Delitti e condannati nel Regno di Napoli(1734-1862)
Quindi il testo ha il pregio di comunicarci tante vicende drammatiche e dolorose riguardo agli ultimi momenti di vita di 663 condannati sia per delitti comuni che per reati addebitabili al fatto di aver sognato un mondo migliore, i cosiddetti rei di Stato. Tanti stati d’animo diversi sono analizzati dall’autrice, momenti di profondo e sereno pentimento come altri drammatici di disperazione e di rifiuto del conforto, che gli scrivani della Compagnia dei Bianchi annotano con scrupolosità e di cui Antonella Orefice ci fa partecipe ed è ella stessa primariamente partecipe nel momento in cui si trova ad ordinare la documentazione. E’ la stessa studiosa a rivelare che non è stato facile per lei “ gestire quel dolore implacabile che si sprigionava da ogni pagina, ad ascoltarlo, a comprenderlo, e poi trasmetterlo ad un’epoca diversa”. Infatti il ben morire cristianamente non è da tutti i condannati accettato e in tale contesto emerge la figura del patriota Michele Morelli nel rifiutare i sacramenti, nel rivelare la sua” incredulità” che provoca sentimenti di autentico terrore nel Padre Governatore e in tutta la Compagnia, un documento completo, bello e nel contempo terribile che trasmette, comunque la si pensi, le emozioni dello scrivano. L’autrice ordina la documentazione, seguendo i vari momenti storici del Regno di Napoli dal 1734 al 1862, con l’intento di chi vuol comunicare l’opera "socio-spirituale" dei Bianchi della Giustizia nelle ventiquattro ore di Cappella. Non si può non accennare altresì alla grande novità storica del terribile” sorteggio” in base al quale trovavano la morte i soldati colpevoli di un “ reato imprecisato”, a cui presenziavano gli stessi Fratelli della Compagnia dei Bianchi. Ben 70 soldati furono condannati a morte secondo sorteggio soltanto durante il regno di Carlo III, sorteggi che " avvenivano a volte tra due soldati, poi uno su quattro, oppure uno su nove", come riportato nell'appendice documentaria, indipendentemente dal grado ricoperto e dall’entità del reato imprecisato di cui si era dichiarati colpevoli. Quindi alla dottoressa Antonella Orefice, come scrive nella parte finale della prefazione Monsignor Antonio Illibato, direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Napoli “ un cordiale plauso e l’augurio di portare presto a termine il disegno di completare l’opera”. |
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