Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La Camera del Lavoro di Gragnano (1907 –1922)

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Sull’onda della costituzione della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, sorta il 13 ottobre 1907, era nata la Lega degli operai della Compagnia Napoletana per l’illuminazione del gas di Castellammare e Gragnano.1

Entusiasti per i miglioramenti conquistati dai gasisti di Napoli, la Lega chiese a Catello Langella, Segretario della neonata Camera del Lavoro stabiese di redigere un memoriale per rivendicare gli stessi aumenti. La Compagnia, una volta ricevute le richieste, si disse disponibile a concederle seppure parzialmente, provocando la reazione di quanti non vollero sentir parlare di accordi dimezzati, nonostante la maggioranza dei 37 dipendenti fosse disponibile ad accettare l’offerta aziendale.

L’assemblea convocata per decidere il da farsi si rivelò tumultuosa, stando ai resoconti dell’epoca, e alla fine vinse la linea dei duri, rifiutando l’offerta al ribasso e proclamando lo sciopero per il 30 novembre.

Intanto il sottoprefetto, Vittorio Peri, un esperto funzionario governativo, a Castellammare dalla primavera del 1906, aveva già attivato il dipartimento marittimo per farsi inviare fuochisti e macchinisti in grado di sostituire gli scioperanti, vanificando lo sciopero della Lega.

 

Avuto sentore di ciò una commissione di operai già restii a scioperare, si rivolse al sottoprefetto affinché intervenisse mediando tra le parti in causa. L’abile funzionario avrebbe potuto chiudere la vertenza quella sera stessa, ma allo scopo di indebolire il prestigio della nascente Camera del Lavoro lasciò gli operai nell’incertezza ancora per qualche giorno prima di proporre la soluzione finale, molto vicina agli aumenti ricevuti dai gasisti napoletani.2

Avevano da poco avuto gli aumenti, quando a Napoli i 300 gasisti iscritti alla lega su 490 dipendenti, si riunirono presso la Camera del Lavoro guidata da Eugenio Guarino (1875 – 1938).

Dall’assemblea emerse la volontà di chiedere nuovi miglioramenti economici e pronti ad incrociare le braccia al primo rifiuto padronale. Contro lo sciopero iniziato il 18 gennaio 1908, la prefettura tentò di bloccare i gasisti con la stessa manovra utilizzata dal sottoprefetto stabiese, sostituendo gli scioperanti con i militari del Dipartimento marittimo, ma fallì contro l’ondata di scioperi proclamati da altre categorie di lavoratori accorsi in solidarietà dei loro compagni in difficoltà, obbligando la Compagnia del gas a piegarsi alle richieste dei suoi dipendenti. Il 31 gennaio si riprese tranquillamente il lavoro.

Intanto i gasisti di Castellammare e Gragnano, quattro giorni dopo la proclamazione dello sciopero da parte dei compagni napoletani, entrarono a loro volta in agitazione reclamando gli stessi miglioramenti economici e il 22 gennaio dopo una breve assemblea con Catello Langella presero il treno per recarsi nella città partenopea, accolti con entusiasmo e applausi dagli altri scioperanti.

Vi ritornarono il giorno dopo, nonostante fossero stati sostituiti nel loro lavoro dai fuochisti del Regio Cantiere. Contro il protrarsi dello sciopero l’azienda minacciò il licenziamento in caso non avessero ripreso immediatamente servizio, ma i 37 operai riuniti in assemblea, galvanizzati dal successo precedente e nella certezza di una nuova, positiva mediazione del sottoprefetto, decisero di continuare ad oltranza l’astensione dal lavoro.

A scompaginare i piani dei lavoratori in lotta fu una nuova mossa risolutiva della direzione: l’assunzione di alcuni avventizi, concordata con il sottoprefetto, in sostituzione degli scioperanti fu la carta capace di far immediatamente capitolare gli scioperanti, costringendo perfino i più riottosi a riprendere precipitosamente servizio il 27 gennaio. Una volta dimostrata la fragilità della Lega e la stessa debolezza della Camera del Lavoro, alla direzione aziendale la resa senza condizioni dei dipendenti non bastò e tutti e 37 si ritrovarono con la lettera di licenziamento. Furono richiamati in servizio il giorno dopo, con nuove assunzioni individuali, in qualità di nuovo personale. 3

Sconfitta la Lega dei gasisti, cancellata dal panorama locale, tornò alla ribalta la Lega dei pastai e mugnai, ricostituitosi nel settembre del 1908. Non mancava agli operai di Gragnano la volontà, di organizzarsi, ma erano privi di leader capaci di guidarli, di uomini con esperienza sufficiente in campo sindacale e per questo chiesero aiuto alla Federazione Campano Sannita, a sua volta un organismo in via di formazione, nato con l’intento di unire le scarne forze socialiste della regione, affinché provvedesse ad inviare ogni settimana un dirigente in grado di tenere conferenze ai lavoratori.

Nel febbraio successivo la lega si presentò al Convegno di Sarno, tenuto nei locali della Camera del Lavoro, di cui era Segretario Felice Guadagno, dove si costituì la Federazione Interregionale Campano Sannita.4

Qui probabilmente i delegati della Lega di Gragnano, a contatto con leader di grande spessore e di riconosciuto carisma del movimento operaio campano e meridionale, gettarono le basi per creare una struttura più complessa qual era indubbiamente una Camera del Lavoro.

Dal 1° marzo 1908 era arrivato a Torre Annunziata, assumendo la guida del suo movimento operaio, Gino Alfani (1866 – 1942), dal 1885 un protagonista indiscusso del primo socialismo napoletano e campano. Sicuramente la sua carismatica presenza fu determinante nel processo di accelerazione verso la costituzione del nuovo organismo sindacale. 

Ancora pochi mesi e finalmente, il 13 giugno 1909, una domenica di sole, il grande sogno divenne realtà con l’inaugurazione della Camera del Lavoro, il cui nerbo era costituito dai pastai e mugnai, fornendo subito bella prova di sé impegnandosi in una serie di scioperi memorabili.5

La struttura camerale era costituita da quattro leghe con 480 iscritti, una commissione esecutiva composta da nove operai e una di controllo con altri due. Organo ufficiale era il settimanale, L’Emancipazione, periodico della Camera del Lavoro di Torre Annunziata che darà ampio spazio alle iniziative di lotta dei mugnai e pastai gragnanesi.

Il suo primo Segretario Generale fu Luigi Perillo, un 27enne socialista nato a Napoli nel 1882, ma la cui famiglia era originaria di Ottaviano, dove presto torno a dimorare.  Militante della Camera del Lavoro di Torre Annunziata, si mise ben presto in mostra, così quando a Gragnano si concretizzò la costituzione della nuova organizzazione sindacale e fu chiesto aiuto a Gino Alfani affinché mettesse a disposizione qualcuno per dirigerla, questi propose il giovane di Ottaviano.

E’ anche probabile che Perillo fosse già conosciuto dai vari capilega di Gragnano per avere partecipato alle diverse riunioni, assemblee e convegni tenutosi nel circondario in quegli ultimi anni, apprezzato il suo modo di porsi e per questo richiesto degli stessi dirigenti locali allorché si erano decisi al grande passo di fondare un’organizzazione più complessa, in grado di coordinare e dirigere le lotte delle diverse categorie.

La nascente Camera del lavoro si misurò da subito con la controparte, sostenendo l’ennesimo sciopero proclamato dai pastai dello stabilimento di Alfonso Di Nola, venendo loro in aiuto deliberando il 23 giugno la cessione di una giornata di paga da parte d’ogni operaio a sostegno dei compagni in lotta. Contemporaneamente indisse un’assemblea generale con tutti gli iscritti, approvando la richiesta per tutti i lavoratori del settore di un aumento di 15 centesimi per ogni quintale di pasta prodotta.

Quattro giorni dopo il memoriale era presentato al sindaco, Matteo Scala, affinché se ne facesse interprete nei confronti degli altri imprenditori cittadini, ma la risposta non venne e la proclamazione dello sciopero da parte dei lavoratori dell’arte bianca divenne inevitabile. Così, mentre gli operai del pastificio Di Nola chiudevano il loro accordo raggiungendo ben 1,05 lire per ogni quintale di pasta lavorata, i compagni delle altre fabbriche iniziavano il 5 luglio il primo sciopero generale della categoria, dimostratosi subito compatto.

La sorpresa per un’iniziativa senza precedenti dovette essere paralizzante per quegli imprenditori. Gragnano era considerata da tutti una vera e propria rocca clericale, dove il socialismo non aveva mai attecchito e quei pochi erano facilmente emarginati e tenuti sotto controllo.6

Alfonso GarofaloL’unico neo, la spina nel fianco di quegli ultimi anni era rappresentato da quel manipolo asserragliato nel pastificio di Alfonso Garofalo, un nucleo che non si riusciva ad estirpare nonostante tutti i tentativi fatti. Ed ora addirittura una Camera del Lavoro!

Era necessario cambiare strategia, reagire prepotentemente e il primo tentativo deciso dagli industriali fu di reclutare nuova manodopera a Torre Annunziata. Invertendo una consolidata tradizione iniziata dagli industriali torresi, abituati ad assumere krumiri provenienti da Gragnano durante i clamorosi scioperi della compatta classe operaia, stavolta toccò agli imprenditori di Gragnano giocarsi la carta del crumiraggio torrese. In 15 accettarono la proposta di lavoro, ma appena arrivati a Gragnano, accolti a braccia aperte dal maresciallo dei carabinieri, gli operai di Torre si resero conto dello sciopero in atto e se ne tornarono immediatamente nella loro città.7

Durante lo sciopero, Luigi Perillo per la neonata struttura camerale, Sebastiano Buono e Francesco D’Avino, in rappresentanza della Lega pastai, parteciparono al Convegno regionale delle Camere del Lavoro tenutosi a Torre Annunziata l’11 luglio con la presenza di oltre 50 organizzazioni economiche della Campania in rappresentanza di circa 4mila iscritti.

Tra quanti diressero i lavori dell’assise sindacale, oltre Gino Alfani, autore di ben tre relazioni, evidenziamo quella del mugnaio Beniamino Romano, il futuro Segretario Generale della Camera del Lavoro di Gragnano che affrontò il tema del lavoro notturno, del riposo festivo e del lavoro a cottimo. L’importanza del convegno fu data dalla presenza di un dirigente nazionale della Federazione nazionale dell’Arte Bianca, tale Agnolini e da Ludovico D’Aragona (1876 – 1961), ispettore propagandista della Confederazione del Lavoro e futuro Segretario Generale della stessa CGL dal 1918 al 1925.8

Fallito il tentativo di assoldare crumiri nella vicina Torre Annunziata, gli industriali finalmente si convinsero della necessità di aprire il tavolo della trattativa, senza comunque riuscire a fare molti passi in avanti. Convocati allora dal Sottoprefetto Vittorio Peri, il Segretario della Camera del Lavoro si presentò accompagnato da una folta delegazione composta dagli operai Salvatore D’Auria, Francesco D’Avino, Vincenzo Malafronte e Baldassarre Scarfato, ma non per questo si ottennero migliori risultati, anzi, addirittura i venti industriali coinvolti dalla protesta generalizzata minacciarono la serrata se non si riducevano le pretese.

Abituato a ben altre e più complesse situazioni, il Sottoprefetto con la sua solita, abituale pazienza, cominciò a tessere la sua infallibile mediazione per la quale era ormai famoso, riuscendo infine a far firmare l’intesa, strappando un aumento di dieci centesimi a quintale e ponendo in questo modo fine ad uno sciopero durato 20 giorni.

La débacle degli industriali non poteva essere più completa, come strillò Il Mattino del 28 luglio dopo aver servilmente taciuto sull’intera vertenza.9

Non a caso il suo proprietario e direttore, Edoardo Scarfoglio (1860 – 1917), l’uomo di fango, come fu definito, con frase diventata celebre, dal battagliero organo regionale dei socialisti, La Propaganda, era schierato con le posizioni più retrive ed egli stesso autore, sotto lo pseudonimo di Tartarin, di feroci articoli contro il movimento operaio organizzato, reo di sovvertire l’ordine costituito.

Per troppo tempo gli industriali di Gragnano avevano dormito sugli allori ed ora non sapevano più a quale santo votarsi pur di far scomparire l’odiata organizzazione operaia. Cominciarono allora a vendicarsi nei loro pastifici, aumentando le angherie nei confronti dei dipendenti e inutilmente la Camera del Lavoro protestava chiedendo l’intervento del Sottoprefetto. 

