Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Una” trinità” al femminile nel Risorgimento italiano

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Anita GaribaldiTre donne hanno percorso come tre comete, la storia del Risorgimento italiano dai primi moti carbonari del 1816-18 alla proclamazione di Roma Capitale nel 1870: Anita Garibaldi, Cristina Trivulzio di Belgiojoso e Virginia di Castiglione. Meritano di essere ricordate per il contributo dato con modalità diverse alle lotte risorgimentali.

Anita nacque nello stato di Morrohos, in Brasile il 30 agosto 1821.

Figlia di un mandriano, molto vivace, divenne presto un’abile cavallerizza.

Si sposò a 14 anni. Il 22 luglio 1839 avvenne il primo incontro con Garibaldi che combatteva con i patrioti brasiliani contro il dominio portoghese.

Lui aveva trentadue anni, lei diciotto. «Tu devi esse mia!» le disse senza esitazione, immortalando poi le emozioni di quel primo incontro nelle sue Memorie:

«Con quelle semplici parole avevo creato un legame che solo la morte doveva sciogliere. Avevo trovato un tesoro nascosto, ma un tesoro di tale prezzo da indurmi anche a commettere un delitto per possederlo, purché tutta la responsabilità dovesse cadere sopra di me».

Anita abbandonò famiglia e marito per seguire Garibaldi affrontando al suo fianco mille avventure: pochi giorni dopo la nascita del primo figlio i soldati imperiali avevano circondato la casa che la ospitava e uccisi gli uomini a difesa.

 

Anita, con il neonato in braccio, fuggì a cavallo nella selva; vi rimase quattro giorni, senza viveri e con il neonato al petto, finché l’amato compagno e i suoi non la trovarono.

A questo episodio lo scultore Rutelli s'ispirò per il monumento equestre eretto dopo la morte. Quattro anni dopo, esaurita la rivoluzione brasiliana si recarono nella repubblica dell’Uruguay combattendo per la sua difesa.

Nel 1948 quando scoppiarono i primi moti rivoluzionari in Europa tornarono in Italia; l’anno successivo Anita lasciò i tre figli piccoli alla madre di Garibaldi a Nizza e lo raggiunse a Roma mentre la Repubblica Romana assediata da francesi stava per cadere.

Nella fuga da Roma furono braccati da cinque eserciti, francese, napoletano, spagnolo, toscano ed austriaco. Anita aveva la febbre malarica ed era a metà gravidanza; dopo una marcia estenuante durata un mese morì tra le braccia di Garibaldi il 4 agosto 1949 nelle valli di Comacchio; aveva solo 28 anni.

La fine tragica contribuì al mito. Il corpo, sepolto nella sabbia per nasconderlo alle perquisizioni e ritrovato casualmente alcuni giorni dopo, fu trasferito prima nel cimitero locale, poi nella cappella della famiglia Garibaldi a Nizza. Nel 1932 con un treno speciale i resti furono traslati a Roma e deposti nel basamento del monumento equestre al Gianicolo.

Alla cerimonia dell’inaugurazione parteciparono, oltre a Benito Mussolini, decine di migliaia di persone, e delegazioni ufficiali di molti Paesi, tra i quali Brasile, Uruguay e Francia.

Il regime aveva fatto molti sforzi per acquisire il mito di Anita oltre a quello dei garibaldini, ma trovava ostacoli nell’ideologia fascista che vedeva gli uomini soldati e le donne esclusivamente madri. Ma Anita era stata una donna guerriera, oltre che straniera, meticcia, rivoluzionaria, internazionalista e anche bigama, motivi per i quali nel discorso inaugurale, Mussolini, in venti minuti, le dedicò solo tre righe.

Cristina Trivulzio di BelgiojosoCristina Trivulzio di Belgiojoso nacque a Milano il 28 giugno 1808 dai Trivulzio, una famiglia nobile, molto potente. Malata di epilessia, in una lettera alla sua amica Ernesta, descrisse così la sua infanzia:

«Ero una bambina melanconica, seria, introversa, tranquilla, talmente timida che mi accadeva spesso di scoppiare in singhiozzi nel salotto di mia madre perché credevo di accorgermi che mi stavano guardando o che volevano farmi parlare».

A 16 anni sposò l’avvenente principe Emilio di Belgiojoso da cui prese il cognome. Fu un matrimonio infelice. Il principe non era fatto per la vita coniugale e la sua fama di libertino era fin troppo nota. La relazione con la migliore amica di Cristina segnò la fine del matrimonio.

