Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Kiriat-Arba e la tomba dei Patriarchi

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Abramo, patriarca sia degli Ebrei che degli Arabi, figlio di Tera, nacque circa quattromila anni fa in Ur dei Caldei, località sita in Mesopotamia, sul lato destro dell’Eufrate, poco prima che il fiume si congiunga con il Tigri per sboccare in unico corso nel Golfo Persico.

Dopo la chiamata del Signore - «Vattene dal tuo paese e dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò» (Gen. 12:3)1 - partì da Charan, in Mesopotamia, insieme alla moglie Sara e al nipote Lot, figlio di suo fratello, e vennero ad abitare alle querce di Mamre, l’Amoreo, site in Kiriat-Arba “che è Hebron”, nel Paese di Canaan dove, conosciuto come Abramo l’ebreo, rimase tutta la vita come «straniero e avventizio», abitando in tende e conducendo una vita da pastore.

Arba, padre di Anak, era stato il più grande tra gli Anakim, gente molto vigorosa e di alta statura.

Sara, che era stata in gioventù una donna avvenente e di bell’aspetto, morì all’età di centoventisette anni, lasciando ad Abramo un unico figlio: Isacco, che aveva partorito in età avanzata.

I figli di Heth (Ittei) proprietari dei luoghi, offrirono gratuitamente ad Abramo un luogo di sepoltura a sua scelta ma egli chiese di acquistare da Efron lo Hitteo, figlio di Zohar, un campo alberato sito a Macpela, dirimpetto a Mamre, ai margini del quale si trovava una spelonca, nella contrada di Hebron o Kiriat-Arba, abitata dai figli di Heth, in terra di Canaan.

 

Geograficamente, Hebron giace in una vallata, in linea d’aria a circa 30 Km a sud di Gerusalemme e alla quota media di 880 metri rispetto al livello del mare.

In tutto il tempo del suo soggiorno in Canaan, quello fu l’unico appezzamento di proprietà di Abramo e poi di Isacco e quindi di Giacobbe.

Paolo Apostolo nella lettera agli Ebrei ci fa sapere che «Per fede Abramo, quando fu chiamato, ubbidì per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettavano la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio» (Eb. 11:8-10).

Abramo morì molti anni dopo della moglie «in prospera vecchiezza, attempato e sazio di giorni», e i suoi figli, Isacco e Ismaele, quest’ultimo avuto da Agar, la serva egiziana, lo seppellirono accanto a Sara, nella spelonca di Macpela.

Isacco e Ismaele, due uomini, due popoli, secondo la promessa di Dio ad Abramo e poi ad Agar.

Ad Abramo: «tu diverrai padre di una moltitudine di nazioni; e non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abrahamo, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni. E ti farò moltiplicare grandissimamente, e ti farò divenir nazioni, e da te usciranno dei re. E fermerò il mio patto fra me e te e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto perpetuo, per il quale io sarò l’Iddio tuo e della tua progenie dopo di te. E a te e alla tua progenie dopo di te darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in possesso perpetuo; e sarò loro Dio» (Gen. 17:1-8) ... «Ma anche del figliuolo di questa serva io farò una nazione, perché è tua progenie».(Gen. 21:13)

E ad Agar, scacciata e raminga nel deserto di Beer-Sheba: «Che hai, Agar? Non temere, poiché Iddio ha udito la voce del fanciullo là dov’è. Lèvati, prendi il ragazzo e tienlo per la mano; perché io farò di lui una grande nazione.... E Dio fu con lui; ed egli crebbe, abitò nel deserto, e fu tirator d’arco; dimorò nel deserto di Paran, e sua madre gli prese per moglie una donna del paese d’Egitto». (Gen. 21:17-21).

«E i suoi figliuoli abitarono da Havila fino a Shur, ch’è dirimpetto all’Egitto, andando verso l’Assiria. Egli si stabilì di faccia a tutti i suoi fratelli». (Gen. 25:18)

Anche Isacco e la moglie Rebecca furono seppelliti in quella spelonca e Giacobbe vi seppellì la moglie Lea.

