Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Dilthey e lo studio del mondo umano

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Wilhelm Dilthey Nelle indagini che Wilhelm Dilthey ha condotto nel corso della propria carriera di filosofo si può riscontrare il delinearsi di un programma al quale è rimasto sempre fedele. Questo programma è costituito proprio dal proposito di pervenire all’elaborazione dei principi fondamentali di una “critica della ragione storica”, presentata da un lato come ampliamento, e dall’altro come correzione dei presupposti della critica kantiana.

L’esigenza di “comprendere l’uomo come un essere essenzialmente storico”, la cui esistenza si realizza soltanto nella comunità, ha trovato la propria realizzazione nello sforzo di indagine critica sull’edificio delle scienze dello spirito, a cui si è accompagnato il tentativo di interpretare la connessione di tali discipline con la fondamentale storicità dell’esistenza umana.

Per un altro verso, però, la critica della ragione storica si è configurata, già negli scritti giovanili di Dilthey, come un tipo di indagine critica diversa da quella kantiana, e fondata sulla coscienza della storicità dell’uomo nel suo stesso processo conoscitivo.

 

Il soggetto della conoscenza, su cui Kant ha portato la propria attenzione, è un soggetto universale a cui la dimensione storica è estranea. La critica della ragione storica deve invece tener conto di questa dimensione, riportando l’opera delle scienze dello spirito alla fondamentale storicità dell’esistenza umana in cui esse hanno la propria radice.

Dalla connessione di queste due linee di ricerca deriva l’impostazione della critica della ragione storica - che costituirà sempre il centro di riferimento delle più diverse indagini diltheyane.

Dilthey muove da un riconoscimento, anzi dalla constatazione, dell’esistenza di un complesso di discipline rivolte allo studio del mondo umano come mondo storico-sociale, e di esse egli si propone di determinare le condizioni di validità. La critica kantiana gli offre appunto gli strumenti per condurre una duplice, ma complementare, polemica: da un lato la polemica contro l’atteggiamento metafisico, che pretende di subordinare l’opera delle scienze dello spirito a principi universali, inquadrandola entro un sistema.

Dall’altro la polemica contro l’atteggiamento naturalistico del positivismo, che pretende di riportare le scienze dello spirito all’impianto metodologico delle scienze della natura. L’uno e l’altro rappresentano la base di una negazione dell’autonomia delle scienze dello spirito, che egli intende invece garantire nel corso della propria analisi critica.

In vista di questo scopo, se da un lato afferma il carattere positivo della ricerca svolta dalle scienze dello spirito, proponendosi di contribuire all’eliminazione di concetti di origine metafisica che ancora siano presenti all’interno di essa, dall’altro Dilthey si trova di fronte all’esigenza di giustificare la distinzione tra scienze dello spirito e scienze della natura - cioè tra un complesso di discipline rivolte allo studio del mondo umano come mondo storico-sociale, e un altro complesso di discipline rivolte allo studio della natura “esterna” all’uomo.

Questa distinzione si configura in primo luogo come distinzione a base oggettiva, fondata cioè sulla diversità dell’oggetto cui i due gruppi di discipline si riferiscono.

Tuttavia implica anche una distinzione metodologica e gnoseologica, in quanto diversa è la forma di esperienza che entra in gioco nei due casi, poiché il mondo umano viene appreso mediante l’esperienza interna, nella stessa autocoscienza dell’uomo, e il mondo naturale viene appreso invece mediante l’esperienza esterna.

La distinzione tra scienze dello spirito e scienze della natura non si limita però a una distinzione di oggetto o di forma di esperienza, e va quindi oltre un piano meramente oggettivo e oltre un piano meramente metodologico e gnoseologico, rinviando a una fondamentale diversità di atteggiamento, e quindi a una diversità di rapporto che l’uomo come soggetto di ricerca ha con il mondo umano e con il mondo naturale.

La natura è una realtà esterna all’uomo, una realtà che gli esseri umani possono cogliere e conoscere mediante l’osservazione sensibile, mentre il mondo storico-sociale è il mondo di cui fa parte l’uomo stesso che vuole conoscerlo, e può quindi venir penetrato dall’interno.

Il rapporto dell’uomo con il suo oggetto, nelle scienze dello spirito, è perciò un rapporto immediato, poiché tale oggetto è colto mediante l’esperienza interna nella vita interiore dell’individuo: le scienze dello spirito hanno quindi a proprio fondamento l’Erlebnis (“esperienza vissuta”), qualificata dalla sua immediatezza pre-concettuale, la coscienza che l’uomo ha del suo vivere nel tempo in una sostanziale identità di soggetto e oggetto.

Da questo punto di vista Dilthey perviene all’analisi della struttura del mondo umano che costituisce l’oggetto di queste discipline. Egli riconosce così nell’individuo il soggetto attivo del mondo umano come mondo storico-sociale, considerando la società come un insieme di rapporti inter-umani che condizionano l’esistenza dell’individuo, e che solidificandosi assumono una durata superiore alla vita individuale, dando luogo ai sistemi di cultura e all’organizzazione esterna della società.

Così il mondo umano viene definito nel suo carattere sociale, in quanto è costituito da un insieme di rapporti in cui entrano tra loro gli individui; ma viene pure definito ulteriormente nel suo carattere storico. Il mondo umano e i rapporti inter-umani non hanno un’esistenza al di fuori del tempo, ma sorgono e si sviluppano proprio nel tempo, costituendo così la storia.

