Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L'indelebile ricordo di Ipazia

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La vicenda di Ipazia, matematica, astronoma, sapiente filosofa, influente figura politica, assassinata ad Alessandria d’Egitto quindici secoli fa da fanatici religiosi, è stata oggetto di numerose rievocazioni letterarie e cinematografiche. È necessario ricordarla ancora una volta per la persistenza del fanatismo religioso e la violenza contro le donne.

Ipazia nacque ad Alessandria d’Egitto fra il 355 e il 370 d.C. (la data esatta è incerta) nel periodo più turbolento che precedette la caduta definitiva dell’Impero romano.

Le tribù barbare premevano ai confini dell’Impero o vi penetravano, le istituzioni civili cadevano una dopo l’altra, spesso sostituite dall’autorità di vescovi litigiosi o intolleranti, la religione cristiana ormai riconosciuta come legittima dall’editto di Costantino nel 313 d.C. tendeva ad imporsi sull’eredità pagana anche con metodi violenti. Vennero abbattuti templi per costruire  chiese, il credo evangelico cedeva il passo a violenze individuali e collettive verso i pagani e gli ebrei  che divennero i veri perseguitati .  

Le tensioni tra cristiani e pagani erano accentuate ad Alessandria d’Egitto dove esisteva una nutrita comunità cristiana, una folta comunità ebraica e il celebre tempio del dio Serapide, di probabile origine egiziana, tra i più belli d’Egitto, maestoso simbolo del paganesimo.

Il tempio e la statua del dio furono distrutti per ordine del vescovo Teofilo nel 391 d.C.  il quale, secondo Socrate Scolastico, storico e filosofo greco cristiano, aveva fatto tutto quello che poteva «per recare offesa ai misteri degli elleni.»

Nel 399 anche sant’Agostino rivolse un appello per distruggere i simulacri pagani ancora presenti in Africa: «Si ergo dii Romani Romae defecerunt, hic quare remanserunt?»

Di Ipazia, figlia di Teone, filosofo e matematico della scuola di Alessandra, non è rimasto nulla delle sue opere se non le testimonianze dei contemporanei.

Filosofa neoplatonica, insegnava le dottrine di Platone e Aristotele nell’Accademia. Instancabile ricercatrice di verità, il suo pensiero si caratterizzava per la libertà da infrastrutture ideologiche di qualsiasi credo.

Cinesio di Cirene, filosofo, vescovo e scrittore greco, neoplatonico, suo discepolo, poi vescovo di Tolemaide di Libia e Socrate Scolastico, storico cristiano suo contemporaneo, ne elogiarono la sapienza e il carisma.

Bella, coraggiosa, aristocratica e colta, amata dai suoi discepoli pur respingendoli sempre, godeva di prestigio sociale e grande potere politico nella società del tempo, anche per gli stretti rapporti con Oreste, il prefetto imperiale di Alessandria.

Questa influenza si scontrò con le mire di potere di Cirillo, nipote del vescovo Teofilo, nominato vescovo e patriarca di Alessandria nel 412 d.C.

Ritenuto persona violenta ed autoritaria, secondo Socrate Scolastico acquistò «molto più potere di quanto ne avesse avuto il suo predecessore» e il suo episcopato «andò oltre i limiti delle sue funzioni sacerdotali”, arrivando a svolgere un ruolo dalla forte connotazione politica e sociale nell'Egitto greco-romano di quel tempo.

La sua preoccupazione principale era rivolta alle controversie religiose all’interno della religione cristiana e alla affermazione della fede cristiana nei confronti del paganesimo e del giudaismo (l’importante e fiorente comunità giudaica della città di Alessandria fu praticamente sterminata).

Le sue azioni erano ispirate alla difesa dell'ortodossia cristiana a ogni costo: chiuse le chiese dei cristiani non ortodossi seguaci di Novaziano considerati eretici ed entrò in conflitto con Oreste, il prefetto imperiale di Alessandria.

