La crisi degli atenei Usa coincide con la crisi della nazione
Che la crisi degli atenei Usa sia profonda e, forse, irreversibile è cosa nota. Non sto parlando di college minori del Mid-West, bensì delle grandi università che tradizionalmente formano la classe dirigente americana. Harvard, che laureò tra gli altri John F. Kennedy, è ancora una volta l’epicentro della suddetta crisi. Già sappiamo dell’impasto di “cancel culture”, “wokismo” e “politically correct” che ha in pratica eliminato la libertà di pensiero e di parola in un Paese che, a tali libertà, ha sempre attribuito valore fondante. Ora, nelle aule delle celebri università della “Ivy League” è diventato sempre più arduo esprimere opinioni che divergono dal pensiero dominante (per non dire unico) che si è diffuso a macchia d’olio nell’ultimo decennio. L’attacco di Hamas a Israele ha fornito un’ulteriore prova della gravità della situazione. Si è scatenata tra Harvard, Princeton e Columbia un’ondata di antisemitismo mai vista prima da quelle parti. Naturalmente l’antisemitismo era presente negli Usa anche in precedenza. Basti pensare al famigerato Ku Klux Klan, che però è diventato col tempo un fenomeno marginale. Le tragiche vicende di Gaza lasciano tuttavia capire che una parte consistente di studenti e corpo docente assume sul tema posizioni radicali abbastanza comuni in Europa, ma prima sconosciute in America. Nel senso che vengono per esempio sostenute senza dubbio alcuno le azioni di Hamas (incluso il massacro di bambini nei kibbutz vicini alla Striscia), mentre si nega a Israele il diritto di rispondere.
Non solo. Molti mettono pure in dubbio la stessa legittimità dello Stato ebraico, vale a dire il suo diritto a esistere. Il che induce a chiedersi se esso riuscirà davvero a superare questa crisi. Non si deve scordare, infatti, che gli Stati Uniti sono da sempre il principale sostenitore di Tel Aviv. Ma cosa accadrà in futuro, quando andrà al potere una classe dirigente formatasi in un clima come quello attuale? Facile arguire che Israele vedrebbe minacciata la sua stessa esistenza, essendo circondato da Stati più o meno ostili, alcuni dei quali decisi ad eliminarlo dalla carta geografica. Nel frattempo, nel corso di una manifestazione pro Hamas nella iconica Times Square di New York, sono comparse addirittura bandiere con la svastica nazista. E non si tratta certo dei ridicoli “nazisti dell’Illinois” presenti nel celebre film “The Blues Brothers”. Alcuni fatti sorprendono. Hamas, come ogni movimento fondamentalista, è violentemente anti-femminista e anti-gay. Non risulta però che le femministe e la comunità Lgbt americani lo abbiano notato. E questo, per l’appunto, induce a chiedersi non solo quale sarà il destino di Israele, ma anche dove stanno andando gli Stati Uniti. Tuttora (ma per quanto?) potenza egemone dell’Occidente. |
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