P.le Tecchio, perchè non cambiare il toponimo
La Società Napoletana di Storia Patria ha affrontato in diverse occasioni nella Commissione per la toponomastica, tramite i suoi rappresentanti per il settore, la dott.ssa Carolina Belli e il prof. Leonardo di Mauro, il problema del cambiamento del toponimo di Piazzale Vincenzo Tecchio con quello di Giorgio Ascarelli. Se ne è quindi discusso spesso, senza mai giungere ad un voto, formulando varie ipotesi di frammentazione dello spazio con diverse titolazioni e rinviando la decisione a data successiva. Ora sulla stampa cittadina si dà notizia dell’opposizione al cambiamento da parte della Società stessa e di un gruppo di cittadini, in una fase in cui il discorso politico e storico si focalizza sulla distruzione frequente di simboli, su un uso discutibile della memoria, monopolizzata da gruppi che si muovono spesso su base emotiva. Le regole della toponomastica sono disciplinate dalle leggi e da un regolamento e su di esse la Società è tornata nel febbraio di quest’anno con un convegno e con un documento che ribadisce alcuni principi fondamentali: sottrarsi a logiche di parte, mettere in prima linea gli interessi della comunità, tenere presente la stratificazione della memoria garantita dal trascorrere del tempo, sconsigliando il cambio dei toponimi, in quanto dopo un lasso di tempo ogni scelta si va radicando e si articola la motivazione storica.
E’ significativa soprattutto in questo caso l’opposizione al cambiamento di coloro che in piazzale Tecchio hanno la propria residenza, le proprie attività, il proprio quotidiano, in quanto spesso in casi simili sono stati denunziati disagi di tipo amministrativo e fiscale. La Società quindi non si è espressa contro l’intitolazione di uno spazio pubblico a Giorgio Ascarelli, autorevole e prestigioso membro della comunità ebraica napoletana, personaggio meritevole del ricordo dei napoletani, per il quale si possono individuare altri spazi, ma contro la pratica, frequente negli ultimi anni, del cambio dei toponimi. In ogni caso, come è spesso accaduto, la Commissione, formata da dieci membri, poteva, dato il suo carattere solo consultivo, approvare a maggioranza tale proposta di cambiamento, rimandando la decisione finale al Prefetto. Perché non si è agito in tal senso e si è presentata la notizia in maniera manichea, dando un significato politico e strumentale ad una linea istituzionale che riflette un modo di intendere la toponomastica come scienza e non come strumento di ricerca del consenso?
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