L'Europa tra Restaurazione e Rivoluzione (3)
La Rivoluzione europea del 1848 portò con sé tutte le premesse di una seconda Restaurazione. Le generazioni successive al 1848 non sono più legate ad astratti ideali tipici della Rivoluzione quarantottesca. Esse diventano concrete e positive. In Germania, in Italia e nell’Impero austriaco il sussulto delle nazionalità oppresse non si dispiega più in senso internazionalistico e solidaristico, esso diventa territoriale, statale, in certo senso, particolaristico, circostanziato e pronto a cogliere le peculiarità del processo storico, contingente e nazionale. Il movimento democratico e mazziniano con la seconda guerra d‘indipendenza trova un minimo di unità operativa con la dirigenza moderata e sabauda, abbandonando in gran parte le velleità internazionalistiche. Ma chi dà un’impronta determinante all’Europa della seconda metà dell’800 è Ottone di Bismarck. Anche per il cancelliere di ferro il ’48 è una data importante. La Rivoluzione democratica quarantottesca lo convince in modo forse definitivo della necessità di una politica ferocemente conservatrice. La costruzione del Reich tedesco è un capolavoro di politica realistica. Per Bismarck politica interna e politica estera corrispondono e devono corrispondere. Il nuovo Reich tedesco non può e non deve essere fondato sull’ apporto determinante delle forze liberali e democratiche. La Prussia, la monarchia militare e militaristica, gli Junker, proprietari terrieri nobili che formano il personale militare e burocratico della Prussia, la corte e il cancelliere “responsabile” sono i padroni e i fondatori del Reich risorto. Il Parlamento, le forze liberali e democratiche, l’opinione pubblica debbono essere dirette e incanalate dalla Realpolitik del cancelliere. Corrispondentemente in politica estera le uniche regole che valgono sono quelle che si fondano sulla forza e sull’interesse della Prussia e della sua classe dirigente. La guerra contro la Danimarca, la sconfitta dell’Impero austriaco e il suo ridimensionamento all’interno della Confederazione germanica e dell’Europa non sono altro che le prove generali dell’assalto bismarckiano all’Impero francese di Napoleone III. La guerra contro la Francia del Terzo Napoleone è una guerra a tutti gli effetti imperialistica. La Prussia bismarckiana si rivela una perfetta macchina di guerra. La Francia è schiacciata. Bismarck sulla disfatta e sulle ceneri della Francia distrutta innalza il Reich tedesco. Politica antidemocratica all’interno ed imperialismo militarista all’esterno coincidono. Marx nella tragica fine della Comune di Parigi scorgerà i primi sintomi di un internazionalismo capitalistico, autoritario e militaristico: Prussia bismarckiana e destra borghese e reazionaria francese si coalizzano in funzione anticomunarda e antiproletaria. Bismarck dà una mano ai suoi nemici francesi già sconfitti pur di stroncare la nascente forza internazionalistica e comunistica del proletariato parigino. La Repubblica francese , risorta dopo il disastro della guerra franco-prussiana , è abbastanza democratica e laica, ma al suo interno porta i segni della Realpolitik prussiana e bismarckiana. Le antiche idee di collaborazione franco-tedesca vengono definitivamente abbandonate. La Francia riscopre i sacri egoismi nazionali, ormai nazionalistici , dell’antico Regime. Intere generazioni francesi vivranno nell’attesa e nel mito della “Revanche” che condurrà alla inevitabile, da questo punto di vista, prima guerra mondiale. Francia e Germania continuano a preparare la guerra, l’Italia, dopo il disastro della guerra franco-prussiana, con la politica della Sinistra storica e Crispina, rincorre i modelli bismarckiani. L’autoritarismo crispino in politica interna ed estera è in parte notevole un portato della Realpolitik bismarckiana. La politica della forza e dell’interesse nazionale è il mito e la realtà dell’ultimo trentennio dell’800 e dei primi del ‘900. Un grosso contributo indiretto al consolidamento di tali prospettive ideologiche è dato dall’evoluzionismo darwiniano, dal positivismo e dal sociologismo. Scienza e sociologia ribadiscono la necessità “naturale” della lotta per l’esistenza. Soprattutto in Germania e in Italia la politica bismarckiana impedisce la formazione di una dirigenza politica, democratica. La monarchia, l’esecutivo e il primo ministro sono i protagonisti dell’azione politica. Il Parlamento viene quasi totalmente esautorato. In pratica l’entrata dell’Italia nel primo conflitto mondiale viene decisa dalla monarchia. La Repubblica di Weimar, dopo il crollo dell’Impero gugliemino , trova grossi limiti proprio nell’assenza di una dirigenza politica democratica risalente all’epoca bismarckiana. L’ipoteca del cancelliere di ferro si fa ancora più evidente nella politica anticattolica, antisocialistica e antiparlamentare. Certo , i cattolici del Centro, i socialdemocratici e le forze parlamentari liberali riescono a resistere, ma all’interno di un sistema che li tollera appena e alla prima occasione li fagociterà.
Bibliografia L’età della Restaurazione. Reazione e rivoluzione in Europa, 1814-1830 , di AA..VV.. – Loescher , Torino, 1980. Le rivoluzioni borghesi ( 1789-1848 ), di E. J. Hobsbawn – Laterza , Roma-Bari , 1991. Il 1848 in Germania e in Francia di K.Marx e F.Engels – Roma , 1948. Una rivoluzione fallita, di A. Tocqueville – Bari, 1939.
L'Europa tra Restaurazione e Rivoluzione (1) L'Europa tra Restaurazione e Rivoluzione (2)
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