Perché Israele rischia grosso se entra a Gaza

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Molti hanno notato l’esitazione israeliana a sferrare l’attacco diretto a Gaza che Benjamin Netanyahu ha più volte promesso, e si chiedono quali siano i motivi dei continui rinvii. Anche perché, in fondo, tutti erano abituati ai blitz che l’esercito israeliano ha spesso condotto in passato.

Vanno certamente considerati gli inviti alla prudenza che l’amministrazione Biden rivolge al governo di Tel Aviv. Gli Usa temono, e non senza ragione, che l’ingresso delle truppe israeliane nella Striscia possa scatenare un conflitto regionale, con il coinvolgimento diretto dell’Iran e dei suoi alleati sciiti di Hezbollah i quali, del resto, stanno già colpendo Israele dalle loro basi in Libano.

Non si tratta soltanto di questo, però. Il problema è che l’esercito israeliano è formidabile nelle battaglie campali, vale a dire quando si tratta di affrontare in campo aperto eserciti nemici strutturati.

A Gaza la situazione è ben diversa, in quanto Hamas, per la sua stessa natura, condurrebbe una guerra di guerriglia difendendo il territorio casa per casa, con la possibilità concreta di colpire gli attaccanti alle spalle e approfittando della vastissima rete di tunnel di cui dispone nella Striscia.

Si noti inoltre un altro fatto importante. La gran parte delle truppe che Israele ha ammassato di fronte alla Striscia è composta da soldati di leva e da riservisti. Ci sono ovviamente anche i reparti speciali, ma è dubbio che, vista la loro consistenza, possano davvero giungere al controllo completo di Gaza.

Israele rischia dunque una nuova Stalingrado, dove la battagli si svolgerebbe per l’appunto di casa in casa, con le sue truppe incapaci di individuare con precisione i bersagli da colpire.

A ciò va aggiunto che Hamas non si pone il problema dei civili palestinesi. Poiché il suo scopo è cancellare Israele dalla carta geografica, il coinvolgimento dei civili, dal suo punto di vista, è tutto sommato un problema minore, anche se questa mentalità sembra aberrante agli occidentali.

 

Inoltre Israele deve tener conto del suo crescente isolamento internazionale. Significative, a questo proposito, le parole del segretario dell’ONU Antonio Guterres il quale, pur condannando le efferatezze compiute dai miliziani di Hamas durante l’attacco a sorpresa, ha tuttavia aggiunto che “il terrorismo non nasce dal nulla”, condannando l’occupazione israeliana di territori palestinesi.

Netanyahu è pure frenato dai timori di buona parte della stessa società israeliana, che preferirebbe far liberare gli ostaggi piuttosto che entrare a Gaza. Si tratta di una situazione mai vista prima in Medio Oriente, con Israele in una posizione assai difficile e del tutto nuova nella sua storia.

 

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