Rachele, invece, fu sepolta sulla via di Efrata, cioè di Bethlehem e Giacobbe eresse un monumento sulla sua tomba.

Giacobbe morì in Egitto e sul letto di morte, dopo aver benedetto ciascuno dei suoi figli, chiese di essere seppellito coi suoi padri.

Quaranta giorni durò la procedura d’imbalsamazione del suo corpo e gli egiziani lo piansero per settanta giorni.

Il corteo funebre, sino al sepolcro in Hebron fu solenne e grandioso.

«Allora Giuseppe salì a seppellire suo padre; e con lui salirono tutti i servitori di Faraone, gli Anziani della sua casa e tutti gli Anziani del paese d’Egitto, e tutta la casa di Giuseppe e i suoi fratelli e la casa di suo padre. Non lasciarono nel paese di Goscen che i loro bambini, i loro greggi e i loro armenti. Con lui salirono pure carri e cavalieri; talché il corteggio era numerosissimo. E come furon giunti all’aia di Atad, ch’è oltre il Giordano, vi fecero grandi e profondi lamenti; e Giuseppe fece a suo padre un lutto di sette giorni. Or quando gli abitanti del paese, i Cananei, videro il lutto dell’aia di Atad, dissero: ‘Questo è un grave lutto per gli Egiziani!’ Perciò fu messo nome Abel-Mitsraim a quell’aia, ch’è oltre il Giordano… Giuseppe, dopo ch’ebbe sepolto suo padre, se ne tornò in Egitto coi suoi fratelli e con tutti quelli ch’erano saliti con lui a seppellire suo padre». (Gen. 50:1-14)

Anche i giorni di Giuseppe si compirono in Egitto.

«E Giuseppe disse ai suoi fratelli: ‘Io sto per morire; ma Dio per certo vi visiterà, e vi farà salire, da questo paese, nel paese che promise con giuramento ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe’. E Giuseppe fece giurare i figliuoli d’Israele, dicendo: ‘Iddio per certo vi visiterà; allora, trasportate di qui le mie ossa’. Poi Giuseppe morì, in età di centodieci anni; e fu imbalsamato, e posto in una bara in Egitto». (Gen. 50:24-26)

E quelle ossa, prima di trovare riposo accanto a quelle dei padri, giacquero quattrocento anni in Egitto, poi vagarono con le tribù d’Israele nel deserto per altri quarant’anni.

In tutti gli anni della servitù egiziana tutto il mondo della progenie di Giacobbe, immutato e immutabile, era in Goscen, a fabbricare mattoni e città, ma il mondo esterno era interamente cambiato e in Canaan dominava una moltitudine di popoli: Amorei, Hittei, Cananei, Ferezei, Hivvei e Gebusei. In particolare, Adoni-Tsedek regnava su Gerusalemme ed Horam in Hebron.

Giunti in Canaan dopo la fuoruscita dall’Egitto e il lungo peregrinare nel deserto, Hebron e i suoi villaggi, alla guida di Giosuè, furono attaccati e presi. 

La città divenne parte del territorio assegnato alle tribù di Giuda e donata come eredità ai figli di Aronne, divenendo una delle quattro città-rifugio dove potevano trovare asilo gli omicidi, in attesa che ne fosse accertata la colpevolezza, ma il territorio circostante fu donato a Caleb che ne cacciò i figli di Anak (Giosuè 14:13-15; 15:13; Giudici 1:20). Ciò avveniva intorno all’anno 1100 a.C.

La città divenne subito importante poiché in essa Davide, circa ne 1040 a.C. fu unto Re di Giuda (II Sam. 2:1-4) e poi di tutto Israele, vi si stabilì con la famiglia, qui nacquero i suoi primi sei figli e di qua regnò per sette anni e sei mesi.

Per il trasferimento della potestà reale da Saul a Davide, giunsero in Habron 340.000 uomini armati, pronti a schierarsi in battaglia, provenienti da tutte le tribù di Israele (I Cron. 12:23-40).