I padroni dei pastifici e dei molini piccoli e grandi infittirono le riunioni tra loro, convocarono esperti, si consultarono, forse, con i loro colleghi di Torre Annunziata e alla fine partorirono l’Associazione degli Industriali, senza riuscire ad impedire all’organizzazione operaia di rafforzarsi con sempre nuove massicce adesioni, mentre si andavano formando nuove leghe, come quelle dei carrettieri e degli scaricanti delle ferrovie.

Per fare proselitismo Luigi Perillo cercava di allargare gli orizzonti, cavalcando la protesta e intensificando l’agitazione degli allevatori di bestiame contro l’ordinanza comunale che aveva imposto di pagare in un’unica rata la tassa sul bestiame degli ultimi due anni.

Promotore di un’istanza in cui si chiedeva l’esonero o, in subordine, la dilazione della tassa, il Segretario della Camera del Lavoro promosse una serie d’iniziative con comizi nella diverse contrade, tra cui quella della Carità, la più popolosa e importante tra i vari casali e borgate in cui era suddivisa Gragnano e da sempre feudo incontrastato del barone Girace, proprietario terriero con forti ambizioni politiche, autore nel 1905 di una pubblicazione di dieci pagine in cui si elencavano gli annosi, irrisolti problemi della contrada.10

A Torre Annunziata si era appena consumato l’ultimo grande sciopero dei pastai, durato dieci giorni e terminato il 22 gennaio 1910, quando a Gragnano si prepararono a dissotterrare l’ascia di guerra e nei primi giorni di febbraio fu dichiarato il secondo sciopero generale dei lavoratori dell’arte bianca.

Il 1° febbraio in assemblea mugnai e fuochisti avevano stabilito di chiedere un aumento di 25 centesimi dando facoltà agli industriali di prendere una decisione entro la domenica successiva: una pausa di sei giorni sembrò alla lega un tempo congruo affinché l’Associazione degli Industriali potesse consultarsi, decidere e dare una risposta.

Il salario pagato agli operai di Gragnano era notoriamente il più basso della provincia, vi erano quindi ampi margini di trattativa per l’Associazione degli industriali mugnai e pastai, ma ciononostante non vollero sentire ragioni, lasciando passare il 6 febbraio senza dare nessuna risposta, indisponibili a discutere nuovamente di aumenti con quei sovversivi.

Lo sciopero iniziò il 7 febbraio, dopo una formidabile assemblea con 500 operai, immediatamente seguiti dalle leghe di meccanici e falegnami dei molini e dei pastai, stabilendo di proclamare lo sciopero di solidarietà dal 13, mentre sottoscrizioni di sostegno alla vertenza cominciavano a giungere dalla vicina Torre Annunziata, attraverso la Camera del Lavoro guidata da Gino Alfani, con versamenti in denaro.

Così fece la lega metallurgica, mentre quella dei pastai inviò carri pieni di pasta e farina e quando la lotta cominciò a farsi più aspra, intervenne con sottoscrizioni e fondi propri la stessa Camera del Lavoro di Scafati, diretta dal professore Felice Guadagno dopo la chiusura della struttura camerale di Sarno, scomparsa dopo pochi vagiti.

Più di ogni altra volle mostrare la propria solidarietà la forte organizzazione operaia di Torre Annunziata proclamando una nuova assemblea generale degli iscritti e proponendo lo sciopero generale a sostegno dei compagni di Gragnano. Solo l’intervento di Vincenzo De Rosa, Segretario della Lega mugnai della cittadina in sciopero, presente alla discussione, fermò la deliberazione camerale ringraziando tutti per il loro impegno, ma invitandoli a desistere, ritenendo sufficiente il sussidio dato per sostenere la lotta.

«Siamo in pieno sciopero, cominciando con i mugnai e fuochisti e che minaccia di estendersi ai pastai, con quanto danno della fiorente industria locale è agevole immaginare, Qualche grande industriale che l’altra volta fu tanto tenero con gli scioperanti, in odio all’intera classe, ora è maggiormente preso di mira dagli operai. L’ordine regna perfetto grazie alle energiche misure adottate dall’ottimo delegato Gaeta».11

Il municipio era appena uscito dall’ennesima crisi amministrativa affidando al barone Francesco Girace la funzione di pro sindaco, in attesa delle nuove elezioni amministrative di luglio, quando si trovò coinvolto in questa nuova e più violenta tensione sociale, ma stavolta, nonostante un’eroica resistenza, la vertenza prese una brutta piega.

Come sempre accadeva in questi casi, fu chiesta la mediazione del Sottoprefetto, con l’invio di una commissione composta da due mugnai e due pastai per esporre le ragioni della lotta e lasciando un memoriale con le richieste avanzate. Gli industriali fecero sapere di essere disponibili a trattare soltanto « (...) quando la Camera del Lavoro sarà chiusa…,» provocando nuove proteste e l’invio di telegrammi alla Confederazione del Lavoro e all’Ufficio del Lavoro contro la palese provocazione padronale.

Il 20 febbraio fu tenuto un grande comizio in piazza dove presero la parola Luigi Perillo, diversi segretari di lega, Farina e Sabatino per i pastai, Beniamino Romano per i mugnai ed esponenti sindacali di Torre Annunziata e Napoli per informare la cittadinanza sullo stato dello sciopero.

Trentaquattro giorni passarono senza fare nessun passo in avanti, quando gli industriali decisero di forzare la mano telefonando in Sottoprefettura per denunciare un presunto tentativo di linciaggio effettuato da un gruppo di operai nei confronti di un imprenditore non ben identificato.

Ma Vittorio Peri era un funzionario troppo esperto per cadere in un simile inganno: convocò dapprima il segretario della lega mugnai, l’avvocato Vincenzo De Rosa, dal quale seppe che nulla di quanto denunciato corrispondeva al vero, poi si recò a Gragnano facendo subito intendere al presidente dell’Associazione Industriali che propagandare menzogne era reato e come tale passibile di arresto.12

Nessun Sottoprefetto, fino ad allora, aveva usato un tono così perentorio nei confronti d’imprenditori abituati da sempre ad avere le istituzioni al loro servizio. Superata la sorpresa, subentrò una sorda irritazione e la decisione da parte dell’Associazione Industriale di rispondere immediatamente con un ordine del giorno di protesta contro il funzionario di stato e denunciandolo al Prefetto, il marchese Francesco De Seta e al Ministro dell’Interno quale “violatore della libertà dei cittadini”.

Non contenti si rivolsero al deputato del collegio, Alfonso Fusco, affinché a sua volta intervenisse per far allontanare dal circondario “il funzionario amico dei sovversivi”.13

Ed effettivamente pochi mesi dopo, il 22 novembre 1910, l’onesto funzionario, dopo quattro anni, lasciò la Città delle Acque, «chiamato ad espletare un’alta ed importantissima missione nella capitale della Sicilia», quale Regio commissario delle Opere Pie di Palermo.

Alla sua partenza fu salutato dalle massime autorità del circondario, tra cui il nuovo sindaco di Gragnano, il commendatore Ciro Macario, un colonnello del Genio a riposo, che in una cronaca del quotidiano napoletano, Il Mattino, venne definito «una nobile figura di gentiluomo e di militare, dinanzi alla quale le ire di parte tacciono e gli odi si sopiscono».14

Il posto del rimpianto Peri fu, nell’immediatezza, ricoperto da un funzionario della stessa sottoprefettura, Alberto Buonocunto, che ricoprì l’incarico per poche settimane, il tempo della nuova nomina. Questa arrivò a metà dicembre, nella persona del calabrese Giovanni Battista Massara, già sottoprefetto a Castellammare nel 1902. A sua volta una soluzione momentanea perché quella definitiva arrivò il 16 gennaio del 1911 nella persona di Pietro Frigerio (1851 – 1927), proveniente dalla sottoprefettura di Terni.15

Il 7 marzo, dopo un mese di lotta senza intravederne la fine, una parte degli operai rientrò nelle fabbriche provocando sconcerto e rabbia tra quanti invece erano decisi ad andare fino in fondo. I più accesi tentarono di impedire la ripresa del lavoro, ma furono bloccati dall’immediato intervento della forza pubblica. Vediamo come Il Mattino, notoriamente giornale conservatore, se non reazionario, ricostruisce i fatti:

«L’esperimento della ripresa parziale del lavoro alle vecchie tariffe è riuscito perfettamente. La parte più accesa degli operai, che è minoranza, rimase sconcertata e fece un tentativo di impedire il lavoro, ma la forza pubblica al comando del maresciallo Filippelli e del delegato Gaeta, sotto l’alta direzione del commissario Palmieri, fu superiore ad ogni elogio proteggendo energicamente la libertà del lavoro, eseguendo diversi arresti e tenendo a rispettabile distanza gli scioperanti dagli opifici in attività.

Oggi ripigliano lavoro altri pastifici ed alcuni molini e si prevede che tra pochi giorni resteranno soli a far chiasso e a rodersi di rabbia quei pochi, più esaltati che furono all’origine dello sciopero, e poi subirono la suggestione dei rimbombanti paroloni degli apostoli in quarantesimo, estranei a Gragnano ed alla classe commerciale ed operaia. Gli industriali sono più che mai compatti, affasciati e resistenti, dotati di un coraggio personale straordinario che sfida tutti i pericoli: hanno capito che solo mostrando i denti e fronteggiando energicamente l’idea socialista demagogica è possibile conservare a Gragnano la sua fiorente industria.

Un forsennato ieri sera compì il bel gesto di lanciare una pietra contro i vetri dell’ingresso del circolo industriale, allo scopo di intimidire gli industriali. Inutile dire che tale atto fu accolto con grandi risate: ci vuole ben altro che rotture di vetro per smuovere la bronzea piramide della classe industriale. Furono operati alcuni arresti, ma per la stessa intercessione degli industriali gli arrestati furono rilasciati».16

Il 18 marzo gli ultimi irriducibili, «quei pochi esaltati all’origine dello sciopero», furono costretti a riprendere il lavoro, strappando unicamente l’impegno ad una successiva apertura della trattativa da parte degli industriali, alcuni dei quali, come Apuzzo, Vicinanza, Alfano, Di Nola e figli ed altri, rendendosi conto di essere vicini alla vittoria, neanche di questo vollero sentire parlare.

«Dopo circa un mese di lotta asprissima la vertenza fra gli industriali e gli operai di Gragnano è stata finalmente risolta. Poiché alle condizioni già accettate da altri addivennero anche i proprietari degli stabilimenti Apuzzo, Vicinanza, Alfano, Di Nola e figli, che, finora non avevano voluto neppure sentir parlare di aprire le trattative per un possibile accomodamento. Ieri il lavoro fu ripreso anche dagli altri lavoratori rimasti finora in sciopero.

Né dall’una, né dall’altra parte si può cantar vittoria - scriveva il corrispondente da Castellammare dell’Avanti! Ignazio Esposito sul quotidiano socialista – perché mentre i mugnai hanno ottenuto i miglioramenti domandati, i lavoranti pastai hanno ripreso il lavoro alle medesime condizioni di prima. Non solo, hanno anche dovuto permettere che gli industriali si arrogassero il diritto di scartare dal personale qualcuno che a loro non andasse a fagiuolo.

Del resto gli operai gragnanesi non restino sconfortati per ciò, anzi è appunto perché noi siamo convinti, come loro, che i padroni debbano pagare caro questa prepotenza che diciamo: solo rafforzando la vostra organizzazione e con altre direttive potrete un giorno – meglio preparati –chiedere conto agli esosi industriali, dell’affronto ora subito».17

Nonostante la pesante sconfitta, la Camera del Lavoro di Gragnano non andò in crisi, almeno non subito, riuscendo a ricompattare le sue fila e ad organizzare la Festa del Lavoro, la prima della sua storia:

«Gragnano, la rocca incrollabile del feudalismo e del clericalismo, dove ogni manifestazione sincera e spontanea del suo popolo fu sempre soppressa con imposizione veramente medioevale, dove un popolo sempre schiavo e servile non sentì mai il palpito della civiltà e del progresso, celebrerà quest’anno la festa del 1° maggio.

In pochi mesi di organizzazione gli operai iscritti alla Camera del Lavoro sono diventati coscienti, educati ed evoluti che possano gareggiare con tutte le organizzazioni. Gragnano che fece tremare le organizzazioni per la continua emigrazione crumira, oggi con la festa del primo maggio, i nostri operai laveranno l’onta, tanto è vero che sono degni di poter stringere la mano a tutti quei compagni che sentono nell’animo loro la fede incrollabile nel socialismo (…)».18

 

scriveva orgoglioso e soddisfatto, Luigi Perillo in una sua corrispondenza sulla Propaganda, battagliero periodico e organo del socialismo napoletano.

