La monumentale opera di Nino Cortese
Tra i tanti grandi storici risorgimentali italiani si colloca piu che degnamente il prof. Nino Cortese (Perugia, 1896 - Napoli, 1972). Egli dedicó tutta la sua vita di studioso al Risorgimento Italiano dal primo del suoi 296 scritti del 1911 su Vittorio Emanuele II all’ultimo del 1972 dedicato al 1848.1 È stato nella trincea degli studi e della difesa dei valori e delle idealità risorgimentali dalla prima giovinezza fino agli ultimi istanti del suo vivere. Frequentó il Liceo a Firenze, facendosi notare già allora per la vivacità dell’intelligenza e il nascente interesse risorgimentale. Si laureó a Napoli con il prof.Michelangelo Schipa, fu professore di Liceo a Castellammare di Stabia, alla Nunziatella e poi inizió la sua carriera universitaria di storico del Risorgimento a Messina, a Palermo, a Pavia, infine a Napoli per un trentennio dal 1941 al 1971, fino alla vigilia della morte. È stato fino alla fine vice-presidente dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano al Vittoriano. Ha lasciato la sua preziosa biblioteca alla Provincia di Caserta, ora custodita e riordinata con criteri scientifici presso la Società di Storia Patria di Terra di Lavoro dall’amico segretario dott. Giuseppe de Nitto, già direttore tra gli altri incarichi della Biblioteca Universitaria di Napoli. Diverse scuole sono state a lui intestate. Sono stato studente universitario di Nino Cortese, al quale devo i primi semi e la prima dedizione agli studi risorgimentali. Nei suoi confronti i dilettanti di storia, senza una minima bibliografia riconosciuta dalla comunità scientifica nazionale e internazionale, che vanno cianciando di aver scritto e di voler comunicare una storia mai detta da nessuno e falsificata da tutti prima di loro (i cosiddetti “revisionisti”, che non hanno nulla in comune con la doverosa “critica storica”) sono grotteschi, ridicoli, gentucola da commiserare, perchè, da incolti sostanziali quali sono, non hanno nemmeno la consapevolezza e l’umiltà di esserlo. L’umiltà e la consapevolezza dei propri limiti sono la base, la precondizione per avere un vero, anche minimo, sapere.
Nota
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