Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

In nome di Masaniello Napoli premia la memoria dissacrata

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Che Napoli sia una citta pregna di contraddizioni, questo oramai è risaputo. Ma è ancora più triste  quando queste  contraddizioni diventano non solo assurdità, ma vanno ad offendere,  senza esclusione di colpi, sia la memoria storica di chi ha dato la vita per riscattarla dalla fanghiglia dei lazzari, sia il sentimento etico di chi, oggi, si ribella e prende le distanze da una sub cultura che cerca di imporsi a spintoni, reclutando adepti in quella plebe che ancora non riesce a trasformarsi in popolo.

Scriveva Benedetto Croce “Per quei vinti (i Patrioti del  1799) contro quei vincitori (i Borbone) c’è la ribellione del nostro sentimento etico, e la nostra condanna non è un postumo infierire, ma una di quelle colonne infami che la nostra civiltà deve innalzare. Il vincitore è un assassino. A Ferdinando IV di Borbone si è fatto forse troppo onore chiamandolo tiranno”. (B.Croce – La Rivoluzione Napoletana del 1799)

Quella “colonna infame” di cui parla il nostro storico, e che, anche per suo desiderio mai realizzato, andava eretta nella piazza del Mercato, oggi non solo la si è ancor più infamata, ma i tentativi di dissacrala hanno superato tutti i limiti dell’umana civiltà.

Piazza Mercato, luogo storico delle esecuzioni capitali, da Corradino di Svevia, Masaniello a gran parte dei Patrioti del 1799, luogo che una società civile avrebbe dovuto consacrare alla memoria delle vittime di sovrani dispotici, colpevoli ed uccisi per aver leso la maestà di un sovrano lazzaro ed assassino, oggi “per rivalutarla” la si rende teatro di esibizioni lazzaronesche, travestite da “premi culturali” conferiti a tuttologi populisti che, al di là di ogni umana vergogna, si ergono a detentori di verità storiche e si investono del potere di riscattare questa martoriata città,  impastando opportunisticamente quattro chiacchiere senza alcun fondamento.

Si conferiscono premi a “protagonisti napoletani che si sentono orgogliosi di esserlo” e  i lazzari acclamano, si esaltano con le canzonette del neomelodico di turno, gridano "Viva o’ re", battendo mani e piedi su quel suolo sacro, intriso del sangue di innocenti, i cui resti, da li a pochi metri, marciscono nel fango dei sacelli della chiesa del Carmine Maggiore. Nulla di più vergognoso!

Si premia gente che onora il tanto decantato e riabilitato regno borbonico nella stessa piazza dove il borbone fece giustiziare le sue vittime!

Mi chiedo quale sarebbe stata la reazione dell’opinione pubblica  se fosse stato conferito un premio ad un neonazista su un campo di sterminio!

Probabilmente trattandosi questa di storia più recente avrebbe riscosso un giusto e meritato sdegno. Per i patrioti del 1799 invece no, tutto questo non c’è, è storia passata, anzi, non è nemmeno “storia”, tantomeno deve essere ricordata.

Ed allora si può inferire sicuri di non essere contraddetti, perché NOI  ricercatori di quelle sacre e gloriose memorie, siamo in numero esiguo e ci stiamo estinguendo (come nel 1799). I lazzari prolificano. Napoli è la loro!

In effetti devono essere state queste presuntuose convinzioni ad aver indotto un noto “premiato” (ma noto giusto nei suoi ambienti, dove la sua “firma è una garanzia”) ad affermare in un’intervista rilasciata ad uno dei suoi tanti asserviti portavoce  (a proposito di Eleonora de Fonseca Pimentel):  “Con i suoi amici nobili giocò nel 1799 a fare la rivoluzione mentre continuava a trattare sprezzantemente i suoi domestici dando loro ordini in latino.”

Considerato che da un anno dirigo questo giornale che nel 1799 fu fondato con Carlo Lauberg da Eleonora de Fonseca Pimentel, e che da oltre un ventennio mi occupo di ricerche storiche relative al 1799, fatti e protagonisti, ed in special modo della Pimentel, vorrei tanto capire da quale fonte archivistica o bibliografica questo “premiatissimo e riconosciutissimo storico, fiore all’occhiello ed orgoglio dei napoletani sudditi del regno delle due Sicilie, abbia attinto una tale informazione.

E’ probabile che a me sia sfuggita, o il reimpasto della memoria a scopo denigratorio, abbia oggi assunto forme che calpestano “orgogliosamente” ogni etica professionale.

“L’etica”…. Un termine sconosciuto….

Certo è che se Napoli, quella Napoli pensa di riscattarsi con questi capi di brigata, ha ben poco da sperare, anzi.

Se oggi la città vanta il suo “orgoglio” premiando codesti grandi “esempi di cultura” sugli stessi luoghi in cui i loro amati sovrani hanno seminato sangue e morte, la speranza del riscatto è ben lontana e rende vicina un’idea di secessionismo, non solo infrangendo quell’Unità tanto discussa, ma mettendo la città totalmente in mano a coloro, che degni eredi del Borbone, l’anno resa un regno di camorristi, lazzari ed ignoranti.

Si violenta la cultura, si oscura la verità, il pensiero, quello raro e libero è strumentalizzato con ogni mezzo. Stanno divenendo i detentori di tutto, tra un po’ anche dell’aria.

Secessione? Credo sia già avvenuta, ma tra gli stessi napoletani.

A volte mi si chiede se sarà possibile una riconciliazione storica. Ma con chi? Il divario è insanabile. Eravamo distanti da loro nel 1799, lo siamo ancora di più ed “orgogliosamente” adesso.

Questa gente non ci appartiene e mai ci apparterrà. La Napoli “nobilissima” che finì sul patibolo di piazza Mercato nel 1799, è agli antipodi della Napoli “lazzara” che danza sul suo sangue, dilaniando ferocemente la loro memoria mossa dallo stesso spirito cannibale sprigionato nel 1799.

Noi non scendiamo a confronti con questi sedicenti detentori di verità assolute, difendiamo la nostra integrità morale, l’etica professionale di chi ha i meriti e non la presunzione di definirsi uno “storico”, ed ancor di più siamo orgogliosi di essere Cittadini di una Repubblica e sudditi di NESSUNO.

“La Repubblica Napoletana del 1799 valse a creare una tradizione rivoluzionaria. Essa mise a nudo le condizioni reali del paese, fece sorgere il bisogno di un movimento rivoluzionario fondato sull’unione delle classi colte di tutte le parti d’Italia, mentre spinse i Borbone ad appoggiarsi sempre più alla classe che li aveva meglio sostenuti: la plebe”. (cit. Benedetto Croce)

Masaniello: il suoi resti (parole incise sulla lapide nella chiesa del Carmine Maggiore) furono dispersi per ordine di Ferdinando IV nel 1799.

Oggi i neoborbonici, o ancor peggio "sudisti",  vengono premiati usando il suo nome nella piazza in cui fu ucciso…..  non aggiungo altro.........“ai posteri l’ardua sentenza”.

 

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