Giuseppe Moscati, la dignità di un Santo
Quella tosse, così strana, profonda, lo preoccupava perché la tubercolosi l'aveva già avuta e sudava, mentre con passi sempre più lenti aveva percorso Spaccanapoli, segnandosi distrattamente nel passare davanti al poderoso basamento di Santa Chiara e l'elegante bugnato del Gesù Nuovo. Poi aveva girato per via Cisterna dell'olio, così chiamata per le enormi cavità ove secoli addietro di conservava l'olio, ed aveva raggiunto il portone al numero 10. Giuseppe Moscati lo aveva atteso seduto nel suo studiolo, ricevendolo poi con un franco sorriso. Era passata solo un'ora e già con passo svelto percorreva la strada del ritorno col volto rasserenato una buona notizia. Girava e rigirava tra le mani quella ricetta fermandosi ogni tanto a rileggere quelle parti che gli apparivano più chiare e confortanti. «Non c'è tubercolosi attuale egli può quindi rimanere tranquillo». Ciò significava che poteva mangiare ciò che voleva e non preoccuparsi più di tanto. Che differenza tra l'andata e il ritorno! Era come se fosse tornato alla vita.
Ma «niente vizi» Aveva ordinato categoricamente il dottore, e allora «niente sigarette!» pensava convinto. Poi si fermò davanti al Gesù Nuovo e un ricordo particolare si face strada nella sua testa confusa ma felice. Nello studio del dottore, sopra una sedia c'era un cappello e sotto c'era un cartello con scritto: «chi ha metta chi non ha prenda». «Che vorrà dire? Mah… comunque è bravo il professore, veramente una brava persona anzi è proprio un santo!» Suona proprio bene «San Giuseppe Moscati». Sorridendo entrò nella sfarzosa chiesa del Gesù Nuovo e davanti a quel grande crocifisso pregò ma senza lacrime, anzi... Non è roba da poco essere degni di Santità. Giuseppe Moscati non fu un re, non fu un martire, non fu un servitore della Chiesa. Fu semplicemente un medico che, senza risparmiarsi, dedicò tutto se stesso all’umanità più bisognosa.
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