Gerusalemme, nominata anche Gebus, all’epoca era abitata dai Gebusei (I Cron. 11:1-8). Davide prese la fortezza di Sion e vi si stabilì, per questo fu chiamata la “Città di Davide”, la fortificò e ne riparò gli edifici.

Egli regnò da Gerusalemme, su tutto Israele e Giuda, per 33 anni (II Sam 5:1-5). Il suo regno durò quindi 40 anni e sei mesi, poi morì in prospera vecchiezza, sazio di giorni, di ricchezze e di gloria; e Salomone, suo figlio, regnò in luogo suo (I Cron. 29:27)

L’ultima volta che Hebron compare negli scritti biblici è in II Cronache (II Cron. 11:5-10), dove figura tra le città fortificate da Roboamo, che regnava da Gerusalemme (circa 931-913).

Va subito notato che dopo la morte e il seppellimento delle ossa di Giuseppe in Macpela, approssimativamente nel 1350 a.C., nessuna parte della Bibbia fa più menzione di quel luogo di sepoltura.

Ma la cosa appare del tutto ovvia, poiché non esisteva in Israele un culto dei morti come in Egitto e con la sepoltura e i giorni del lutto, tutto finiva lì. Dopo, niente processioni, commemorazioni, kermesse, ma solo il più profondo, infinito rispetto per le spoglie umane, il luogo di sepoltura e il malinconico ricordo dei padri.

In sostanza non esistono nella Torah, nei Profeti e neppure nei Vangeli, preghiere a beneficio dei defunti né messe in suffragio delle loro anime, invenzione tutta clericale, strettamente collegata a quell’altra favola del purgatorio di cui non esiste traccia in tutta la Bibbia.

La credulona pietà umana e l’avidità clericale tutta tesa a riempire i forzieri e al dominio dei popoli, hanno giocato in tutto questo il loro ruolo più determinante.

Sulla città di Hebron e sul luogo della spelonca sono passate nel corso dei secoli successivi guerre, terremoti, conquiste, deportazioni, saccheggi, incendi e desolazione, sino all’avvento di Erode il Grande (73 a.C. – 4 a.C.), un idumeo giudaizzato.

Egli costruì, all’uso pagano delle sepolture, le opere murarie al disopra della grotta di Macpela, in contemporanea ai lavori del secondo Tempio di Gerusalemme.

Giuseppe Flavio narra che la città passò sotto il dominio degli Edomiti, discendenti di Edom che è Esaù, figlio di Isacco e fratello di Giacobbe (Genesi cap. 36), ai quali la strappò Giuda Maccabeo (Antiq. XII, 8,6) e poi sotto il dominio romano, nell’anno 66 (Guerra Giudaica, IV, 9; VII,9) quando fu incendiata dalle armate di Vespasiano.

Gli avvenimenti successivi sono stati notevolmente investigati e abbastanza conosciuti: ascesa e dominio dell’Islam nel VII secolo, Crociate, conquista di Gerusalemme ad opera del Saladino (1187), impero ottomano.

Quando Hebron venne conquistata dal califfo musulmano Umar nel 637, l’edificio venne convertito in moschea.

Per 700 anni fu consentito agli ebrei di recitare le loro orazioni solo sui gradini di una scala esterna, sino al mandato britannico sulla Palestina (1920) ma quando nel 1948 la Giordania occupò militarmente la Cisgiordania, Hebron, la tomba e tutto il territorio furono interdetti agli ebrei, sino alla guerra dei sei giorni (5-10 giugno 1967) dalla quale Israele uscì vittorioso.

Di fatto i musulmani si sono impadroniti non certo delle ossa dei patriarchi, rose dalla polvere, dall’umidità, dalle muffe e inesistenti dopo tanti secoli, ma delle tradizioni ebraiche, che hanno sempre identificato quello come luogo di sepoltura dei Padri.

