Riflessioni: Uomo, Natura e Società
In questi giorni particolari mi sono posto delle domande: Come mai l’uomo è arrivato a tutto questo? E quale è il rapporto con la società contemporanea? L’orgogliosa scienza è in allarme dopo avere, in quest’ultimo secolo, poderosamente sviluppato la tecnologia per favorire la sopravvivenza ed il benessere della razza umana sul pianeta, considera ora con angoscia i probabili, immanenti ed apocalittici traguardi del pur meraviglioso progresso. Lo stupefacente miracolo industriale e consumistico realizzato dagli apprendesti stregoni ha fatto si che tutto questo si potesse trasformare in una tragedia totale. Abbiamo creato forse un futuro che non conosciamo dove una catastrofe sta minacciando l’uomo, che pure avendo superato l’usura di milioni di anni? Sul bel pianeta che speravamo di trasformare in un incantato si addensano procellose nubi e i socio-ecologici annunciano esterrefatti che siamo giunti, purtroppo, ad una svolta delle possibilità umane di abitare sulla Terra. La situazione è paradossale: l’uomo deve sopravvivere al suo stesso potere, alla civiltà che ha perseguito e scatenato. La scienza si è rivelata un cavallo di Troia: assistiamo, delusi e smarriti, al suo tradimento. La tecnologia, applaudita come elisir per una vita senza dolore è invece un veleno che circola e nel contempo forse ci uccide.
Coloro che avevano sollecitato lo spreco come fattore costruttivo per lo sviluppo economico, ci preparano un avvenire forse di miseria, dove il panorama terrestre si prospetta affollato da uomini affamati e perseguitati da epidemie, intrappolati e sistemati senza scampo nelle nostre città che con il tempo sono divenute megalopoli-lagers. Solo da qualche anno l’uomo forse si era accorto che la sua sfrenata corsa verso la felicità e la comodità verso il paradiso, turbando inevitabilmente l’equilibrio della natura, non era che un precipitare verso l’auto sterminio. Attente cassandre annunciano che l’ambiente è ferito, che la biosfera è in pericolo mortale, che sui continenti deforestati i fiumi impazziscono e muoiono, che le pianure diventano silenziose e i deserti avanzano: già romba sull’umanità che follemente si moltiplica. Voci coraggiose e responsabili si sono polemicamente alzate per avvertire, per scongiurare ed accusare: chiedendo alla scienza, che ha peccato per mancanza di integrità morale, di porre rimedio, di approntare un salvagente e di prevenire il naufragio. L’ elenco dei criminosi attentati alla sopravvivenza della specie e del suo ambiente è un rosario di orrori senza fine. Le acque sono state in gran parte uccise dai detergenti non biodegradabili, l’aria è inquinata dalle centrali di energia atomica e dai gas di scarico industriale, l’atmosfera è avvelenata dal diossido di carbonio della benzina, dagli scarichi delle macchine con evidenti ma sconosciuti effetti sul clima. La cintura di radiazioni della Terra viene progressivamente distrutta dalle bombe H di altitudine, l’indiscriminata esplosione demografica provoca carestie e facilita epidemie, le aumentate richieste alimentari esauriscono nei mari i branchi di pesci e considerano all’estinzione molte specie di animali, piogge atomiche intossicano litorali finora incontaminati, le comuni fonti di energia volgono all’esaurimento per l’eccessiva domanda. I ‘grandi sistemi’ ai quali l’uomo ha affidato la propria organizzazione rischiano di entrare in crisi paralizzando intere comunità e provocando catastrofi, abuso dei pesticidi eliminando indiscriminatamente gli insetti e di recente da studi fatti e di articoli scientifici e da quando abbiamo visto per i telegiornali l’ape ha difficoltà nel produrre miele c’è uno sconquasso dell’ecosistema. Con l’abuso degli antibiotici ha provocato l’allarmante apparizione di batteri resistenti ad ogni farmaco, l’uomo perseguitato nella sua vita privata dall’invasione dei mezzi di ascolto elettronici è divenuto una creatura sempre più fragile ed alla mercè delle malattie mentali. Alla cattiva scienza o all’erronea interpretazione di ‘progresso’che ha un significato diverso da sviluppo il progresso in una civiltà è conquistare diritti sociali e politici mentre lo sviluppo parla dell’evoluzione dell’uomo. Non c’è bisogno di continuare per comprendere come il prezzo della sfida tecnologica sia spaventoso: il millantato ‘nuovo secolo’, il progetto a lungo termine per trasferire il pianeta in un Eden di benessere, sia diventato un progetto a breve termine di universale distruzione. La polemica su questa imprevista ‘Apocalisse’ ha generato in parte un corto circuito generale che ci vede tutti coinvolti, nessuno questa volta può sentirsi immune. In realtà l’uomo è entrato in una nuova era storica caratterizzata dal fatto che egli è intervenuto con la sua intelligenza nei processi della stessa evoluzione: c’è da augurarsi che sappia usare questa sapienza per evitare in tempo la propria distruzione e che non sia soprafatto dalla sterilità del cuore e dalla indifferenza morale. E’ vero anche, proprio considerando la clamorosa udienza data ai profetici scritti degli ecologi, che tutti siamo sinceramente preoccupati per l’avvenire del destino terrestre: ciò deriva dalla profonda consapevolezza che il pianeta che abitiamo è una zattera preziosa ed insostituibile. Da tale consapevolezza deriva una seconda convinzione che su questa zattera gli uomini al di là delle fittizie divisioni di razza, di lingua e di cultura, sono uniti tra loro da un irrevocabile legame: la condizione di comune umanità. Ma un’altra verità deve germogliare nelle nostre coscienze: le leggi che regolano la vita non sono sempre semplici quali potrebbero essere i postulati fisici, ma hanno radici più antiche quelle spirituali. La scienza non potrà più limitarsi a ridurre l’uomo e la natura ad una summa di dati statistici disponibili a qualsiasi intervento, ma dovrà preoccuparsi di rinsaldare la volontà dell’uomo e di far rinascere la fede nella sacralità della persona umana. Il mio grande augurio da umanista è che alla fine ce la faremo.
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