Quel giorno di festa del 1910 duemila persone si erano mosse da Piazza Ferrovia con tanti giovani, musica e bandiere percorrendo via Giovanni Della Rocca, via San Marco, Trivione, Conceria, fino a Piazza San Leone dove si tenne il comizio. Nel lungo, allegro, variegato corteo, aveva sfilato la banda musicale di Scanzano, la sezione giovanile e le leghe dei vetturini e metalmeccanici di Castellammare.

Il comizio fu tenuto dall’avvocato Angelo D’Ambrosio e da un dirigente della Camera del Lavoro di Napoli, il tipografo De Siena. Nel pomeriggio la replica nella città termale con tanto di corteo e comizio finale in villa comunale con oratori i segretari delle Camere del Lavoro di Gragnano e Torre Annunziata.19

Intanto gli industriali, pur uscendo vincitori dallo scontro, non trovavano pace: quella Camera del Lavoro toglieva loro il sonno, tremavano al pensiero di un nuovo sciopero e quella festa del primo maggio, con le sue bandiere, i suoi canti popolari, tutti quei sindacalisti venuti da fuori a rovinare i loro operai con quelle strane idee d’uguaglianza, diritti, libertà, solidarietà, giustizia sociale, rivendicazioni economiche, non era fatta per rasserenarli.

Bisognava fare qualcosa e subito, magari un sindacato giallo, sulla falsariga di tante pseude associazioni di mutuo soccorso gestite direttamente, in modo paternalistico, dagli stessi imprenditori, con la benedizione della chiesa, da sempre al servizio dei cosiddetti galantuomini, come amavano autodefinirsi le classi abbienti in società.

L’idea piacque molto e subito si diedero da fare accordandosi con il partito clericale per costituire al più presto una apparentemente forte Unione Cattolica Operaia verniciata di principi democratici cristiani con l’unico scopo di strappare il maggior numero possibile d’operai alla Camera del Lavoro.

«Sennonché, pochi mesi dopo l’inaugurazione dei vessilli in chiesa con 2000 partecipanti, l’elemento clericale è eliminato dalla forza delle circostanze, avendo i soci dimostrato di volersi solo occupare di mutua assistenza e di rivendicazioni economiche e di essere contrari ai principi del partito clericale, modificando così il consiglio direttivo ed aggiungendo ai precedenti scopi (moralizzare l’operaio, sovvenirlo nei bisogni, soccorrere la famiglia, difenderlo dalle sopraffazioni e abusi) quelli di procurare lavoro agli operai e tutelarne i diritti di fronte agli industriali».20

La crisi nell’organizzazione operaia era in ogni modo alle porte: la sconfitta dopo i due mesi di furiosa battaglia di febbraio marzo 1910, le minacce in fabbrica da parte dei capi e i sermoni dei preti nelle chiese, la stessa partenza del suo segretario generale, Luigi Perillo non favorì la ripresa.

Il giovane, poco tempo dopo la fine dello sciopero era stato assunto dalle Ferrovie dello Stato e al suo posto fu eletto Alfredo Fusco. Le Leghe, per riprendersi dalla sconfitta avevano iniziato a discutere di una ripresa delle lotte, cominciando a programmare uno sciopero da farsi in settembre, ma il primo ad opporsi fu proprio il nuovo Segretario dimostratosi decisamente contrario all’iniziativa, forse a causa della crisi attraversata dal settore, i cui primi sintomi si evincevano dal calo della produzione presente nei diversi opifici.

Nacquero furiose discussioni e alla fine si decise per il licenziamento del novello dirigente, troncando la carriera di sindacalista del Fusco.  Per evitare il precipitare di una pericolosa crisi fu chiesto aiuto alla forte Camera del Lavoro di Torre Annunziata, i cui quadri dirigenti si forgiavano nella lotta fin dal 1901. Gino Alfani non si fece pregare inviando a Gragnano verso la fine di agosto, il mugnaio Beniamino Romano

«militante della sezione socialista, di buona condotta morale, cattivo parlatore, senza precedenti penali, buon organizzatore di scioperi, non è ritenuto turbolento o pericoloso».21

Di certo la Camera del Lavoro di Gragnano dopo il canto del cigno della grande manifestazione del primo maggio, non continuò a godere di buona salute e andò, se non in coma, sicuramente in una sorta di dormiveglia.

Sappiamo della partecipazione al Convegno Meridionale delle organizzazioni proletarie per costituire la Federazione Meridionale tenutosi presso la Borsa del Lavoro di Napoli, il 4 e 5 dicembre di quell’anno: quaranta delegati della Campania, della Puglia e della Basilicata in rappresentanza di circa 60mila lavoratori per discutere della questione meridionale alla presenza del deputato napoletano Ettore Ciccotti (1863 – 1939).

Toccò all’emerito professore di storia antica, originario di Potenza, tenere la relazione sull’argomento, mentre ad aprire i lavori fu il Segretario Generale della Borsa di Napoli, Oreste Gentile (1866 – 1932).22

Il 25 marzo 1911 partecipò alla manifestazione socialista che si tenne a Castellammare di Stabia, su indicazione del PSI nazionale, a favore del suffragio universale e per la riduzione delle spese militari. Tra i vari interventi si ricordano quelli di Francesco Villa, Gino Alfani e dello stesso Segretario della Camera del Lavoro di Gragnano, Beniamino Romano.

Così com’era presente con le sue bandiere alla Festa del Lavoro del primo maggio tenutosi a Castellammare, dove intanto era rifiorita, da un anno, una nuova Camera del Lavoro.

Nonostante la direzione di Beniamino Romano, la cui presenza a Gragnano non era garantita tutti i giorni, ma saltuaria, non avendo il mugnaio torrese abbandonato la sua attività nella città natale, non si hanno notizie di scioperi importanti, ma soltanto di partecipazioni a convegni e riunioni di carattere politico e sindacale.

Di certo le capacità del nuovo segretario si fecero sentire e una sua forza d’attrazione sicuramente esisteva se ancora nel 1911 si costituiva una nuova Lega tra gli incollatori di cassette con 80 soci e sosteneva la Lega pastai nelle trattative con l’associazione degli industriali per un aumento sul cottimo.

Nel 1912 si registravano nuove sezioni formate da capi pastai e leghe mugnai, mentre arrivava a costituire una scuola serale per gli operai associati. Dall’Avanti! del 10 settembre ricaviamo, per la Camera del lavoro di Gragnano, la partecipazione di Francesco Mosca e Baldassarre Scarfato, delegati della lega pastai e di Domenico Sacristano (1885 – 1969) per i mugnai al I Convegno Meridionale dei lavoratori dell’Arte Bianca tenuto due giorni prima nella sala del consiglio comunale della solita Torre Annunziata, su iniziativa del pirotecnico Gino Alfani, non a caso chiamato alla presidenza.23

Una relazione del Prefetto di Napoli al Ministro dell’Interno del 17 dicembre conferma la pericolosità della struttura camerale di Gragnano, riportandone il numero d’iscritti, 290, divisi nelle sue due leghe dei mugnai (120) e pastai (170).

Non conosciamo la prima sede della Camera del Lavoro, di sicuro nel gennaio 1912 si trasferì in via San Marco, attuale via Roma, dividendola con la lega mugnai, in un basso nello stabile di proprietà del parroco Malafronte, in dicembre si stabilì definitivamente in Via Pasquale Nastri, al pianterreno di Casa Colucci.

Se il movimento operaio locale attraversava un momento difficile, il censimento del 1911 registrava lo stato di vitalità dell’economia di Gragnano. Riportiamo alcuni dati salienti così come li pubblicò a suo tempo un periodico stabiese.24

 

Opifici con meno di 25 operai

19

710

Oltre 10 e meno di 25

23

351

Oltre 25

7

710

Totali Opifici/dipendenti

49

1.228

 

La partenza di Luigi Perillo, la delusione avuta con Alfredo Fusco, il pendolarismo del Romano e la stessa crisi del settore, che aveva provocato una caduta verticale del lavoro e una forte disoccupazione tra i pastai, indussero le diverse leghe a più miti consigli, ad una politica difensiva in attesa della ripresa economica e di un leader capace di guidarli verso nuove vittorie.

Dalla crisi politica le leghe sembrarono riprendersi nel 1913 e il cambiamento di rotta iniziò in aprile, con il vittorioso sciopero nel pastificio Di Nola, dove fu protagonista un giovanissimo Oreste Lizzadri, figlio di un capo stazione delle Ferrovie dello Stato, con forti simpatie per il Partito Socialista ma attestato su posizioni riformiste, credendo nella gradualità delle conquiste.

Il ragazzo dopo la morte prematura del padre avvenuta per malattia nel 1911, a soli 40 anni, era stato costretto ad abbandonare gli studi e a cercarsi un lavoro. Lo trovò nello stesso pastificio dove nella primavera del 1913 fu coinvolto, a soli 17 anni, nel suo primo sciopero, provocando con ciò la svolta decisiva della sua vita: in quegli stessi giorni, infatti, con Fortunato Mariconda, Mario Vicinanza (1885 – 1967 circa), Aniello Colaps e pochi altri, una decina di pionieri in tutto, partecipò alla fondazione della prima sezione socialista nella storia operaia di Gragnano.

Fondata il 13 aprile, contava inizialmente 40 iscritti ma quando il giovane Lizzadri e i suoi compagni si avviarono sulla strada dell’intransigenza, molti non se la sentirono di seguire lo stesso pericoloso percorso, riducendosi ben presto a soli 16 aderenti.25

Sul finire di quella burrascosa estate, il 15 settembre 1913 Beniamino Romano era ancora alla testa della Camera del Lavoro, come apprendiamo da una corrispondenza del Mattino dalla cittadina famosa nel mondo per il suo buon vino e l’ottima pasta di grano duro.

L’occasione era una pubblica assemblea nella sala del consiglio comunale, alla quale egli partecipava per discutere di un progetto per realizzare nuove case operaie sul suolo dell’antico convento del Trivione presentato dalla giunta guidata dal barone Francesco Girace.

La riunione si concluse con la nomina da parte del sindaco di una commissione composta di tre operai e tre rappresentanti del comune per studiare tempi e modi di realizzazione dell’opera.26

Pochi giorni dopo un comizio nella Camera del Lavoro di Gragnano a favore della candidatura nelle elezioni politiche del 26 ottobre di Mario Bianchi, l’esponente intransigente del Circolo Carlo Marx guidato da Amedeo Bordiga (1889 – 1970), riportò di nuovo alla ribalta il segretario dell’organizzazione economica locale. Tra gli oratori, oltre a Romano, ci furono Bordiga e la sua compagna, la maestra elementare, nativa di Formia, Ortensia De Meo (1883 – 1955) suscitando grande entusiasmo tra i presenti.27

Il 1913 si chiuderà con un nuovo forte sciopero in dicembre, a sostegno e in solidarietà di un capo operaio ingiustamente schiaffeggiato e buttato fuori dalla fabbrica a calci per aver rivendicato miglioramenti nell’orario di lavoro, ancora una volta alla Garofalo.28

Il 20 dicembre, a sostenere i combattivi operai, vennero nella cittadina dei Monti Lattari la compagna di Bordiga, la coriacea e passionale Ortensia De Meo e Mario Bianchi, interessati ad allargare la sfera d’influenza politica nella dura lotta per l’affermazione dei valori della sinistra socialista rivoluzionaria, ma gli industriali avevano ben altre armi per piegare la resistenza dei lavoratori e primo fra tutti l’uso di crumiri di professione provenienti dalla cittadella rossa di Torre Annunziata.29

Per essere certo che nulla potesse accadere, Alfonso Garofalo ordinò ai crumiri di dormire in fabbrica e di non uscire mai, né di giorno, né di notte. Ma la nostalgia della famiglia può giocare brutti scherzi, così alle quattro del mattino della domenica del 19 gennaio il gruppo di torresi uscì avviandosi verso la stazione ferroviaria certi di farla franca.

Avvistati da un gruppo di scioperanti, furono avvicinati, nacque una discussione animata, presto tracimata in rissa e infine in un vero e proprio conflitto a fuoco. Non ci furono feriti gravi. Ad avere la peggio furono i crumiri, i quali, benché armati, furono ridotti a mal partito dal nutrito gruppo di scioperanti muniti di nodosi randelli e costretti comunque a fuggire.

