuro al centro dei campi.

Dopo il secondo conflitto mondiale furono inghiottite dalla speculazione edilizia; le ho disegnate prima della scomparsa definitiva. E’ invece ancora presente, anche se ristrutturata, la Villa “La casaccia”, sull’Arno, dove si riuniva un gruppo di macchiaioli del Cenacolo di Bellariva, ospiti dei Tommasi proprietari della Villa, e dove Silvestro Lega ritrasse il proprietario e allievo Angiolo Tommasi nel quadro Il pittore Tommasi che dipinge. 

 

 

Silvestro Lega. Il villino Batelli a Piagentina (1863)

 

 

Silvestro Lega. Il bindolo (1863)

 

 

Alberto Dolara. Le casine rosse a Bellariva (1950)

 

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