Il complotto contro il II Reich. Una stravagante teoria di Ludendorff
Il comandante di fatto dell’esercito imperiale tedesco nell’ultimo anno di guerra, il “Primo quartiermastro generale” (grado creato appositamente per lui) Ludendorff fu un ottimo tattico, ma un cattivo stratega, anche per gravi carenze di valutazione politica, che condussero lo stato maggiore germanico a rifiutare le proposte di pace provenienti dall’Intesa ed a puntare tutto sulla soluzione militare. Le offensive del 1918 consumarono le residue riserve degli imperi centrali, assicurando ai loro nemici il successo delle proprie controffensive strategiche. Quale fosse la sua visione politica del conflitto Erich Ludendorff lo riportò in un libro, Wie der Weltkrieg 1914 “gemacht” wurde, herausgegeben am 28.6.1934, dem Gedenktag des Mordes in Sarajewo am 28.6.1914, (Ludendorff Selbstverlag, München 1934) ed era un misto d’irrazionalità, fantasia e contraddizioni inaccettabile nella guida militare di uno stato impegnato in una guerra per la vita e per la morte.
Secondo l’ultranazionalista Ludendorff i veri promotori ed autori della guerra contro la Germania sarebbero stati potenze occulte internazionali, incarnate secondo lui negli ebrei, nella massoneria e nella Chiesa cattolica, che si proponevano di distruggere la “libertà luterana” ed il vero cristianesimo, quello protestante. Come potessero stare assieme il giudaismo (diviso, da sempre, in correnti ed interpretazioni molto contrastanti), la massoneria (differenziata in logge distinte e rivali politicamente e dottrinalmente), e dulcis in fundo la Chiesa cattolica (la stessa che in quell’epoca riteneva gli ebrei colpevoli di deicidio e che comminava la scomunica automatica a tutti i massoni) non vi è modo di comprendere. Va aggiunto per completezza che Ludendorff, l’inventore di un complotto catto-giudaico-massonico contro il cristianesimo luterano, credeva nell’esistenza di Wotan e delle altre divinità del pantheon germanico, cosicché questo suo nazionalismo protestante era quantomeno incoerente. Un ottimo saggio, impeccabile per puntualità e completezza delle fonti, come quello di Gerhard Ritter, I militari e la politica nella Germania moderna, specialmente nel terzo volume, Il sopravvento del militarismo e il crollo dell'Impero, documenta impassibilmente, metodicamente l’ostinazione con cui gli imperi centrali, sotto la guida di fatto dello stato maggiore tedesco, ricercarono una soluzione puramente militare alla guerra, sacrificando ogni considerazione politica (la neutralità del Belgio, gli effetti della guerra sottomarina indiscriminata, il rifiuto della mediazione del Vaticano …) ad essa. L’ottusità in politica internazionale di un Ludendorff offre uno spaccato impressionante della mentalità di questi vertici. Spicca il contrasto fra un Ludendorff ed un von Moltke il Vecchio. Ambedue avevano grandi competenze militari, ma mentre il primo era uno sprovveduto al di fuori del proprio ristretto ambito professionale, il secondo era un poliglotta con ottime conoscenze storiche. Da un capo militare ci si attendono anche capacità politiche: von Moltke il Vecchio cooperò alla fondazione del II Reich, Ludendorff fu tra coloro che lo condussero alla rovina.
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