Il fatto non passò inosservato provocando la ferma reazione della polizia che eseguì numerosi, indiscriminati, fermi tra gli scioperanti ed infine a tre arresti. Alla provocazione poliziesca reagì la sezione socialista, portando il corrispondente locale del quotidiano nazionale dell’Avanti! a chiedere l’intervento della direzione del partito affinché fosse inviato un deputato a seguire la vicenda.30

Oreste LizzardiIl prolungarsi dello sciopero rendeva necessario la presenza costante di Beniamino, ma costui non poteva garantire più di due giorni settimanali. E allora il Consiglio delle Leghe si trovò di fronte alla necessità di affiancare a Romano un altro segretario, ma non vi erano elementi disponibili a prendersi questa responsabilità, di guidare in un momento così delicato la Camera del Lavoro e allora la scelta cadde su Oreste Lizzadri (1896 – 1976), un 18enne che aveva dimostrato in quegli infuocati mesi di avere l’intelligenza, la capacità, il carattere giusto per essere eletto segretario locale. Lo stipendio era di trenta lire al mese, da pagarsi alla fine della vertenza.

Lo sciopero si chiuderà il 29 gennaio con l’intervento del commissario di polizia, Guglielmo Buschi, chiamato a mediare tra le parti, su interessamento dello stesso Prefetto.

Se tutto era iniziato a seguito del licenziamento di un caporale, ritenuto ingiustificato dagli operai e per questo scesi in sciopero per solidarietà con il compagno, ben presto l’episodio si era trasformato in uno sciopero politico, di adesione alla linea oltranzista assunta dal Psi in campo nazionale e di resistenza al sistema capitalistico basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, a riprova dell’influenza determinata dalla svolta impressa dal giovane Lizzadri, nuovo leader attestato sulla linea dell’intransigenza.

Non altrimenti si spiega la formidabile prova di forza dimostrata dai lavoratori, capaci di scioperare per ben due mesi, vivere un conflitto a fuoco, per fortuna senza spargimento di sangue, subire le angherie e le prepotenze delle forze dell’ordine al servizio del padronato, riuscendo infine a piegare la resistenza di Alfonso Garofalo.

In quegli anni il più importante imprenditore di Gragnano aveva avuto non pochi problemi, e qualche soddisfazione, sui vari fronti, sociali, politici e familiari. Nel dicembre 1911 il terzogenito, Alberto, si era battuto in duello con il suo acerrimo nemico di sempre – i primi dissapori tra i due risalivano alle elezioni per il consiglio comunale del 1898 - l’avvocato Francesco Montefredini, già consigliere provinciale, a seguito delle ultime elezioni amministrative. Montefredini aveva fatto affiggere un manifesto in cui attaccava violentemente il vecchio Garofalo, padre di Alberto, usando termini offensivi, suscitando lo sdegno del giovane rampollo, fino a sfidarlo in duello con la sciabola.

«Al quarto assalto è avvenuto un incontro nel quale sono rimasti feriti tutti e due i duellanti, il Garofalo alla regione parietale frontale destra e l’avvocato Montefredini al sopracciglio sinistro (…). Gli avversari non si sono conciliati».31

Alcuni mesi dopo, nell’agosto 1912, l’altro suo figlio, Giovanni, si candidò, senza rivali, nelle elezioni provinciali riuscendo eletto con 1328 preferenze, riconfermato nel 1914, con l’odiato nemico del padre, Montefredini e nel 1921 eletto nel Consiglio provinciale della Camera di Commercio.

Intanto il primo sciopero guidato da Lizzadri gli costò, neanche a dirlo, il posto di lavoro. L’organizzazione sindacale, conoscendo la sua situazione familiare gli venne incontro affidandogli la vice segreteria della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, nel frattempo ridotta ad essere una sezione distaccata della Camera del Lavoro di Napoli e guidata dallo stesso segretario, il riformista Oreste Gentile, ma gestita saltuariamente dallo stesso Beniamino Romano.

Il mugnaio di Torre Annunziata si trovò in quel periodo a dividersi tra molteplici incarichi, tra la sua città natia, Gragnano e la stessa Castellammare.

Nel corso del 1914 ci furono alcuni scioperi minori, infine all’inizio del 1915 le proteste più importanti, con la partecipazione corale dell’intero movimento operaio di Gragnano, ritrovando nuovo entusiasmo: cominciarono i 300 operai cassettai e segatori organizzati in Lega, proclamando lo sciopero il 7 gennaio, chiedendo un aumento generalizzato sulle tariffe.

Furono sufficienti due giorni e l’interessamento del sindaco per raggiungere una mediazione accettabile tra le parti. Neanche il tempo di riprendere fiato, quando il 14 gennaio i mugnai e i pastai abbandonarono in massa i loro opifici per partecipare ad un’assemblea in cui si decideva di chiedere un aumento di salario. Dopo tre ore di discussioni sulle richieste da fare fu deciso di nominare un comitato d’agitazione.

Come primo atto si recarono dal sindaco chiedendogli di farsi interprete delle ragioni operaie e di invitare gli industriali per avviare una prima discussione. Solo quattro imprenditori si presentarono alla convocazione del Primo cittadino provocando la sdegnata reazione dei lavoratori: questi diedero 24 ore di tempo per decidersi a dare una risposta, in assenza della quale avrebbero incrociato le braccia.

Il Comitato d’agitazione attese inutilmente e nella serata di venerdì 15 proclamarono lo sciopero, mentre gli industriali si riunirono decidendo di arrivare, in casi estremi, alla serrata. In questo frangente, per motivi che ignoriamo, in concomitanza con la proclamazione dello sciopero generale, forse a causa dello stesso, per dissensi sulle modalità, fu licenziato Beniamino Romano, nominando verso i primi di marzo l’antico ex, Luigi Perillo.

La proclamazione del nuovo sciopero generale arrivò nel momento più sbagliato: dal 28 luglio 1914 l’Europa era insanguinata da un ferocissimo conflitto bellico ben presto trasformatosi nella prima guerra mondiale. Nella sua prima fase l’Italia si era dichiarata neutrale, ma ciò non impedì pesanti ripercussioni sulla sua economia, in particolare sull’industria napoletana, trovandosi ad affrontare una grave crisi dipendente da due fattori concomitanti, qui riassunti attraverso l’analisi fatta da Michele Fatica.

«Lo stato di guerra impediva o rallentava l’afflusso alle aziende industriali delle materie prime causandone un rialzo vertiginoso dei costi; dalle restrizioni al commercio con l’estero e al credito adottate dal governo Salandra».32

La crisi investì in primo luogo il settore metallurgico e metalmeccanico colpendo tra gli altri lo stesso cantiere navale di Castellammare, ma non di meno interessò l’industria delle paste alimentari, in particolare Torre Annunziata e Gragnano interessata ad un tipo di produzione di lusso esclusivamente destinato ai mercati esteri, aggravata da un decreto del 6 agosto che ne proibiva l’esportazione.

«Furono costretti perciò a chiudere o a ridurre l’orario di lavoro, mentre le farine accumulate nei depositi, non attrezzati per le lunghe soste minacciavano il deterioramento. Contemporaneamente entrava in crisi l’industria collaterale delle cassette d’imballaggio».33

La Grande Guerra comportò in breve tempo un aumento considerevole della disoccupazione e il conseguente indebolimento della resistenza operaia. Non a caso i numerosi scioperi di questo periodo conobbero, uno dopo l’altro, l’acre sapore della sconfitta, così come accadde nella vicina Torre Annunziata dove uno sciopero di braccianti fallì clamorosamente.

A mediare tra le parti in lotta nella città oplontina c’era l’antico ex Segretario Generale della Camera del Lavoro, Cataldo Maldera ora nelle vesti d’assessore e vice sindaco.

Le vittoriose elezioni amministrative del 14 giugno e del 5 luglio 1914 avevano consentito, grazie al blocco elettorale dei partiti di sinistra, alleati con le forze democratiche liberali, di vincere in alcuni comuni, tra cui Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, consentendo a Gino Alfani di essere eletto consigliere provinciale. Gragnano era invece sotto lo stretto, ferreo controllo delle forze più retrive, capeggiate dal barone Girace, impedendo qualsiasi aiuto a favore della piccola Camera del lavoro, già di per sé in profonda crisi. 

«L’agitazione si protrasse per alcuni giorni (…) e si ebbe l’astensione dal lavoro per solidarietà dei cassettai, dei carrettieri e dei facchini dello scalo ferroviario. Alla fine fu approvato un concordato in cui si stabilì che gli operai pastai e mugnai sarebbero tornati al lavoro alle precedenti condizioni e che gli industriali avrebbero concesso qualche aumento di mercede non appena fossero migliorate le condizioni della piazza».34

Sconfitti, a capo chino gli operai ripresero a lavorare il 6 febbraio. Cinque pastai della ditta Sorrentino, per uno scatto d’orgoglio, il 19 decisero di riprendere lo sciopero chiedendo il licenziamento di due cassettai che avevano continuato a lavorare durante il precedente sciopero. L’azienda non ne volle sapere, anzi, sostituì immediatamente i cinque scioperanti, salvo riassumerli il 15 marzo.

Il ritorno di Luigi Perillo alla guida della Camera del Lavoro non modificò sostanzialmente le cose: dopo il suo trasferimento a Salerno nel 1913 non aveva smesso di essere un attivo propagandista, partecipando al movimento contro la guerra messo in piedi dal Psi in tutta Italia.

Dopo l’ennesimo eccidio proletario verificatosi ad Ancona il 7 giugno 1914, l’Italia era stata scossa da una serie di proteste operaie, sfociando in moti rivoluzionari tra il 9 e il 12, passati alla storia come la Settimana rossa a seguito di un conflitto a fuoco premeditato dalle forze dell’ordine e verificatosi tra anarchici e forza pubblica, provocando la morte di tre dimostranti e numerosi feriti tra cui 17 carabinieri.

Scioperi generali e proteste operaie si erano avuti in diverse località della Campania, da Salerno, a Torre Annunziata e Napoli, guidati dai suoi dirigenti più autorevoli. Nei giorni successivi seguirono in tutta Italia centinaia di licenziamenti e punizioni di varia natura nei confronti di quanti si erano esposti nello sciopero e nelle manifestazioni che avevano riempito le piazze del Regno.

Nel compartimento di Napoli ci furono 12 licenziati e 21 degradati, in quello di Salerno 8 licenziamenti e 78 degradati. In particolare furono colpiti i maggiori dirigenti del movimento operaio napoletano, tutti licenziati, tra questi l’ingegnere Amedeo Bordiga, già avviato a diventare una figura nazionale del PSI, il calabrese di Ardore e applicato ferroviario, Francesco Misiano (1884 – 1934), il macchinista Tommaso Borraccetti, un giovanissimo Liizzadri, da poco assunto come avventizio e lo stesso Luigi Perillo, guardafreno.35

Una volta disoccupato, l’intrepido ex ferroviere era stato richiamato a Gragnano riprendendo il suo posto di battaglia, tenendo nell’aprile 1915 una conferenza contro la guerra nel salone della Camera del lavoro e guidando, pochi giorni dopo una forte protesta popolare contro il continuo rincaro del pane e la dilagante disoccupazione.36

A conclusione della manifestazione, una commissione d’operai, guidati dal suo Segretario Generale, fu ricevuta dal sindaco e dalla Giunta comunale avviando con loro una serrata discussione e raggiungendo un accordo per favorire il calo del prezzo del pane e la ripresa dell’occupazione attraverso nuovi lavori pubblici.

La ripresa delle iniziative fu salutata con enfasi dall’Avanti! ma provando con ciò quando profonda fosse stata, e in qualche modo continuava ad essere, la crisi della piccola organizzazione economica.37

L’indebolimento della struttura sindacale rispecchiava una situazione economica la cui forza o debolezza risiedeva unicamente nella capacità produttiva del suo settore trainante: quell’arte bianca messa in ginocchio da una congiuntura internazionale ormai sfuggita alla capacità di governo di chi reggeva in quel momento le sorti del paese, la cui politica sembrava tesa unicamente a risolvere l’enigma che lo attanagliava, dividendo il Paese tra chi era favorevole all’entrata in guerra contro l’Austria per completare il processo di unificazione dell’Italia e quanti invece propugnavano la neutralità assoluta.

Una strada che secondo i pacifisti avrebbe consentito di raggiungere lo stesso scopo, attraverso trattative con l’impero austriaco, che pure erano in corso fino a pochi giorni prima della dichiarazione di guerra tra le parti, per ottenere concessioni territoriali in cambio della neutralità, evitando l’inutile martirio da parte di oltre 645.000 caduti, in gran parte contadini meridionali.

Era tale lo stato di crisi a Gragnano che su 34 pastifici solo quattro erano ancora aperti, mantenendo un minimo di produzione e d’occupazione.

