Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

J.K. Rowling vittima del “wokismo”

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Il wokismo è un fenomeno pseudoculturale, presente soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, che prende il nome dall’aggettivo woke il quale, letteralmente, significa “sveglio”. Al contempo ha preso pure piede il sostantivo wokeness, che viene di solito tradotto in modo libero con l’espressione “non abbassare la guardia”.

Ma non abbassare la guardia in riferimento a cosa?

Secondo i promotori del fenomeno, occorre sempre stare svegli e all’erta di fronte a ingiustizie sociali vere o presunte. Tuttavia, il tratto più originale di questa “corrente di pensiero” (vogliamo chiamarla così?) è il fatto di riguardare il passato ancor più del presente. In altri termini si vanno a cercare i personaggi che in tempi più o meno lontani hanno violato le norme del wokismo contemporaneo, e si applica ad essi la “damnatio memoriae”.

Scrittori, filosofi, politici, scienziati e quant’altro, non importa quando siano vissuti, vanno per l’appunto cancellati dalla memoria collettiva per rendere di nuovo pura e civile la società.

Alcuni di loro – i casi meno gravi – possono sfuggire alla distruzione se qualche solerte cultore del wokismo si assume generosamente il compito di mondare i loro testi da tutte le imperfezioni che li rendono indegni di essere non solo letti, ma anche conservati nelle biblioteche pubbliche.

A quelle private – si spera – i wokisti non avranno accesso, anche se non si può mai dire.

 

Tra le vittime contemporanee più illustri troviamo J.K. Rowling, autrice della celeberrima saga di Harry Potter. Cos’ha dunque combinato la Rowling di così grave? Si è “esposta” sostenendo che, a differenza di quanto affermano i teorici del gender, la distinzione tra maschi e femmine si trova in natura, e non è il prodotto della nostra cultura.

Apriti cielo! La sua opinione può essere contestata, anche se trova concorde la maggioranza delle persone. Ma il wokismo non si è limitato a contestare la scrittrice.

Ha invece aperto contro di lei una vera e propria “caccia alle streghe”, cercando di escluderla dai circuiti culturali che contano, e cancellando addirittura il suo nome dai titoli dell’ultimo episodio cinematografico della saga (come se lei non esistesse).

Non solo. Alcuni esponenti woke hanno cercato di immaginare quanto sarebbe bello e interessante il personaggio di Harry Potter senza la sua creatrice.

Ora il New York Times, il più prestigioso quotidiano Usa, dopo aver appoggiato in pieno la censura, ha fatto marcia indietro “riabilitando” la scrittrice e sconfessando i numerosi editoriali censori pubblicati in precedenza.

La reazione dei wokisti è stata furiosa ma, almeno per ora, priva di conseguenze. Si potrà dunque parlare di nuovo della Rowling e – si spera – il suo nome ricomparirà nei titoli dei film di Harry Potter. Inutile sottolineare quanto sia pericolosa questa tendenza pseudoculturale.

Se le si lascia campo libero, essa può trasformare Stati Uniti e Gran Bretagna in “società chiuse”, come per esempio la Russia di Putin e la Cina di Xi Jinping.

 

 

 

 

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