All’origine dell’ostilità di Cirillo verso Ipazia ci sarebbe stata, come specificato nella Suida, l’enciclopedia bizantina del decimo secolo, più che la misoginia o l’odio confessionale, l’invidia per la sua influenza politica e i suoi rapporti di amicizia con il prefetto, anch’egli di fede cristiana.

È probabile che Cirillo, non sia stato coinvolto direttamente nell’assassinio di Ipazia, ma che queste motivazioni abbiano trovato terreno fertile nelle frange estremiste del nuovo culto cristiano, i parabalani. In origine chierici “barellieri” dedicati alle cure ed al trasporto degli appestati, divennero in seguito una milizia privata del vescovo.

Nella versione di Socrate Scolastico nel 415 d.C. un gruppo di parabolani sorprese Ipazia mentre ritornava a casa, la trascinò nella chiesa costruita sul Cesareion e la uccise brutalmente, scorticandola fino alle ossa con cocci taglienti di terracotta, un trattamento riservato agli eretici; i resti furono bruciati in un luogo detto Cinarion.

Secondo la versione “cristiana radicale” di Giovanni, vescovo di Nikiu, tramandata cento anni dopo, «una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi … la trovarono seduta su un'alta sedia … la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarionb … le lacerarono i vestiti, la trascinarono attraverso le strade della città finché lei mori, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono 'il nuovo Teofilo' perché aveva distrutto gli ultimi resti dell'idolatria nella città.»

Fu aperta un’inchiesta, ma il caso fu archiviato. Cirillo già considerato santo nel IV secolo dalle chiese bizantine, venne dichiarato Dottore della Chiesa da papa Lone XII nel 1882.

Ancora il 3 ottobre 2007 Benedetto XVI lo ha indicato come “Instancabile e fermo testimone di Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato”, dedicando alla “grande figura” di uno dei Padri della Chiesa un’intera udienza generale.

Ipazia è stata ricordata da numerose opere artistiche, pittura, letteratura, cinema ed anche fumetti; a Napoli nei Quartieri Spagnoli, con il supporto del Comune, è stato realizzato un murale dalla famosa street artist Mp5.

Dal 1600 oltre una decina di saggi o romanzi hanno rievocato la sua figura. Tra i più recenti quello di Sylvia Ronchey, La vera storia, pubblicato nel 2010.

Nota bizantinista, l’autrice ha dedicato un terzo dell’opera ad un’accurata documentazione che aiuta a capire la complessità del contesto storico nel quale si è svolta la vicenda.

In passato Ipazia era stata ritenuta di volta in volta portatrice di libertà di pensiero e di parola, icona del laicismo, del proto-femminismo, del libero pensiero contro fedi e ideologie, martire pagana, prima strega bruciata sul rogo dell’inquisizione ante litteram.

Secondo la Ronchey dal punto di vista storico Ipazia può essere considerata un’autorevolissima caposcuola di una confraternita platonica, una “teurga” (la teurgia era una pratica religiosa esercitata soprattutto nell'antichità greco-romana pre-cristiana).

La sua uccisione fu dovuta ad una contrapposizione di poteri all’interno di una capitale egiziana dove si scontrarono quelli dell’élite pagana con i nuovi dirigenti cristiani e la comunità ebraica.

In forma romanzata la vicenda di Ipazia è stata narrata nel film Agora realizzato da Alejandro Amenàbar nel 2009 e interpretato da Ravel Weis durante le persecuzioni anti-pagane stabilite dall’Imperatore Teodosio.

La potenza dell’immagine visiva è stata evidenziata nel finale, quando la folla urlante di fanatici insegue Ipazia e la denuda per ferirla a morte. Essa ha riassunto in modo terribile il fanatismo religioso maschile e la sadica volontà di annullare nella donna ogni capacità decisionale.

 

 

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