Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Le radici storiche della cremazione

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Nella storia dell’umanità le pratiche funebri prevedono dopo la morte l’inumazione, conservazione della salma di solito nella nuda terra, o la cremazione in cui essa viene arsa e le ceneri prodotte della combustione raccolte in urne funerarie, o disperse.

Dagli antichi egizi la cremazione era vietata dalla loro teologia sulla trasmigrazione dell'anima e i defunti, persone importanti o ricche, venivano imbalsamati.

Nel corso dei millenni queste modalità sono state messe in atto in modo variabile per motivi religiosi ed economici. Il più antico caso di cremazione risale ad almeno 17000 anni fa: i resti di un corpo in parte cremato sono stati trovati nel lago Mungo in Australia.

La pratica della cremazione in India è attestata dal 1900 a.C.: le ossa poste in urne cinerarie dipinte, sono state rinvenute in un cimitero del Punjab e in tutta l’Asia è ancora molto diffusa.

In gran parte dell’Europa era divenuta dominante nella tarda età del bronzo poi lentamente sostituita dall'inumazione nell’età del ferro.

In Grecia dal 3000 al 1200 circa a.C. era praticata l’inumazione, successivamente sostituita dalla cremazione. L’importanza del rito faceva sì che fosse riservata alle persone più nobili e famose. Omero nell’Iliade, libro XXIII, così descrisse la cremazione di Patroclo, morto in duello contro Ettore:

«Pelíde al comando obbedïenti/Con larghi sprazzi di vermiglio bacco/Di tutto il rogo ei spensero alla prima/Le vive brage, e giù cadde profonda

La cenere. Adunâr quindi piangendo/Del mansueto eroe le candid’ossa;/Le composer nell’urna avvolte in doppio Adipe, e dentro il padiglion deposte, Di sottil lino le coprîr.»

Una splendida urna funeraria etrusca con una scena di commiato scolpita in rilievo in policromia del II-III secolo a.C è stata recentemente rinvenuta presso Perugia. Si possono perfino osservare le lacrime nei volti delle figure. Nell’impero romano la cremazione si trasformò in un'usanza così radicata che in previsione della morte si provvedeva a costruire e affittare i loculi all’interno di un colombarium: le ceneri venivano deposte nelle nicchie, delle pareti.

Con la diffusione del cristianesimo l’uso della cremazione era apertamente osteggiato per la sua origine pagana greco-romana e per la preoccupazione che la distruzione del corpo potesse interferire nella riunione con l’anima al momento della resurrezione.

I primi cristiani provenivano da famiglie giudaiche e avevano conservato l'uso ebraico, che vietava la cremazione a favore della sepoltura nella nuda terra. Il rito prevedeva l'unzione della salma con oli profumati, avvolta in un telo col viso coperto da un sudarium di colore bianco. Un fattore importante era anche la scarsità di legname disponibile.

Con la rivoluzione francese la pratica della cremazione fu ripresa in Europa.

Nel 1963 anche la Chiesa Cattolica dispose che potevano avere una sepoltura ecclesiastica i fedeli che avevano scelto di farsi cremare, ribadendo tuttavia l’invito a praticare l’inumazione.

Con la legge n.130 approvata dal Parlamento italiano nel 2001 la dispersione può essere effettuata anche in spazi aperti (mare, bosco, montagna, campagna), in aree private, oppure in spazi riservati all'interno degli stessi cimiteri (i cosiddetti "Giardini delle Rimembranze"); rimane tassativamente vietata all'interno dei centri urbani.

È anche possibile conservare l'urna in casa, purché vi sia riportato il nome della persona defunta. Nel 2012 la Conferenza Episcopale Italiana ha sancito un sì condizionato secondo il quale le ceneri devono essere conservate nei cimiteri e non disperse in mare o altrove in natura.

Attualmente la pratica è diffusa in tutto il mondo, il record assoluto è del Giappone, dove quasi tutte le cerimonie funebri prevedono la cremazione; a Taiwan e Hong Kong sono oltre il 90%.

In alcuni Stati europei è la pratica prevalente: Svizzera (87,45%), Danimarca (80,90%), Svezia (80,11%), Slovenia (74,93%), Gran Bretagna (73,41%), Germania (55%), Portogallo (50,61%).

La Gran Bretagna è lo Stato col maggior numero di impianti crematori (256): seguono Francia (172) e Germania (158); in Italia sono 70.

Nel nostro Paese la cremazione ha iniziato a diffondersi nella seconda metà dell’Ottocento; nel 2017 le cremazioni sono state 155.155, pari al 23,90% del totale delle sepolture. E’ interessante osservare quanto avviene negli Stati Uniti: nel 1960 meno del 4% degli americani optavano per la cremazione, nel 2015 erano aumentati al 47.9 % e si ritiene abbiano raggiunto l’80% nel secondo decennio del 2000.

Le motivazioni dell’aumento sono molteplici: superate le considerazioni religiose viene valutato il costo maggiore delle inumazioni rispetto alla cremazione, la necessità di reperire di spazi sempre maggiori per la inumazione, la mobilità delle popolazioni che trovano difficoltà quando hanno i propri cari sepolti in cimiteri lontani.

Per quanto riguarda il problema dell’inquinamento ambientale prodotto dai forni crematori valgono tutte le precauzioni messe in atto per i termovalorizzatori: è fondamentale l’abbattimento massimo delle emissioni e il controllo democratico continuo della posizione e del funzionamento degli impianti.

Nella scelta della cremazione vi sono poi motivazioni individuali come quelle espresse da Dacia Maraini in un articolo, Non rispettano i morti mi farò cremare, comparso sul Corriere della Sera nel 1995 per la sepoltura della sorella Yuki: «La bara solida ed impenetrabile, dopo essere stata inchiodata viene spinta nel loculo e poi murata con secchiate di cemento. Orribile vista che mi ha determinata nella mia decisione, una volta morta, di farmi cremare. Il corpo, quel corpo fresco e tenero che apparteneva a mia sorella, ora è un oggetto nemico, trattato quasi come un pericolo per la comunità, sprangato dentro legno, ferro, calce, cemento.»

Sono le stesse emozioni che ho provato quando è morto mio padre e fu messo nel loculo: era un uomo che amava la libertà e fin da giovane aveva cercato di superare gli angusti limiti che le circostanze volevano imporgli. Non era giusto rinchiuderlo in quel modo. Ho preso anch’io la decisione di Dacia Maraini.

 

 

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