Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La lezione di Diego

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Improvvisamente è accaduto l'impossibile. È morto un Dio. Abbiamo avuto uno sbandamento ripensando a quelle magie meravigliose che la morte di Maradona per un momento ha finto di strapparci e ci ha fatto sembrare caduche, ma che sono invece, ovviamente, eterne, immortali.

Ognuno custodirà la sua preferita, ma intanto la città si è risvegliata disorientata per aver perso un punto di riferimento non solo sportivo ma anche storico ed emotivo.

Che cosa sono se non Storia, Antropologia, Religione quelle gesta del campione prima, il suo culto poi: che unisce, entusiasma, cioè manda in estasi, inebria e fa impazzire della sua stessa sostanza divina chi guarda, chi partecipa al suo manifestarsi, e che si tramanda di padre in figlio?

C'è stato chi ha pianto privatamente il proprio dolore, chi è andato a portare un fiore o una maglia allo stadio, che a breve sarà intitolato a Maradona, chi ha affidato ai social le ultime parole di omaggio al campione, chi ha sperato fosse solo una finta, un dribbling.

Ma c'è anche chi ha colto l'occasione per un ultimo sberleffo, un ultimo affronto. Non c’è da stupirsi: perché il talento e, in generale, lo sport sono spietati nel mettere a nudo i limiti di chi perde, di chi quel talento lo può ammirare solo da lontano, di chi ne è sopraffatto e non ha gli strumenti culturali per accettarlo.

Si chiamano Invidia, Frustrazione e Livore i demoni degli sconfitti antisportivi. Ma, anche in questo caso, come ogni offesa a una divinità le ingiurie macchiano chi le pronuncia più che chi le riceve, ben al di sopra di ogni viltà.

 

Qual è stato il merito non solo sportivo, la capacità metafisica, il miracolo di Diego fuori dal campo? Ci ha insegnato a ricordare sempre che essere napoletani è un privilegio. Questo è riuscito bene, nella storia di Napoli, solo agli artisti, anche civiltà antiche o comunque passate, e a qualche brillante donna o uomo di cultura.

Meno alla politica e a chi ha amministrato questa città. Eppure questa consapevolezza, che essere napoletani è un privilegio, è il primo, fondamentale passo per capire che allora c'è qualcosa da tutelare, un patrimonio cittadino paesaggistico monumentale e culturale immenso che va protetto e curato, un patrimonio intellettuale di giovani che va promosso dall'amministrazione politica come dai comportamenti individuali.

È una bella lezione, quella di Diego, che però, com’è tipico di ogni Capitano, ci chiama anche a dare qualcosa in più a questa città; una lezione che tocca a noi tenere a mente e rinnovare con esempi concreti e con idee geniali, come concrete e geniali erano le sue giocate, per fare un salto di qualità. Diego di avversari e ostacoli ne ha saltati parecchi, per questa città.

E ognuno porterà con sé la giocata più bella, ben oltre il campo di calcio.

 

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