Abramo è certamente capostipite dei discendenti di Isacco e di Giacobbe come pure dei discendenti di Ismaele (Ismaeliti) e di Esaù, fratello di Giacobbe (Edomiti), ma là inizia e finisce la comunanza genealogica, poiché da Giacobbe (nominato Israele) in poi la discendenza è unicamente quella ebraica.

Ancora oggi i musulmani considerano la moschea c.d. di Ibrahimi come loro, esclusivo luogo sacro, disconoscendo i diritti del popolo ebraico, ma nessuna parte del Corano fa menzione di Hebron o Kiriat-Arba, delle Querce di Mamre, della spelonca (e mai dell’edificio costruitovi sopra), che invece sono citati ripetutamente nella Torah. 

I discendenti di Ismaele e quelli di Esaù sono fratelli dei discendenti di Israele e costituiscono oggi, sostanzialmente il popolo arabo.

Fratelli che invece di solidarizzare nella memoria dei comuni antenati, sono sempre stati in lotta tra loro e, quantomeno sino alle guerre combattute dopo il 1948, i secondi hanno sempre prevalso sui primi.

Quello che dovrebbe destare indignazione nel popolo arabo è che popoli non arabi, coi quali non hanno alcuna comunanza se non molti aspetti religiosi, si ergono pretestuosamente a paladini dei loro diritti e in particolare di quelli palestinesi.

Sono gli ayatollah iraniani, ad un passo dal costruire la bomba atomica, che minano la sicurezza non solo di Israele, che giurano di cancellare dalla carta geografica, ma di tutto il mondo arabo.

In secondo luogo di quel dittatore turco che è Erdogan, sostenitore ad oltranza dei Fratelli Musulmani nel mondo, il quale sfrutta vergognosamente la tensione tra i popoli fratelli, cavalca la causa palestinese e sogna quell’impero ottomano spazzato via dalla Grande Guerra, che non potrà mai più risorgere.

In particolare, l’Iran ha armato Hamas e la Jihad a Gaza ed Hezbollah in Libano, un tempo una delle più belle perle del Mediterraneo, riducendolo al collasso economico e tenendone in ostaggio l’intero popolo, nell’ambito della più ampia manovra di accerchiamento della terra di Israele.

L’ONU, a mio avviso quel carrozzone politico coi suoi tentacoli antisemiti quali l’UNRWA2, l’UNESCO3 e finanche l’UNIFIL4, quando non fa danni è come le tre scimmiette del santuario giapponese di Toshogu a Nikko: Mizaru non vede il male, Kikazaru non sente il male e Iwazaru non parla del male.

Per rimanere nel tema, L’UNESCO ha dichiarato di recente (Luglio 2017) che la tomba dei Patriarchi è un sito unicamente palestinese, alimentando il fuoco della discordia al pari delle scuole UNRWA che fanno sognare agli scolari uno stato palestinese dal fiume (Giordano) al mare, ovviamente cancellando lo Stato di Israele.

Tempo verrà in cui, certamente, i popoli arabi e anche gli ebrei prenderanno coscienza delle loro origini, sante e comuni.

«In quel giorno, vi sarà una strada dall’Egitto in Assiria; gli Assiri andranno in Egitto, e gli Egiziani in Assiria, e gli Egiziani serviranno l’Eterno con gli Assiri. In quel giorno, Israele sarà terzo con l’Egitto e con l’Assiria, e tutti e tre saranno una benedizione in mezzo alla terra. L’Eterno degli eserciti li benedirà, dicendo: ‘Benedetti siano l’Egitto, mio popolo, l’Assiria, opera delle mie mani, e Israele, mia eredità!» (Isaia 19:23-25)

 

 

Note

1.Tutte le citazioni bibliche provengono dalla versione di Giovanni Luzzi, gratuitamente scaricabile on line

2. UNRWA: la cosa peggiore capitata ai palestinesi

3. L’Unesco: la Tomba dei Patriarchi di Hebron è un sito palestinese

4. Libano-Israele: ennesima presa in giro di UNIFIL verso Gerusalemme

 

 

 

 

 

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