«La situazione è spaventevole – denunciava l’Avanti!  - si impreca alla guerra ed a tutti quelli che vogliono trascinare l’Italia nel conflitto. Il primo maggio non fu festeggiato, ma si levò la voce di protesta contro la guerra, causa massima dei dolori dei lavoratori i quali si associano al Partito Socialista e protestano energicamente contro l’intervento».38

L’avventura di Luigi Perillo a Gragnano non durerà molto: il 4 maggio, un mese dopo l’assunzione, sarà a sua volta licenziato per l’impossibilità di corrispondergli lo stipendio convenuto. Non subirà un gran danno, perché pochi mesi dopo, in novembre fu riassunto dalle Ferrovie e trasferito in Sicilia, successivamente a Bari ed infine ad Avellino. Ovunque continuò a prendere parte a tutte le manifestazioni sovversive, tenendo conferenze di propaganda bolscevica e facendosi notare per la violenza dei suoi discorsi.

Attivo dirigente del sindacato ferrovieri, passò al PCd’I di Bordiga, candidandosi alle elezioni politiche del 1921 senza essere eletto. Con l’avvento del fascismo lasciò la politica attiva, continuando a rimanere strettamente sorvegliato. Soltanto nel novembre 1942 sarà radiato dal novero dei sovversivi, nonostante non si occupasse più di politica ormai da diversi anni. Un fratello minore di Luigi, Girolamo, fu a sua volta un fervente rivoluzionario e per questo condannato a tre anni di confino politico scontati a Pacentro, un piccolo borgo montano in provincia dell’Aquila.39

A guidare la Camera del Lavoro, ormai in piena crisi economica, fu chiamato il segretario della sezione socialista, l’impiegato Fortunato Mariconda, già Presidente della Lega degli impiegati privati, dipendente presso il molino di Giuseppe Gentile, uno dei dieci socialisti fondatori della sezione socialista nel 1913 e candidato senza successo al consiglio provinciale nelle elezioni del luglio 1914.40

Intanto nella vicina Castellammare un grappolo di ragazzi, quasi tutti studenti, alcuni operai e qualche giovane laureato aveva cominciato a raccogliersi intorno al futuro leader del Partito Comunista d’Italia, Amedeo Bordiga, aderendo al Circolo Rivoluzionario Intransigente, Carlo Marx, fondato a Portici il 2 aprile 1912.

Il circolo era nato per opporsi al programma politico portato avanti dalla Unione Socialista Italiana, una nuova organizzazione in cui andavano a fondersi le due anime del socialismo partenopeo, quella riformista dell’ex sezione socialista e quella sindacalista coalizzata intorno alla redazione del periodico, La Propaganda.

Il settimanale fondato da Arturo Labriola, Arnaldo Lucci ed Enrico Leone nel 1899, da tempo aveva perduto la sua egemonia e smesso di essere la voce più importante del movimento operaio napoletano, ma ancora rispecchiava le idee della massima organizzazione locale e cioè della Borsa del Lavoro.41

Per Bordiga e i suoi compagni l’Unione rispondeva alla tendenza bloccarda massonica del suo gruppo dirigente, da tempo in intima corrispondenza di interessi politici con il così detto blocco liberale, facente capo all’ormai defunto onorevole Francesco Girardi, a sua volta legato a diversi interessi imprenditoriali.42

L’eredità bloccarda del Girardi passò a suo figlio Salvatore, un industriale di combustibili, schierato con i democratici costituzionali, a riprova che in politica tutta cambia perché nulla cambi cento anni dopo. 

I giovani stabiesi avevano fondato il 13 ottobre 1912 il quindicinale, La Voce, organo ufficiale del Circolo Socialista Rivoluzionario e la redazione, in via Nuova 10, nel cuore del Centro Antico della città, era ben presto diventato il loro abituale luogo d’incontro e di discussione politica.

Avevano ricostruito, per l’ennesima volta, la sezione socialista o, per meglio dire, gli ridiedero linfa vitale e restituirono passione ed orgoglio al circolo giovanile socialista avviandolo sulla scia dell’antimilitarismo militante, trasformandolo in una vera e propria fucina di dirigenti d’altissimo spessore politico, tra i protagonisti della nascita del partito comunista. Una relazione del Prefetto datata 3 agosto 1913 e successivi appunti ne certifica l’esistenza e la pericolosità dei suoi elementi.43

Oscar Gaeta (1895 – 1977), giovanissimo segretario della sezione socialista e Antonio Cecchi (1895 1969) proveranno a riorganizzare una spenta Camera del Lavoro affidandone la guida all’ancor più giovane Oreste Lizzadri, che tanta buona prova di sé aveva dato negli scioperi e manifestazioni della struttura camerale e della sezione socialista della vicina Gragnano. Solo pochi confusi mesi, poi tutto sarà travolto dalla bufera della guerra e niente sarà più come prima.44

Tra quanti furono richiamati alle armi ci fu lo stesso Oreste Lizzadri, inviato in un primo momento alla Scuola Allievi Ufficiali, ma subito rimandato indietro perché giudicato sovversivo e quindi arruolato come telegrafista nella Marina guadagnandosi una Croce di guerra al merito.

Centinaia di altri giovani partirono con lui, molti non ritornarono e da subito cominciarono le prime penose commemorazioni dei «baldanzosi figli gragnanesi morti eroicamente sui campi di battaglia» da parte del riconfermato sindaco, il barone Francesco Girace: il capitano di finanza, avv. Tommaso Pastena, il 31enne magistrato, sottotenente di fanteria, Giuseppe Mansi, i soldati Nicola Manfuso, Luigi Staiano e Matteo Galasso.45

Tra i caduti sul campo con onore, l’anarchico Ciro Cascone (1878 – 1917), ritenuto uno squilibrato mentale ma nello stesso tempo un pericoloso sovversivo e per questo strettamente sorvegliato fino alla sua morte avvenuta il 3 settembre 1917.

Mentre sul fronte si moriva, saranno quasi trecento a non fare più ritorno a casa, caduti sul fronte della guerra, a Gragnano languiva la disoccupazione operaia costringendo il sindaco ad affrontare il grave problema installando una cucina economica presso il monastero dei frati minori garantendo ogni giorno il vitto ad oltre 200 operai e distribuendo quotidianamente dei buoni pasti ai bisognosi.

Durante il periodo bellico nacque perfino un settimanale, La Squilla, organo dei comuni del circondario di Castellammare di Stabia: politico, amministrativo, letterario, commerciale, il cui primo numero uscì il 20 settembre 1916 e pubblicato in contrada Caprile.

 

Dal primo dopoguerra all’antifascismo

La fine della guerra riportò i combattenti a casa e tra questi i dirigenti socialisti pronti a riprendere il loro posto nel Partito e nel sindacato, riportando nelle piazze il conflitto politico ed economico dopo l’obbligatoria stasi bellica. Gli operai riscoprirono il gusto della lotta con nuovo e rinnovato entusiasmo dopo l’avvenuta rivoluzione d’ottobre nella lontana Russia e in diversi paesi europei, dalla Germania, all’Austria, dalla Francia all’Inghilterra, in ogni dove si sognava di costruire i soviet, perfino negli Stati Uniti si era formato un Partito marxista leninista, fondato a Chicago nel 1919.

Uno dei Paesi su cui maggiormente Lenin aveva scommesso sull’imminente rivoluzione era proprio l’Italia, pronosticandola in un celeberrimo articolo scritto nel 1917, alludendo in particolare all’insurrezione del 23 agosto avvenuta a Torino e nata da una manifestazione di donne, poi divampata in una vera e propria resistenza armata durata tre giorni.46

La piccola Gragnano in questo scenario mondiale cercava di fare la sua parte e cominciò da subito, il 5 gennaio 1919, promuovendo

«una pubblica manifestazione per il disarmo e le otto ore. Per le circostanze saranno invitate a partecipare per la bella festa tutte le organizzazioni proletarie della provincia, le quali si daranno certamente per quel giorno convegno a Gragnano per esprimere la loro solidarietà ai nostri lavoratori, in mezzo ai quali vi è una grande aspettativa. Il corteo muoverà alle ore 9 dalla Camera del Lavoro e farà il giro del paese. Alle 10,30 avrà luogo il comizio pubblico».47

Il Soviet, il settimanale rivoluzionario fondato da Amedeo Bordiga nel dicembre 1918, diede ampio spazio alla manifestazione di Gragnano, del lungo corteo che percorse tutta la cittadina pedemontana, arrampicandosi per Caprile e Casola, citando la presenza delle diverse leghe della provincia, delle sezioni e dei circoli socialisti e finanche la presenza di dirigenti della direzione nazionale del PSI.

«Dopo un giro di tre ore, il corteo non potendo raccogliersi nei locali della Camera del Lavoro perché troppo angusti, si è fermato a comizio nell’atrio di uno stabile di fronte. Ha aperto il comizio il compagno Storzillo di Gragnano. Quindi a nome dei socialisti e dei metallurgici di Castellammare ha parlato il professor Pietro Carrese, il compagno Monaco ha recato il saluto di solidarietà dei ferrovieri, quindi il compagno Gino Alfani (…)».48

Per il Soviet la Camera del Lavoro di Gragnano era già ricostituita alla fine del 1918, ma, probabilmente, doveva riferirsi alla Lega dei pastai e mugnai, perché una nota della prefettura comunica al Ministero dell’Interno la data del 25 giugno 1920 come costituzione della Camera Confederale del Lavoro, informando che questa era composta da otto leghe. Segretario Generale era il mugnaio socialista, Domenico Sacristano, l’estensore dello Statuto camerale nel 1912.49

Di sicuro il ritorno dal fronte di molti socialisti aveva consentito di riorganizzare il Partito e di avviare la ricostituzione delle Leghe e della stessa Camera del Lavoro, mobilitando i lavoratori e l’intera popolazione sui grandi temi che infiammavano in quei mesi il Paese intero, fino ad indire la prima grande manifestazione per il 5 gennaio 1919 a favore della smobilitazione, per il disarmo e per la giornata lavorativa di otto ore, portata avanti con forza e decisione soprattutto dai metalmeccanici della Fiom, poi toccò alla Camera del Lavoro assumere le sue iniziative, partecipando al Convegno della Federazione Campana dell’Arte Bianca tenutosi a Castellammare il 4 settembre 1921 e a quello Meridionale del successivo 25.

Sulla scia di quanto stava accadendo a Castellammare e a Torre Annunziata, anche a Gragnano tra il 1919 e il 1921 si contarono numerosi scioperi nei diversi pastifici e molini e non mancarono gli scontri, talvolta violenti, con nazionalisti e fascisti.

Non da meno la sezione socialista, con 24 iscritti, partecipava alla lotta tra astensionisti ed elezionisti, i primi guidati da Bordiga ormai proiettato verso la costruzione del PCd’I. A Gragnano a larga maggioranza prevaleva l’ala moderata degli elezionisti.

Vediamo come, traendo spunto dal Soviet del 25 aprile 1920, rielaboriamo una mappa delle sezioni socialiste della provincia con le divisioni tra astensionisti ed elezionisti:

 

 

Sezioni socialiste nella provincia di Napoli nel 1914/ aprile 1920

Sezioni

Iscritti 1914

Iscritti 1920

Astension

Elezionisti

Boscotrecase

 

23

7

10

Boscoreale

13

33

11

22

Castellammare

30

68

41

  5

Gragnano

21

24

3

12

Meta

 

12

-

12

Napoli

121

200

73

44

Poggiomarino

 

18

10

  8

Torre Ann.ta

65

79

8

48

Torre del G.

 

29

1

27

Totali prov.

 

496

154

188

 

Così com’era già accaduto a Castellammare, dove si annoverava la nascita di uno tra i primi fasci di combattimento, sorto il 10 maggio 1919, ad opera dell’ex socialista ed ex segretario della prima Camera del Lavoro stabiese, ora fervente nazionalista, Catello Langella, seguito da Torre Annunziata il 23 febbraio 1920, a Gragnano il fascio si costituiva il successivo 9 aprile nominando suo segretario Giacomo Cuomo.

Quando il 20 gennaio 1921 a Castellammare di Stabia le forze dell’opposizione scesero in corteo per manifestare contro la Giunta rossa di Pietro Carrese, un forte nucleo di socialisti di Gragnano non esitò, nonostante fosse festa patronale al loro paese, ad accorrere in aiuto e a difesa del Municipio dove si erano asserragliati un centinaio di socialisti, mentre la piazza gremiva di operai dopo la proclamazione dello sciopero generale da parte della Camera del Lavoro stabiese.

