Il Miracolo di San Gennaro e la Repubblica Napoletana del 1799
Come ogni anno fin dal 1389, il 19 settembre, festività di San Gennaro, Patrono di Napoli, migliaia di devoti attendono la liquefazione del sangue del Vescovo di Napoli contenuto in due ampolle conservate nella cappella del Tesoro del Duomo partenopeo. Nel corso dei secoli i fedeli del Santo non hanno mai smesso di ritenere il prodigioso evento come un vero e proprio miracolo, un segno divino di buon auspicio per la città. Il ritardo nello scioglimento dei grumi di sangue nelle fiale, oppure, peggio ancora, l'assenza del miracolo, nonostante canti, preghiere e invocazioni, è sempre stato ritenuto un segno sfavorevole per Napoli e per i napoletani. Una vera disgrazia. Di tutto ciò alla fine del secolo XVIII era a conoscenza Donna Eleonora de Fonseca Pimentel che avrebbe voluto il verificarsi del miracolo proprio nei giorni della proclamazione della Repubblica Napoletana del 1799: per il popolino, che si ostinava a difendere la monarchia nonostante Ferdinando IV fosse fuggito in Sicilia, sarebbe stato un vero e proprio “segno del cielo” che avrebbe convinto ad accettare il nuovo governo dei repubblicani filo-francesi alle migliaia di “lazzari” che vi si opponevano anche con le armi. D’altronde, nessuno dei sovrani che avevano regnato a Napoli era stato così sprovveduto da non tener conto dello straordinario potere della devozione sangennariana. Molti di loro furono autenticamente legati al Santo, ritenendolo il miglior “alleato” nelle continue guerre e sommosse. In sostanza, dal XV secolo in poi, come scrive lo storico monsignor Luigi Petito, “non passò qualsiasi grande avvenimento in Napoli che non si concludesse con una visita alle reliquie di San Gennaro. Parlamenti, dichiarazioni di guerra e di pace, fastosi matrimoni di famiglie regali, incoronazioni, suppliche nelle calamità, giuramenti, Te Deum di ringraziamento per favori ottenuti: tutto si svolgeva sotto lo sguardo del Santo”. Per tale ragione, quando tra il 23 e il 26 gennaio il Vesuvio cominciò a fiammeggiare, con lievi lingue di fuoco e qualche scoppiettio, questo fu inteso dal popolo per un segnale positivo, come avrebbe commentato lo storico Pietro Colletta: “Il monte Vesuvio alzò placida fiamma come di festa, il quale spettacolo parve al volgo avvertimento celeste ed augurio di felicità”. Altri “avvertimenti celesti” di buon augurio per il governo repubblicano furono offerti da San Gennaro. Quando il 23 gennaio il Generale Jean Étienne Championnet entrò vittorioso a Napoli le bandiere francesi sventolavano ormai su tutte le fortezze e i lazzari avevano posto fine alla resistenza. Championnet ordinò al clero di aprire le chiese e di predicare pace e ordine e il giorno dopo, a testimonianza del rispetto dei vincitori per la religiosità popolare, si recò al Duomo, dove avvenne il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro. L’evento verificatosi in una data fuori da quelle canoniche, causò stupore nei presenti pur se alcuni non mancarono di commentare malignamente che il Generale lo aveva “comandato” Santo. In ogni caso l’operato di Championnet fu molto gradito anche da chi non condivideva le idee repubblicane: aveva permesso la libertà di religione e, anzi, favorito i culti popolari, vietando razzie e distruzioni delle immagini sacre. Tuttavia, a poco sarebbe servito il consenso popolare per il nuovo governo: in quei giorni, a Palermo, Ferdinando IV aveva già nominato Vicario il Cardinale Fabrizio Ruffo, affidandogli il compito di liberare le province del Regno invase dai francesi con l’esercito della Santa Fede sotto la protezione di Sant’Antonio da Padova, sostituendolo al popolarissimo San Gennaro ritenuto “reo di tradimento” per aver “favoreggiato” la Repubblica accordando il miracolo richiesto da Championnet.
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