Una ricerca di Benedetto Croce sul divorzio nel Regno di Napoli dal 1809 al 1815
Al tema del divorzio Benedetto Croce dedicò un prezioso, poco noto, scritto, dal titolo Il divorzio nelle province napoletane 1809-1815, apparso sulla rivista ‘La Scuola Positiva’. Anno I.,n.11-12, Napoli, 1891, pp.1-17 Dice Croce”Il divorzio fu in vigore nelle province napoletane non dieci anni, come si dice ordinariamente e inesattamente, ma circa sei anni e mezzo, cioè dal 1 gennaio 1809, quando entrò in vigore col Codice Napoleonico, al 13 giugno 1815, quando Ferdinando IV, appena tornato a Napoli, prima che si mettesse mano ai nuovi codici, si affrettò ad abolirlo con decreto speciale. Non è privo di interesse, ora che si è riaccesa ancora una volta la questione del divorzio, il sapere come fosse accolto allora presso di noi dall’opinione universale e in che misura praticato” (p.1). E Croce ricorda che la questione del divorzio era stata già posta nella seconda metà dell’Ottocento dal grande difensore dei diritti delle donne, il patriota e onorevole Salvatore Morelli, che fu boicottato nelle sue battaglie quasi da tutti, la cui personalità e la cui opera vanno, andranno costantemente rinnovate nella memoria collettiva, specialmente delle donne italiane, meridionali, napoletane. Il primo divorzio dei quali Croce trovò notizia tra le carte dello Stato Civile di Napoli fu per reciproco consenso.”I due coniugi erano un Pasquale Pauciello di anni 39 ed un’Angela Maria Francesca de Angelis di 44 anni, di condizione proprietari e domiciliati alla sezione Pendino. Si erano maritati il 19 dicembre 1792 e non avevano avuto figli.(p.6). Regolarono i termini del divorzio consensuale con atto del 1 agosto 1811: il domicilio per lei presso la casa della madre, Maria Salvia, e per gli alimenti la pensione di 3 ducati al mese. La sentenza si ebbe nel 1812. Questo fatto, questo primo divorzio, dato il peso millenario antropologico, sociale cattolico e la secolare legislazione monogamica, con le dure sanzioni giuridiche, sociali, religiose previste nei casi di infrazione, suscitarono sconcerto e isolamento attorno ai due coraggiosi coniugi.
Ma, come dice Croce, essi ”affrontarono impavidi i commenti e la meraviglia e lo scandalo dei parenti, della amici e della gente che li conosceva.”(p.8). Si ebbero solo rari casi di divorzio, essendo un istituto giuridico rivoluzionario, che rivela sia il peso di antimodernità del millenario tragico destino storico meridionale e italiano, sia la modernità dell’età napoleonica-murattiana (1806-1815), sempre più da rinnovare nella memoria collettiva (anche per continuare a celebrare il bicentenario) e da indagare, come ha fatto di recente con rigorosa, scientifica, preziosa biografia su Murat (Salerno Editrice, Roma, 2011, pp.420) la prof.ssa Renata De Lorenzo, docente di Storia del Risorgimento, direttrice del Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università ’Federico II’ di Napoli, direttrice della Società Napoletana di Storia Patria, che è stata anche promotrice e operosa animatrice del Comitato Nazionale sul Bicentenario.
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