Il nucleo socialista di Gragnano prese posizione sulla scalinata della cattedrale armata di robusti randelli, là dove ci fosse stato, come si temeva, l’attacco dei fascisti confusi nel corteo antisocialista. L’assalto armato superò le peggiori previsioni trasformandosi in una strage dove persero la vita sei innocenti: un lattaio, un marinaio, tre operai e il maresciallo dei carabinieri, Clemente Carlino, il primo a cadere, colpito da un colpo di rivoltella mentre trattava con il vice sindaco, Pasquale Cecchi.

L’autore di quel primo colpo di pistola, rimasto tutt’ora ignoto, ma probabilmente il fascista Andrea esposito, detto Raimo, voleva colpire l’esponente socialista.50

Altri propendono, e tra questi le stesse fonti delle autorità giudiziarie, senza riuscire comunque a provarlo, che a sparare per primo sia stato l’assessore socialista, Antonio Esposito, con l’intento di colpire il maresciallo Carlino. Tra le centinaia di arresti seguiti alla strage ci fu quella del mugnaio Giuseppe Afeltra, “o figlio da toscanelle”, nativo di Casola, attivista comunista della Camera del Lavoro di Gragnano, di carattere violento, poi scarcerato il 3 ottobre per insufficienza di prove.

Il biennio rosso non aveva ancora raggiunto il suo apice, con l’occupazione delle fabbriche del settembre 1920, un’iniziativa rivoluzionaria che non vide assente la stessa Gragnano, con diversi pastifici occupati al grido di «facciamo come in Russia», quando lo squadrismo fece la sua apparizione con il primo assalto ad un corteo operaio avvenuto a Napoli il 23 giugno 1920.51

Poi non si contarono gli agguati, i pestaggi, le uccisioni, i raid punitivi invadendo case private per metterle a soqquadro, distruggere i circoli e le sezioni dei partiti di sinistra, le Camere del Lavoro, le redazioni dei giornali, ovunque ci fosse un anelito di opposizione doveva essere messo a tacere con le buone oppure con le cattive, senza mezzi termini e nell’indifferenza delle forze dell’ordine chiuse nelle loro caserme, spesso omertosi complici dei delitti perpetrati.

E non fu sufficiente aver raggiunto il potere, sovvertito le istituzioni, imponendo Benito Mussolini alla Presidenza del Consiglio. Ancora negli anni successivi a quel fatidico 28 ottobre 1922, giorno della marcia su Roma, una comica che si poteva fermare se solo ci fosse stata la volontà di farlo da parte delle istituzioni e del Re Vittorio Emanuele III, vittima e complice del colpo di stato fascista, voluto e subito, le violenze continuarono, seppure sempre più diradate, almeno fino al 1926, quando gli ultimi residui di legalità furono definitivamente cancellati con la soppressione definitiva della libertà attraverso le leggi eccezionali del fascismo, che trovarono compimento con l’emanazione del Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato, istituito con legge del 25 novembre 1926.52

In una breve autobiografia raccolta nel bel libro di Ferrarotti, La piccola città, l’operaio mugnaio Carlo N.,    racconta la tragedia del fratello, iscrittosi a 18 anni alla Gioventù socialista, delle continue perquisizione subite dalla famiglia in cerca di una corrispondenza che comprovasse la sua adesione ad organizzazioni clandestine e di come morì nel 1924 per i suoi ideali antifascisti.

«Lo spiavano e infine si arrivò che sia quando entrava che usciva dal cantiere, anche la notte, era seguito da due carabinieri. Un giorno fu fermato in piazza da una squadra di fascisti che lo invitava a consegnare la corrispondenza (…). Lo portarono al Fascio che si trovava dove ora è il Banco di Napoli, e lo fecero svestire nudo (…). Così fecero un cerchio, lo misero in mezzo e cominciarono a bastonarlo, fino a che lo ridussero che non serviva più. Se ne venne in casa e da quel giorno non potè più alzarsi dal letto (…). Alle sue esegue parteciparono gli operai del Cantiere Coppola, del Cantiere Cattori, del Cantiere Navale e delle Ferriere del Vesuvio di Torre Annunziata. Dopo le esequie parecchi operai ebbero perquisizioni a casa…».53

Caduto il municipio rosso di Castellammare, seguì quello di Torre Annunziata, poi l’assalto e la distruzione dei circoli socialisti e comunisti, dei giornali d’opposizione, delle Camere del Lavoro, la fine della democrazia.

Si cominciò nel 1923 sopprimendo con un decreto legge, proposto dal Presidente del Consiglio, la Festa dei lavoratori del primo maggio, sostituendola con una più generica Festa del lavoro da celebrare il 21 aprile, in concomitanza del Natale di Roma, si continuò nel 1926 con l’abolire le elezioni amministrative per i comuni sotto i trentamila abitanti, sostituendo la figura del sindaco con quella del Podestà, nominato con decreto reale e il consiglio comunale con una consulta municipale, a sua volta nominata per un terzo dal Prefetto e per due terzi su designazione degli enti economici sindacali e associazioni locali.54

Pochi mesi dopo, il 3 settembre, un nuovo decreto estese a tutti i comuni il nuovo modo di governare gli enti locali.55

In questo modo decadde Lucio Garofalo, l’ultimo sindaco eletto democraticamente dagli elettori, per essere sostituito dal Podestà Filippo Girace.

In quegli stessi mesi del 1926, a seguito di un attentato fallito, subito da Mussolini il 31 ottobre, da parte del quindicenne Anteo Zamboni, ci fu la stretta finale contro ogni forma di opposizione con le leggi sulla difesa dello Stato: furono dichiarati decaduti tutti i deputati dell’opposizione e istituito il Tribunale Speciale per la Sicurezza dello Stato, la pena di morte e abolite tutte le pubblicazioni avverse al regime.

A Gragnano l’epurazione fascista non si fece attendere con diverse ammonizioni e assidui controlli, seppure nessuno fu condannato al confino politico, come invece accadde agli antifascisti di Castellammare e Torre Annunziata.56

Molti preferirono emigrare, fuggire all’estero dove erano ancora possibili margini di libertà. In Francia scappò il saldatore anarchico, Raffaele Ammendola mentre il tipografo comunista, Carlo Della Calce, il mugnaio socialista, Guido Augusto Esposito e l’anarchico negoziante di vino, Emilio Ruotolo, preferirono gli Stati Uniti, infine Luigi Vertolomo, un tipografo anarchico ed ex sacerdote preferì raggiungere l’America meridionale, mentre il vecchio anarchico Andrea Amodio, classe 1857 scappò in Brasile.

Tra quanti preferirono rimanere, chiudendosi nel privato della vita familiare, aderendo obtorto collo al fascismo, rimanendone ai margini, ma comunque sottoposti a sorveglianza, ricordiamo i comunisti Giuseppe Afeltra e Francesco Nicola Serrapica, i socialisti Fortunato Mariconda, Baldassare Scarfato, nato nel 1878, Presidente della Lega Pastai ed esponente di primo piano della Camera del Lavoro fin dal 1909, il ferroviere anarchico, Enrico Vicinanza (1875 – 1960) ed altri.57

Non mancarono donne, generose e passionali nel protestare nelle piazze contro la guerra e la mancanza di pane per evitare guai maggiori agli uomini. Ci fu chi, come Assunta D’Auria, trasferitosi giovanissima a Taranto, iscritta al Partito Comunista, affrontò i disagi della militanza clandestina, conoscendo il carcere, la stretta sorveglianza della polizia politica, i rigori del Tribunale Speciale. Con lei il compagno di vita e di fede politica, Edoardo Voccoli.

La stessa strada intrapresa ben presto da due dei suoi quattro figli, cui furono imposti i nomi di Ribelle Wsevodol, Libertà e Idea. Wsevodol morirà nelle carceri fasciste di Taranto, le stesse conosciute dal vecchio padre che vi trascorse dieci anni.58

Non mancarono i tradimenti, chi rinnegò apertamente le proprie idee aderendo con entusiasmo al regime, come il socialista rivoluzionario Vincenzo Inserra, antico esponente della lega mugnai, iscrivendosi al Pnf nel 1926 e divenendo fiduciario del sindacato trasporti di Gragnano. Tra quanti decisero di aderire con entusiasmo alle idee del nuovo regime ci fu Romeo Chierchia, detto Romolo, nato a Roma nel 1896 ma residente a Gragnano fin dall’infanzia. Pastaio, socialista, attivo militante della Camera del lavoro, successivamente avvicinatosi alle idee di Amedeo Bordiga passando al comunismo, con l’avvento di Mussolini, come tanti, dal 1923 cambiò idea fino ad essere nominato nel 1926 segretario del sindacato pastai la cui sede era la stessa dell’antica struttura sindacale socialista di via Pasquale Nastri.

Chierchia cadde in disgrazia nel febbraio 1928, a seguito del ritrovamento nella sede del sindacato fascista pastai di due effigi raffiguranti Carlo Marx e Francisco Ferrer (1859 – 1909), l’anarchico spagnolo fucilato dopo un processo farsa, nascosti dietro i quadri del Re e della Regina. Arrestato e processato fu assolto per non avere commesso il fatto perché fu riconosciuto vittima di una congiura da parte di un suo camerata, Ambrogio Colucci, che aspirava a prendere il suo posto.

Nonostante fosse stata provata la sua innocenza Chierchia fu esonerato dal suo incarico e adibito a rappresentante del locale patronato nazionale per il pagamento del sussidio agli operai disoccupati. Messo ai margini dal regime si impiegò presso un pastificio ma continuò ad essere sottoposto a controllo da parte della polizia politica, almeno fino al 1940.59

Fervente socialista rivoluzionario era stato anche Pasquale Stile (1892 – 1929), operaio dell’ex stabilimento Cattori di Castellammare, tra i più accesi sostenitori dell’idea che bisognava cambiare governo in Italia, lasciandosi trasportare dal mito della rivoluzione russa. Militante attivo della Camera del Lavoro e del Psi, nel 1920 fu tra gli oratori della ritrovata festa, dopo la pausa del periodo bellico, del primo maggio in Piazza Aubry, parlando di comunismo e di soviet. Nell’ottobre 1921 decise di partire per New York, ma se ne tornò nella natia Gragnano meno di un anno dopo, nell’agosto 1922, abbandonando completamente le idee socialiste, anzi

«essendosi accorto che ciò era contrario ai suoi interessi di operaio, ha rilasciato all’Arma dei RR. CC di Gragnano dichiarazione scritta dalla quale risulta che da due anni egli ha completamente abbandonato ogni idea socialista».60

Per fedeltà ai suoi ideali ci fu chi perse la vita come accadde a Francesco Buondonno, morto a seguito di un’aggressione subita da parte degli squadristi locali e per le purghe subite per non piegarsi al nuovo ordine imposto con la forza.

Almeno due furono le associazioni chiuse a Gragnano, l Circolo Italia e l’Unione Agricola Cattolica di Santa Maria la Carità.  Il primo fu fondato nell’ottobre 1924, con sede in viale Tommaso Sorrentino, un circolo creato

«al solo scopo di procurarsi un lecito svago dopo una giornata di intenso lavoro, tanto che esso restava aperto solo in poche ore della sera (…). Il circolo raccoglieva, e raccoglie, elementi di ordine e di ossequio alle istituzioni che ci governano e per statuto le sue porte sono aperte a tutti gli impiegati statali che per ragioni d’ufficio hanno qui residenza (…)».61

Primo firmatario dell’istanza era stato lo stesso Presidente del circolo, Antonio Di Nola, noto industriale, iscritto al Fascio, ma ogni protesta si rivelò inutile, infrangendosi contro le convinzioni del sottoprefetto di Castellammare di Stabia, Edoardo Carlo Belli (1879 – 1967). Assecondando il rapporto del commissario di pubblica sicurezza, per il sottoprefetto il circolo era un luogo in cui si manifestavano idee contrarie all’attuale regime e pertanto

«Considerando che tale stato di cose potrebbe dar luogo a gravi incidenti fra i soci stessi e provocare seri inconvenienti con grave perturbamento dell’ordine pubblico, ordina l’immediato scioglimento del Circolo Italia e la conseguente chiusura del locale».

Il decreto del 6 aprile 1926 non lasciava spazio e inutilmente i soci firmavano memoriali inviati al Ministro dell’Interno. L’Alto Commissariato per la provincia di Napoli, Michele Castelli, nel rendere conto dell’operato del sottoprefetto Belli, ne confermava l’ordinanza.62

Del circolo erano soci alcuni che poi ritroveremo anni dopo nella prima Giunta democratica nominata dal Comitato di Liberazione: l’insegnante Aristide Zara, il commerciante Sebastiano Di Nola e lo stesso, futuro, commissario prefettizio, poi sindaco, il mediatore Giuseppe Di Nola.