La “storicità” è un aspetto costitutivo del mondo umano, ed è anzi un suo aspetto esclusivo, dal momento che la storia “è” il mondo umano, e non c’è storia al di fuori di esso. La vita dell’uomo non è soltanto vita individuale e sociale nel medesimo tempo, ma è pure, fondamentalmente, vita storica, in quanto si svolge sempre nel tempo e trova in esso la propria possibilità di comprensione: il mondo umano viene qualificato come mondo storico-sociale, e le scienze dello spirito si configurano come un insieme di discipline che hanno per oggetto appunto tale mondo.

Il problema della fondazione delle scienze dello spirito si manifesta pertanto come problema della validità della conoscenza del mondo umano, e da ciò deriva l’esigenza di un’analisi della sua struttura. Dilthey definisce l’individuo come “una totalità aperta” che in sé comprende rappresentazione, sentimento e volontà in un nesso inscindibile.

Egli rimprovera al neocriticismo di derivazione kantiana di impostare la propria teoria della conoscenza su una concezione dell’uomo come mero essere pensante, senza considerare la ricerca scientifica nel suo sorgere dalla vita e dall’esperienza. Su tale strada Dilthey procede all’analisi della struttura dell’individuo, determinandola appunto nella correlazione tra l’ “io”, come centro di riferimento unitario della estrema molteplicità degli stati interiori, e il “mondo oggettivo” a cui tali stati sono sempre legati in qualche maniera. La definizione della vita psichica come connessione strutturale e come connessione finale, che comprende insieme rappresentazione, sentimento e volontà, rappresenta l’esito di questa analisi dell’individuo.

La fondazione delle scienze dello spirito si presenta dunque sotto la forma di uno studio della costruzione del mondo storico, cioè di un’analisi dei presupposti, degli strumenti e dei risultati delle scienze dello spirito nel loro concreto procedere: in tal modo il problema della distinzione tra scienze dello spirito e scienze della natura ritorna configurandosi come problema della delimitazione dell’ambito di quelle discipline rivolte alla penetrazione del mondo umano.

Sempre – sostiene - esse si riferiscono allo stesso fatto, cioè all’umanità o alla realtà storico-sociale dell’uomo. E così sorge anzitutto la possibilità di determinare questo gruppo di scienze mediante la loro comune relazione allo stesso fatto, all’umanità, e di delimitarle dalle scienze della natura.

Se le scienze dello spirito rappresentano uno sforzo di conoscenza del mondo umano da parte dell’uomo, la struttura del mondo umano risulta condizionante rispetto a tale sforzo di conoscenza: la fondazione delle scienze dello spirito conduce così all’analisi di tale struttura.

Il mondo umano è l’espressione dell’attività degli uomini che instaurano tra loro rapporti e che producono in tal modo delle opere, partendo dal proprio Erleben ed estrinsecandolo in varia maniera: il mondo umano è quindi non soltanto Erleben, cioè interiorità soggettiva, ma è anche e soprattutto spirito oggettivo, cioè un insieme di manifestazioni dell’attività umana.

L’interiorità soggettiva e lo spirito oggettivo costituiscono così i due poli strutturali del mondo umano.

L’Erleben, l’immediatezza dell’esperienza vissuta di ogni individuo, è la radice dalla quale procedono tutte le manifestazioni del mondo umano; ed è quindi anche il fondamento della loro possibile comprensione da parte delle scienze dello spirito.

Ma nel trapasso dall’Erleben a tali manifestazioni interviene un processo di “oggettivazione”: l’uomo costruisce dei sistemi di cultura, dà origine a forme di organizzazione sociale, e sia questi sistemi sia queste forme di organizzazione sociale si configurano in maniera diversa nelle varie epoche storiche. Il processo di oggettivazione dell’Erleben designa pertanto l’acquisizione, da parte del mondo umano, di una fondamentale dimensione di storicità. E questa dimensione non è attributo della vita sociale - sistemi di cultura o forme di organizzazione politico-economica - ma è inerente già all’individuo come tale. E ciò in quanto l’individuo, nell’espressione del suo Erleben, risulta legato a una certa situazione che lo condiziona. Quindi lo spirito oggettivo diventa il campo di ricerca entro il quale si muovono le indagini delle scienze dello spirito.

Grazie al rifiuto dell’atteggiamento metafisico, egli respinge ogni tentativo di interpretazione della storicità mediante il ricorso a qualsiasi principio incondizionato, tanto in senso trascendente quanto in senso immanentistico. Il mondo umano non possiede il proprio significato al di sopra di sé, in valori o in scopi eternamente validi che esso deve realizzare nel suo corso, ma non è nemmeno la manifestazione di una forza infinita che ne diriga dall’interno il movimento, prescrivendogli la sua direzione.

Il mondo umano è opera dell’uomo, cioè degli individui nella loro relazione reciproca, e non possiede alcuna unità al di sopra di questa relazione reciproca. Tra il mondo umano e la storia vi è quindi una piena identità, in quanto la storicità appartiene esclusivamente al mondo umano, e il corso storico è opera appunto dell’attività umana. Resta comunque il fatto – davvero decisivo – dell’impossibilità di trascendere il mondo umano assoggettandolo a categorie di tipo assoluto. E’ utile rammentarlo quando oggi, per esempio, si parla di “fake news”.

 

 

 

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