Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

25 aprile: la storia di uomini liberi

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di Vittorio Cimiotta

(Presidente del Comitato di Roma della Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane (FIAP)

In questo giorno in cui celebriamo il 25 aprile, data a noi cara in quanto Festa della Liberazione dal nazifascismo, sentiamo il dovere di ricordare coloro che hanno lottato per questa causa. È  la storia di uomini liberi che per la nostra libertà hanno subito arresti, torture, esilio e morte.

Non potendo essere stato per ragioni anagrafiche  protagonista degli avvenimenti che hanno attraversato il novecento, ne sono stato, invece,  un testimone per esperienza vissuta.

Ricordo gli anni terribili della guerra e dell’occupazione nazifascista. Credetemi, è stato un periodo della storia terrificante.

Nella città di Roma si respirava un’aria di terrore e di paura. Le grida e i lamenti di dolore dei torturati dai tedeschi in via Tasso, attraversavano le mura delle celle ed entravano nelle abitazioni  e nelle coscienze.

I rastrellamenti erano sempre in agguato, quello del Quadraro e quello del ghetto di Trastevere sono stati tremendi. Infieriva la miseria. Mancavano la farina, il pane e i viveri di prima necessità. La fame era una compagna inseparabile. Sono ricordi che restano impressi nella memoria tutta la vita.  

Finalmente il 4 giugno 1944 avviene la Liberazione di Roma.  Con i miei compagni di scuola, accompagnato dai professori, ho avuto la fortuna di assistere a piazza del Popolo alla sfilata dei  liberatori con i loro mezzi militari e le jeep.

 

Ricordo quei soldati americani con le gambe  sopraelevate sul parabrezza delle loro jeep che masticavano chewing gum e che in segno di amicizia elargivano alla popolazione stecche di cioccolato e caramelle. Era uno spettacolo insolito, gradevole ed  entusiasmante.  

La gente nelle strade applaudiva i liberatori a piene mani e impazziva dalla gioia. Persone che non si conoscevano tra loro si abbracciavano. Circolava una profonda commozione!

Finalmente con il crollo dell’ignobile dittatura fascista si poteva parlare liberamente, si potevano esprimere le proprie idee senza il pericolo di essere arrestati. Era la conquista di un diritto inalienabile della democrazia e della civiltà. Era la fine di un incubo! Per i romani,quel giorno significava  la fine della guerra, dei rastrellamenti, delle stragi e delle deportazioni.

Alle nostre spalle restavano lutti, macerie morali e materiali e bisognava ricostruire tutto da capo. Dentro ognuno di noi, però, brillava una luce, era la luce della speranza di un mondo migliore, di un mondo di pace. Dopo la guerra voluta da due criminali dittatori, Hitler e Mussolini, costata oltre 50 milioni di morti, la pace era il sogno di tutti.

Nel 1942, nel culmine della guerra Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, dall’isola di Ventotene dove erano stati confinati dal fascismo, per garantire la pace futura, lanciavano il Manifesto degli Stati Uniti d’Europa.

L’Europa per secoli era stata martoriata da guerre fratricide, pertanto, solo la federazione degli Stati poteva garantire la pace.

Purtroppo, oggi, viene contestata l’unità europea, ignorando che questa istituzione ancora  in embrione e incompleta, ha garantito, per la prima volta nella storia, 70 anni di pace.

Sarebbe sufficiente solo questa garanzia in difesa  dell’Europa, tuttavia, voglio aggiungere che la comunità europea ha bisogno di una inversione di rotta nella politica economica, in quanto l’austerità finora perseguita non produce sviluppo e l’Europa per uscire dalla crisi economico-finanziaria ha bisogno di sviluppo. Questa Europa va riformata in conformità allo spirito del Manifesto di Ventotene.

Voglio concludere il mio intervento ricordando che la Liberazione è stata portatrice non solo della libertà, ma soprattutto  di un rinnovamento etico e morale. Oggi, questi  valori sono dimenticati, la speranza che animava il nostro dopoguerra sembra essere svanita.

Cosa è successo in questo paese?  Mi rifiuto di pensare che la causa dell’attuale disastro morale  sia attribuibile solo alla grave crisi economico-finanziaria mondiale. No! Il problema è più profondo.

Sono convinto che l’egoismo, la corruzione, il malcostume e la volgarità hanno cancellato la speranza di un paese migliore, hanno offuscato i valori per i quali hanno combattuto i nostri partigiani. In questa diseducazione morale e civile c’è tutta la tragedia dell’Italia odierna, lo sfacelo della società. 

A risolvere i problemi non servono i sermoni, non servono i populismi di qualsivoglia specie. Occorre tornare all’onestà e alla serietà della vita, occorre ripristinare l’etica della responsabilità. Per affrontare il futuro bisogna ripartire da quel  testamento morale lasciatoci in eredità dalla Resistenza. Solo con questo lievito può rinascere l’Italia che amiamo, l’Italia onesta, l’Italia della Resistenza.

W La Resistenza! W La Costituzione! W L’Italia democratica!

 

 

 

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