Problematico il “decoupling” economico Usa-Cina

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L’amministrazione Biden sta faticosamente cercando di ristabilire rapporti più sereni e costruttivi con la Repubblica Popolare Cinese. Lo dimostrano le visite a Pechino di due esponenti chiave del governo americano. Prima il Segretario di Stato Antony Blinken, poi la Segretaria del Tesoro Janet Yellen, che in precedenza aveva diretto la Federal Reserve (l’equivalente della BCE europea).

Nessuna delle due visite ha ottenuto risultanti eclatanti, a parte la riapertura di un dialogo diretto interrotto da parecchio tempo (e questo è senz’altro un fatto positivo). Biden però è stato subito attaccato da Donald Trump, secondo il quale questo “pellegrinaggio” a Pechino di ministri di peso altro non fa che dimostrare la grande debolezza dell’attuale presidente e della sua amministrazione.

A tale proposito, tuttavia, si deve notare che, nel corso della sua visita, Janet Yellen ha riconosciuto che il celebre “decoupling”, vale a dire il disaccoppiamento tra l’economia Usa e quella cinese è, in pratica, un obiettivo impossibile da conseguire. Qualora venisse realizzato, a soffrirne sarebbero non solo Repubblica Popolare e Stati Uniti, ma pure l’intera economia mondiale.

Il motivo è semplice. I due sistemi sono ormai così interconnessi che risulta arduo recidere i legami con un colpo netto. Si avrebbero ripercussioni gravissime sul commercio globale e le due potenze rischierebbero seriamente di entrare in recessione, trascinando nel disastro anche le economie minori (inclusa quella europea).

 

Non è ancora chiaro come Pechino e Washington intendano comportarsi in futuro. Yellen ha invitato i cinesi ad evitare mosse protezionistiche e a garantire condizioni eque alle aziende Usa che operano nella Repubblica Popolare. Anche se alcune di esse, negli ultimi tempi, hanno deciso di lasciare la Cina per trasferirsi in contesti territoriali più favorevoli come Vietnam e Singapore.

Dal canto suo Pechino ha reagito con una mossa molto irritante per gli Usa, e cioè proibendo l’esportazione di alcune delle “terre rare” di cui la Cina è assai ricca, e che sono indispensabili per la costruzione di ogni apparato elettronico. Non si è trattato, insomma, di un dialogo tra sordi, anche se Biden, Blinken e Yellen speravano in risultati migliori. I cinesi, tra l’altro, hanno chiesto la fine delle sanzioni imposte da Trump e poi confermate dal suo successore.

Cinesi e americani hanno concordato sul fatto che la loro rivalità non deve trasformarsi in conflitto aperto, poiché questo danneggerebbe entrambe le parti. Nessuno però ha fatto ipotesi concrete su come risolvere i contenziosi aperti. E, sullo sfondo, resta sempre l’ombra di Taiwan, sulla quale Xi Jinping si gioca il suo prestigio personale. Gli americani si sono impegnati a mantenere lo status quo, con l’isola indipendente de facto ma non de jure. Atteggiamento che Xi giudica insufficiente, ma che Biden non può modificare se vuole essere rieletto.

 

 

 

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