Nell’elenco troviamo anche il mediatore Mario Vicinanza, probabilmente il socialista che fu tra fondatori della prima sezione socialista nel 1913, poi passato al PCI nel secondo dopoguerra, come testimonia lo stesso Lizzadri nel suo diario pubblicato nel 1974, Il regno di Badoglio.

Stessa sorte toccava alla Società Cooperativa Unione Agricola Cattolica di Santa Maria la Carità, all’epoca frazione di Gragnano, costituitasi nel 1920. Il decreto di scioglimento, abolite le sottoprefetture nell’ottobre 1926, era firmato dallo stesso Alto Commissario Castelli in data 20 maggio 1927

«Ritenuto che (…) la predetta Associazione rappresenta un fomito di propaganda avversa al regime e determina la probabilità di reazione con pericolo di turbamento dell’ordine pubblico».63

Nel riferire al Ministro dell’Interno, l’Alto Commissario tenne a precisare che contrariamente a quanto si potrebbe desumersi dalla sua denominazione, l’associazione incriminata non era da considerarsi un’emanazione di organizzazioni cattoliche ma era stata costituita unicamente a scopo elettorale.

Il Fascismo pesò molto nella crisi dell’arte bianca, in particolare quando il regime impose l’autarchia, lanciando la battaglia del grano con il divieto di importarlo dall’estero, imponendo vincoli produttivi e rigida pianificazione delle ripartizioni del prezioso frumento.

L’insufficienza del grano duro comportò l’utilizzazione di quello tenero peggiorando la qualità della pasta, ma non salvò gli operai dalla disoccupazione sempre più dilagante.

Ad aggravare la situazione era la stessa politica del Ministero dell’Agricoltura teso a facilitare il mercato settentrionale a discapito della Campania e di Napoli in particolare, provocando la dura reazione dell’Unione Industriale provinciale.

Ancora in pieno regime Gragnano vantava la presenza di una sua Agenzia delle Imposte dirette ed Ufficio del registro, competente su una circoscrizione che comprendeva i comuni di Agerola, Lettere, Pimonte e Sant’Antonio Abate, ma fu soppressa nel 1937 perché ritenuta di scarsa importanza tributaria e ricompresa in quella di Castellammare di Stabia. Nel 1954 ci sarà una richiesta di ripristino tramite interpellanze parlamentari, ma sarà rigettata, perché

«Gragnano è ben collegata a mezzo ferrovia con Castellammare di Stabia, dalla quale dista soltanto tre chilometri (…) permangono i motivi che ne determinarono a suo tempo la soppressione».64

Infine arrivò la caduta del Duce, l’armistizio, l’arrivo in un giorno di fine settembre del 1943, della Quinta Armata americana, ovunque accolta con gioia dalle popolazioni in festa. Ma nei giorni precedenti non erano mancati momenti di forte tensione, di paura e il sangue si era ancora una volta versato con la strage avvenuta nel vicino borgo di Santa Maria la Carità, dove quattro innocenti furono massacrati senza pietà.

Nell’imminenza dell’arrivo delle truppe alleate, bloccate ad Agerola da un manipolo di tedeschi che resisteva all’avanzata nemica, il comandante germanico, per rappresaglia al saccheggio del deposito viveri presso il pastificio Garofalo, effettuato dalla popolazione affamata, aveva fatto minare i pastifici ed i ponti che da Agerola portavano a Gragnano.

Quando finalmente le Forze Alleate entrarono in città, ormai sgombra delle forze nemiche, la popolazione si rese ben presto conto delle nuove difficoltà imposte dall’Armata anglo americana.

I liberatori imposero da subito una sorta di occupazione della città, con la requisizione di numerose fabbriche, in particolare quelle metalmeccaniche e siderurgiche, a Torre Annunziata come nella più vicina Castellammare di Stabia, militarizzandole, mettendo alla loro testa ufficiali dell’esercito e facendo subire la stessa sorte perfino ad alcuni pastifici. Ricordiamo, per Gragnano, quelli di Raffaele Di Nola, Alfonso Garofalo, Andrea Mascolo, Gerardo Ruocco e Giovanni Vicinanza e bisognò attendere l’autunno del 1945 per vedere la derequisizione, restituendole pienamente ai legittimi proprietari.

Non fu sempre limpido il comportamento delle Forze alleate, spesso spadroneggiarono, furono arroganti e violenti e si macchiarono di molti atti criminali.

In un Convegno tenuto nel 2005 furono catalogati in tutta la Campania, tra il 1943 e il 1945, 119 omicidi, 56 violenze carnali, 90 quelle tentate.  I reati commessi da militari delle Forze Alleate, complessivamente denunciati furono 1803.

Tra i crimini più gravi è ricordato quello del 23 ottobre 1944, quando alcuni soldati australiani ubriachi raggiunsero la stazione di Gragnano mettendo in moto un treno che, in discesa, raggiunse velocissimo la stazione di Castellammare uccidendo sei militari italiani di guardia e ferendone altri quattro più due civili. Così come nella vicina Castellammare il 3 aprile 1944

«un marinaio americano ubriaco si congiungeva carnalmente sulla pubblica via mediante violenza con il ragazzo Francesco A., di anni 12 che finiva all’ospedale».65

E mentre nel Sud, con l’arrivo delle Forze Alleate, in qualche modo la vita ricominciava, nel Nord infuriava la lotta partigiana contro i fascisti della Repubblica di Salò, alleati delle truppe tedesche trasformatosi in occupanti. Inquadrati nelle diverse formazioni partigiane non mancarono coraggiosi antifascisti napoletani, pronti a prendere le armi e combattere contro il nuovo nemico.

Molti caddero combattendo, oppure fucilati, se fatti prigionieri, tra questi Matteo Scola, nato a Gragnano il 29 novembre 1916 e caduto a Saluzzo, in provincia di Cuneo, nei primi giorni di aprile del 1944. Partigiano della Brigata Garibaldi si era rifugiato con altri in una pineta, ma a seguito di un rastrellamento, fu catturato e fucilato, con altri 17 compagni e inermi cittadini. Non lontano cadeva, pochi giorni dopo, il 23 aprile, il 22enne Raffaele Accardi di Torre del Greco, della Brigata Val Varaita.66

Giovani di Gragnano cadevano anche nella difesa della Repubblica Sociale di Salò, così accadde al militare Giovanni Sicignano, nato il 9 dicembre 1918 e caduto il 16 aprile 1944, Michele Di Nola, sergente maggiore della Divisione San Marco, nato il 29 settembre 1917 e morto in Baviera il 10 dicembre 1943. 

 

 

Note

1 La prima parte di questo lavoro, Alle origini del Movimento Operaio di Gragnano, è stato pubblicato sul NMN  6 giugno scorso

2 Raffaele Scala, Alle origini del socialismo e della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia.

3  Raffaele Scala: Alle origini, cit.

4 Al Convegno del 22 febbraio tenuto nei locali della Camera del Lavoro di Sarno, erano presenti delegati di Torre Annunziata, Nocera Inferiore, Salerno, Caserta, Scafati e Sarno. Vi era inoltre la Lega Tessili di Napoli, mentre aderirono la Lega metallurgica di Penta e quella pastai e mugnai di Gragnano. Cfr. Avanti! 25 febbraio 1909: Costituzione di una Federazione proletaria Campano Sannita, di Felice Guadagno  

5 L’Emancipazione, Anno II, n. 21 del 19 giugno 1909: «Domenica scorsa vi fu un’Assemblea Generale di lavoratori e furono gettate le basi di una Camera del Lavoro della quale fanno parte per ora i pastai. Ad unanimità fu nominato segretario di detta Camera del Lavoro il nostro compagno Luigi Perillo (…). La Camera del Lavoro resta aperta tutti i giorni dalle 7,30 di sera». Articolo firmato da Liberus che firmerà anche i successivi articoli apparsi sul settimanale di Torre Annunziata.  

6 Verità, Organo socialista settimanale di Torre Annunziata, n. 51 del 7 maggio 1904: A Gragnano, antica rocca del krumiraggio

7 L’Emancipazione n. 24 del 10 luglio 1909, Crumiraggio sventato.

8 Al Convegno, tenutosi nei locali della Camera del Lavoro di Torre Annunziata, parteciparono le CdL di Salerno con sei leghe più due di Vietri sul Mare, di Caserta con una lega, di Gragnano più la lega pastai, di Scafati, di Torre Annunziata con sei leghe, più una Società di Mutuo Soccorso. Per Castellammare, priva di CdL, parteciparono la Cooperativa Metallurgica con Vito Lucatuorto, la Coop. Edilizia con Ernesto Aiello e la Coop. di credito con Gallo. Segretario della Federazione fu eletto Carlo Califano di Torre Annunziata Cfr. L’Emancipazione n° 25 del 17 luglio 1909, Per la federazione Campano Sannita.

9 Il Mattino del 28 luglio 1909: Per la crisi municipale a Gragnano. Ma per maggiori particolari cfr. L’Emancipazione dal n° 22 al 26 di giugno luglio 1909 e l’Avanti! dell’8, 16 e 28 luglio 1909.

10 Francesco Girace, La voce della campagna, 1905. Cfr, per un’eventuale lettura integrale dell’opuscolo, il volume sul trentennale dell’autonomia del comune, di Giuseppe Massa, Santa Maria la Carità, Nicola Longobardi Editore, 2008, pag. 147 – 156. 

A dimostrazione che le promesse elettorali dei politici di bassa lega sono sempre esistite e sempre esisteranno finché raccoglieranno consensi, 44 anni dopo questi fatti, nel 1949, le condizioni in cui versavano le strade di Santa Maria la Carità continuavano ad essere pietose, perfino quelle più importanti come via Petraro, strada di collegamento con la confinante Castellammare di Stabia, era di assoluta impraticabilità: «uomini, carri, bestiame, affondano nel fango della via quotidianamente e i viandanti che vogliono evitare la via crucis sono costretti a camminare in equilibrio, come gli acrobati del circo, su di un muretto sgangherato che fiancheggia la strada (…)», cfr. l’Unità del 27 febbraio 1949, art. Lavori pubblici, da Ottaviano a Scanzano e Santa Maria la Carità.

11 Il Mattino del 14/15 febbraio 1910, Cronachetta gragnanese 

12 L’Emancipazione n° 9, 5 marzo 1910, Lo sciopero di Gragnano.

13 Ibidem, cfr. anche l’Avanti! del 6 marzo, Le menzogne degli industriali di Gragnano.

14 Il Mattino del 3/4 agosto 1910, Elezioni del sindaco di Gragnano, art. di G.d.M Le elezioni amministrative per il rinnovo di un terzo del consiglio comunale si erano svolte la domenica del 1° luglio ed avevano visto vittoriosa la lista appoggiata dalla stessa amministrazione. Tra i più votati ci furono lo stesso Ciro Macario e il Presidente del Circolo Commerciale Francesco Paolo Di Nola. Cfr. Il Mattino del 4/5 luglio 1910: A Gragnano, art. di G.d.M

15 Il Mattino del 18/19 gennaio 1911, Il nuovo sottoprefetto, di Gaetano Celotto

16 Il Mattino 10 marzo 1910, Principio della fine, art. di G.D.M.

17 Avanti! 21 marzo 1910, La fine di uno sciopero, art. di Ignazio Esposito

18 La Propaganda n° 867 del 30 aprile 1910, 1° maggio

19 La Propaganda n° 868 del 7-8 maggio 1910, Da Gragnano

20 Marcella Marmo: Il Proletariato. cit., pag. 466-7 che lo trae da ACS. M.I., D.G.P.S., III 75, busta 19, Rapporti del Prefetto 1910-11

21 ACS CPC, Romano Beniamino, b. 4387. Nato a Torre Annunziata nel 1874, operaio mugnaio presso la ditta Scafa, il Romano guiderà anche la Camera del Lavoro di Castellammare, prima di ritornare definitivamente a Torre annunziata, dove farà parte dell’Ufficio Centrale della locale Camera del Lavoro. Dopo l’avvento del fascismo abbandonerà la politica trasferendosi nel 1934 a Viterbo con la famiglia. Non risulta aver aderito al fascismo, ancora vivente nel 1941. Non si hanno altre notizie.