Cristina, mostrò subito la sua avversione per il dominio austriaco del Lombardo Veneto iniziato nel 1815. Nel 1829 entrò nella carboneria e incontrò personaggi patriottici; i rapporti della famiglia con il governo austriaco le evitarono l’arresto, ma fu sempre sotto il controllo della polizia politica.

Nel 1930, a 22 anni, privata dei beni finanziari, espatriò illegalmente in Francia e visse alcuni anni a Parigi.

«Ricca erede, cresciuta nelle costumanze dell’aristocrazia non conoscevo proprio nulla delle necessità della vita [...] non potevo rendermi conto del valore di un pezzo di cinque franchi. [...] Potevo dipingere, cantare, suonare il pianoforte, ma non avrei saputo far l'orlo a un fazzoletto, cuocere un uovo sodo od ordinare un pasto.»

I beni furono in seguito dissequestrati, cosa che le permise di aiutare anche economicamente alcuni patrioti italiani e finanziare episodi di protesta contro gli austriaci.

Svolse un’intensa attività giornalistica, scrisse saggi storici e politici; il suo salotto era frequentato da illustri artisti come Litz, Bellini, Heine, Balzac, De Musset.

Tornata in Italia dopo dieci anni si dedicò ad opere sociali, in favore della popolazione dell’hinterland lombardo.

Nel 1849 partecipò alla difesa della Repubblica Romana come responsabile dell’assistenza infermieristica. Quando la Repubblica cadde fuggì in Turchia e organizzò un’azienda agricola. Da lì riprese l’attività giornalistica, inviando in Europa articoli e racconti delle sue peripezie orientali che, retribuiti, le consentirono di sopravvivere per cinque anni.

Nel 1855 per un’amnistia delle autorità austriache le fu permesso di rientrare in Italia. Con la proclamazione dell’Unità d’Italia nel 1860 si ritirò dalla vita politica.

Morì a 63 anni, il 5 luglio 1871 a Milano dove è sepolta. Nel 2021, le è stata eretta una statua in Piazza Belgioioso a Milano, la prima dedicata a una donna in quella città.

Contessa di CastiglioneVirginia Oldoini, coniugata Verasis Asinari e storiograficamente nota come Contessa di Castiglione nacque a Firenze il 23 marzo 1837.

Crebbe in ambiente cosmopolita, imparò presto francese, inglese e tedesco e si fece subito notare per la sua bellezza. A diciassette anni sposò Francesco Verasis, conte di Castiglione, da cui prese il cognome. Nacque un figlio, ma fu un matrimonio senza amore.

Quando aveva 18 anni, in un incontro segreto Vittorio Emanuele II, in accordo con Cavour, le chiese di andare a Parigi per far aderire l’imperatore Napoleone III alla causa italiana. Virginia acconsentì.

Il suo ingresso trionfale nella società parigina fu descritto da un nobile italiano:

«Io non dimenticherò mai quel ballo alle Tuileries dove lei appare seminuda come una dea dell’antichità. […] Tutti i presenti sgomitavano e spingevano per poterla ammirare più da vicino. Le dame eccitatissime dimenticarono le regole dell’etichetta e salirono sulle poltrone e sui divani per poterla meglio osservare. Quanto agli uomini erano tutti come ipnotizzati.»

La notte del I° luglio 1956 avvenne il primo incontro intimo con Napoleone II, cosi sinteticamente descritto dalla stessa Virginia: «Vidi la sua ombra avvicinarsi al letto, si abbassò … chiusi gli occhi e il mio destino si compì.»

In seguito non si fece troppi scrupoli a diffondere la notizia che era diventata l’amante dell’imperatore. Alcuni mesi dopo, forse per un complotto organizzato dall’imperatrice francese, fu costretta a lasciare Parigi e tornare in Italia.

Si dedicò a operazioni di borsa ed ebbe numerosi amanti; nel 1958 a 21 anni iniziò la relazione con Vittorio Emanuele II, che prosegui fino al 1869, quando il re, che era vedovo si sposò e Virginia. delusa, decise di tornare a Parigi.

Visse poi periodi alterni in Italia e in Francia svolgendo azione diplomatica in favore della Francia in guerra con la Prussia.

Negli ultimi anni si ritirò a vita privata, sopravvenne un progressivo deterioramento mentale e morì a Parigi il 28 novembre 1899, all’età di 63 anni.

Le abitazioni furono oggetto di furti e perquisizioni allo scopo di distruggere i documenti sulle relazioni avute con i potenti. I suoi resti sono sepolti nel cimitero parigino di Père-Lachaise.

Le vicende di Anita Garibaldi e di Virginia di Castiglione hanno ispirato numerosi film, sceneggiati TV e saggi biografici, mentre quelle di Cristina di Belgiojoso hanno ricevuto un’attenzione minore.

 

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