22 Al convegno erano presenti la Borsa del Lavoro di Napoli, le Camere del Lavoro di Foggia, Caserta, Salerno, Santa Maria Capua Vetere, Nocera Superiore, Scafati, Torre Annunziata e di Gragnano; le leghe contadini, giardinieri e panettieri di Aversa, le leghe contadine di Lusciano, Caivano, Castelforte e Potenza e la lega mugnai di S. Giovanni a Teduccio. Si stabilì di tenere il II convegno a Bari nel 1911 ma la Federazione non avrà vita tanto lunga, fallendo quasi tutti gli obiettivi prefissi dal suo Comitato Esecutivo composto dal Segretario Nicola Fiore - accusato dai suoi compagni di aver dissipato in inutili viaggi i soldi dell’organizzazione -  Oreste Gentile e Tommaso Bruno. Cfr. i rapporti del Prefetto di Napoli al Ministro dell’Interno del 15 dicembre 1910 e del 16 dicembre 1911 in ACS. DGPS. GI. Associazioni, b.a., 128, f. 416

23 Avanti! 10 settembre 1912, Il Primo Convegno Meridionale tra i lavoratori dell’arte   bianca.

24 La Verità, giornale politico amministrativo di Castellammare di Stabia, anno IV, n. 28 del 7 ottobre 1911, Gragnano. Censimento. 

25 Scriveva il Prefetto al Ministro dell’Interno in data 14 luglio 1914: «La sezione socialista di Gragnano contava prima 40 soci, che sono ora ridotti a 16 per defezioni verificatosi in seguito alla nuova tendenza rivoluzionaria manifestatosi in seno all’associazione.  Cfr. ACS. DGPS.GI. Associazioni, b. 126, f. 416. Sulla linea rivoluzionaria assunta dalla sezione cfr. anche l’Avanti!  del 21 marzo 1914: Per il Congresso di Ancona. Il segretario della sezione socialista di Gragnano ci comunica che l’assemblea generale dei soci, riunita sabato 14 c., deliberò l’adesione al Congresso nazionale nominando a suo rappresentante il compagno Amedeo Bordiga. Circa la tattica si votò un Ordine del giorno per l’intransigenza assoluta nelle prossime elezioni amministrative».

26 Il Mattino del 17/18 settembre 1913, I nuovi edifici delle case operaie a Gragnano, art. di G. Marone.

27 Avanti! del 22 settembre 1913. Amedeo Bordiga e Ortensia De Meo si sposeranno pochi mesi dopo, il 9 gennaio 1914 e dalla loro unione nasceranno due figli, Alma e Oreste. Dopo la morte di Ortensia, avvenuta nel 1955, Bordiga sposerà nel 1965 la sorella minore di questa, Antonietta.

28 Salvatore Pirastu, L’Utopia dell’unità. Oreste Lizzadri. Ediesse 2006, pag. 19/20 

29 L’Avanti! Del 27 dicembre 1913, Sciopero di solidarietà: Alla fine del pubblico comizio tenuto nei saloni della Camera del Lavoro fu approvato il seguente Ordine del Giorno: «Gli operai di Gragnano, riunitosi in comizio, entusiasti della lotta svolta alla Camera dal Gruppo parlamentare socialista, contro tutte le frazioni della borghesia e tutte le camorre e le sopraffazioni che hanno sintesi nel nome di Giovanni Giolitti, inviano la più completa solidarietà e si dichiarano disposti ad affiancare con l’azione di classe la battaglia tanto bene intrapresa dai deputati socialisti, fanno voto che anche le sezioni della provincia, solidali con l’odierno movimento di protesta, indicano comizi per spiegare al proletariato l’alto significato morale dell’agitazione che ferve nel Paese». 

30 Avanti! 24 gennaio 1914 per un approfondimento dell’intera vertenza cfr. l’Avanti! del 27 dicembre 1913 e del 19, 24, 30 gennaio e 1° febbraio 1914.

31 Il Mattino del 2 dicembre 1911, art. Dopo le elezioni amministrative di Gragnano. Il duello Montefredini – Garofalo.

32 Michele Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli. La Nuova Italia, Firenze, 1971 pag. 241 e al cui capitolo si rinvia per approfondire i temi più generali dei riflessi della guerra europea sull’economia e sulla classe operaia napoletana. Il 28 giugno, in un attentato da parte di uno studente bosniaco, avevano perso la vita l’arciduca austriaco Francesco Ferdinando e la moglie, provocando la dichiarazione di guerra da parte dell’Austria nei confronti della Serbia; seguì la Germania il 1° agosto contro la Russia e il tre contro la Francia. Il 4 agosto toccò all’Inghilterra dichiarare guerra alla Germania dando così l’avvio al primo conflitto mondiale. L’Italia rimarrà neutrale il primo anno per poi partecipare con la dichiarazione di guerra del 24 maggio 1915 contro l’Austria.

33 Ibidem pag. 246. Sulla crisi del settore dell’arte bianca aggravata dal divieto d’esportazione, cfr. anche l’interessante intervista del Roma del 29 novembre 1914 al deputato repubblicano Rodolfo Rispoli, Per l’esportazione delle paste

34 Ibidem pag. 275 e ACS BUL, vol. XXIV, n° 2, 1915.

35 Il Mattino del 22/23 luglio 1914: Le punizioni ai ferrovieri. A seguito dei fatti di Ancona le Ferrovie dello Stato decisero di usare le maniere forti con 48 licenziamenti e 380 degradati effettuati in luglio. Cfr. per tutti il Roma del 21 e 22 luglio 1914, Il Mattino e l’Avanti! di quegli stessi giorni, con ampi resoconti sull’accaduto. 

36 Avanti!del 15 aprile 1915, Contro la guerra

37 Avanti!  24 aprile 1915, «Dimostrazioni a Gragnano. (…) E’ così sfatata ogni voce che la Camera del Lavoro di Gragnano era morta; essa è vivente e provvede a tutelare gli interessi dei lavoratori. Ma per ciò è necessario che tutti i lavoratori di Gragnano si organizzino. Le promesse sono state fatte: per domenica è stata indetta un’altra riunione allo scopo di vedere se si ha intenzione di mantenerle».

38 Avanti! 11 maggio 1915,Contro la guerra.

39 ACS CPC, Luigi Perillo, b. 3861. Nato a Napoli il 14 gennaio 1882, dal 1921 dimorò a Ottaviano e dopo l’avvento del fascismo visse in disagiate condizioni economiche dopo il nuovo licenziamento dalle Ferrovie avvenuto per eccessive assenze. Visse di una modesta pensione e di piccolo lavori contabili presso alcune ditte. Nel novembre 1942 fu radiato dallo schedario dei sovversivi.

40 ACS CPC, Fortunato Mariconda, b. 3062. Mariconda era nato a Gragnano il 25 maggio 1882, socialista rivoluzionario, fu segretario della sezione socialista. Dopo l’avvento del fascismo si dimostrò favorevole al fascismo iscrivendosi al Pnf nel 1926, dal quale fu espulso nel 1931 per morosità. Nel 1935 fu radiato dallo schedario dei sovversivi.

41 ACS, DGPS, Prefettura di Napoli: Unione Socialista Napoletana, rapporto del 27 marzo 1913 

42 Ibidem

43 ACS DGPS, Associazioni, b. 129

44 Raffaele Scala, Storia di un rivoluzionario. Antonio Cecchi, in Cultura & Società, n. 2, 2008, pag. 59 – 93. 

45 Il Mattino del 1 settembre 1915, Commemorazioni di eroi gragnanesi, di R. Caso

46 Scriveva Lenin il 27 settembre 1917: Siamo ora arrivati alla terza tappa, che può chiamarsi vigilia della rivoluzione. Gli arresti in massa dei capi del partito nella libera Italia e specialmente il principio delle insurrezioni militari in Germania sono i segni indiscutibili del grande rivolgimento, i segni della vigilia della rivoluzione su scala mondiale. Cfr. Vladimir Ilic Lenin, Sulmovimento operaio italiano, Editori Riuniti, 1980, pag. 109

47Il Soviet, anno I, n. 2 del 29 dicembre 1918, art. Da Gragnano, manifestazione socialista.

48 Il Soviet, n. 4 del 12 gennaio 1919, l’art. L’imponente manifestazione di Gragnano.

49 ACS, DGPS, Prefetto al Ministro dell’Interno, 8 ottobre 1920: Camera Confederale del Lavoro di Gragnano

50 Antonio Barone, Piazza Spartaco, Editori Riuniti, 1974, pag. 218.

51 Tra gli stabilimenti occupati si ricorda il Mulino Nastro e tra i dipendenti più accesi ci fu il mugnaio Francesco Nicola Serrapica, fervente socialista che all’indomani del conflitto mondiale, ritornando dal fronte, dopo un periodo di prigionia, partecipò a tutte le manifestazioni di carattere politico, inneggiando alla rivoluzione. Con l’avvento del regime non aderì al PNF ma s’iscrisse al sindacato corporativo dei Mugnai e Pastai, una scelta perseguita da molti antifascisti per gli spazi di libertà che consentiva. Cfr. ACS, CPC, Serrapica Francesco Nicola, busta 4769

52 In 18 anni di attività, Il Tribunale Speciale processerà 5.619 imputati, condannandone 4.596.  I campani saranno 729 cumulando condanne per 1095 anni di carcere, 10 mesi e 18 giorni. Il solo comitato provinciale di Napoli emetterà, dal 1926 al 1943 ben 402 condanne. Nell’area torrese stabiese si conteranno 33 confinati, uno di Boscoreale, Casola, Gragnano e Meta; 2 di Boscotrecase e Piano di Sorrento, 4 di Torre del Greco, 9 di Castellammare e 12 di Torre Annunziata. Cfr. Rosa Spadafora,  Il popolo al confino. La persecuzione fascista in Campania, Edizione Athena, 1989. 

53 Franco Ferrarotti, La piccola città, Editore Comunità, 1973

54 Il Mattino del 20 febbraio 1926, art. La legge sull’istituzione dei Podestà.

55 Il Mattino del 21 novembre 1926, art: L’istituto del Podestà esteso a tutti i comuni.

Il Reale decreto Legge fu pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 20 novembre 1926 e stabiliva che nei comuni superiori ai trentamila abitanti il Podestà era assistito da una Consulta municipale da un numero di componenti non inferiore a dieci e non superiore a 24. Il numero dei componenti era stabilito dal Prefetto su terne designate dalle associazioni sindacali comunali legalmente riconosciuti agli effetti della legge 3 aprile 1926.  

56 Il Mattino del 3 maggio 1929, in un suo articolo: Epurazione sociale. Trentanove ammoniti e tre confinati, indica Giovanni Cascone di Gragnano come assegnato al confino di polizia per due anni, ma di lui non abbiamo trovato traccia nel Casellario Politico Centrale. Rosa Spadafora nel suo, Il popolo al confino, cit. annota un solo gragnanese condannato al confino sui 729 registrati nel suo volume. Si tratta dell’operaio Domenico Elefante, nato a Gragnano il 17 giugno 1902, ma residente a Milano, apolitico. Fu arrestato il 27 ottobre 1942 per aver ascoltato e riferito ai suoi compagni di lavoro le notizie diffuse da Radio Londra. Fu condannato ad un anno di confino da scontare a Pisticci, in provincia di Teramo.   

57 Cfr. le biografie in appendice di Luigi Perillo, Fortunato Mariconda, Domenico Sacristano, Baldassarre Scarfato, Giuseppe Afeltra ed Enrico Vicinanza.

58 Assunta D’Auria era nata a Gragnano l’8 dicembre 1883, figlia di Luigi e Filomena Di Giovanni. Si trasferì giovanissima con la famiglia d’origine a Taranto, dove dispiegò la sua attività politica. Analfabeta, incapace di tenere conferenze ma comunque sottoposta a rigorosa vigilanza per la sua zelante attività antifascista nell’organizzazione comunista di cui faceva parte con il compagno che gli aveva dato quattro figli. Cfr. ACS, CPC, D’Auria Assunta, busta 1626

59 ACS CPC, Chierchia Romeo, b. 1299

60 ACS, CPC, Stile Pasquale, b. 4955

61 ACS MI AGR, Associazioni, Decreto scioglimento del circolo Italia, 6 aprile 1926, busta 133

62 ACS MI AGR, Associazioni, Scioglimento del Circolo Italia di Gragnano, 15 maggio 1926, busta 133

63 ACS MI AGR, Associazioni, Società Cooperativa Unione Agricola Cattolica di santa Maria la Carità, anno 1927, busta 133

64 Atti parlamentari, seduta del 30 novembre 1954, Interpellanza del deputato democristiano, Stefano Riccio, al Ministro delle Finanze per conoscere se intende ripristinare gli uffici finanziari a Gragnano. 65 Uccio De Santis, Violenze di militari alleati nei confronti di civili in Campania, Atti del Convegno di studi storici: Napoli nella seconda    Guerramondiale, 2005

66 Dal sito Lattanzi Giuseppe, Saetta, un giovane partigiano caduto in combattimento nell’agosto 1944

 

 

 

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