L'Europa tra Restaurazione e Rivoluzione (1)
Il Congresso di Vienna del 1815 non è particolarmente punitivo nei confronti della grande sconfitta del momento, la Francia. Anzi l’abile diplomatico e ministro francese Talleyrand riesce, in qualche modo, ad imporre ad Austria, Inghilterra e Russia la formula del legittimismo, del ritorno all’antico Regime. In questo modo alla Francia viene restituita la legittima dinastia prenapoleonica e prerivoluzionaria. Ma il legittimismo non è altro che una facciata dietro cui si nascondono ben diversi indirizzi politici. La politica della Restaurazione, inaugurata a Vienna, è, in effetti, una politica di equilibrio di cui si avvantaggiano principalmente l’Inghilterra e l’Austria. L’Austria del principe di Metternich diviene il bastione continentale dell’Inghilterra commerciale, coloniale e in piena rivoluzione industriale e capitalistica. Metternich si serve, d’altra parte, della Santa Alleanza come di uno strumento di polizia al fine di stroncare eventuali sollevazioni rivoluzionarie; in effetti la Santa Alleanza, nelle mani di Metternich, diviene anche un utile strumento di controllo al fine di legittimare ingerenze austriache negli affari interni di altri Stati. Metternich è lo stratega della Restaurazone insieme agli Inglesi. I diplomatici di Vienna progettano e costruiscono un’Europa che assomiglia più a un freddo blocco monolitico del Settecento che a un “caldo” mosaico di nazioni quale è richiesto da quelle forze politiche “liberali”, costituzionaliste e romantiche, formatesi nella lotta antinapoleonica e antirazionalistica. Il Congresso di Vienna sembra inaugurare un periodo di tranquillità per l’Europa, ma non è così. In effetti la Restaurazione e la politica dell’equilibrio riportano sul trono dinastie monarchiche che accettano pure le realtà di fatto scaturite dalla Rivoluzione francese e dal sistema napoleonico: gran parte della borghesia rurale, commerciale, industriale, per esempio, della Francia è ammessa e tollerata nel sistema monarchico della Restaurazione, ma essa è schiacciata , in un certo senso, dal peso e dal potere di nuovo accordato ai ceti razionario-arisocratici. La carta “costituzionale” francese è una carta “graziosamente” concessa dall’alto dal sovrano ai suoi sudditi. Due concezioni entrano in contrasto nell’Europa della Restaurazione: quella dinastica e aristocratica, legata alla proprietà della terra, nel senso feudale e territoriale del termine, e quella, nata dalla rottura degli schemi astratti e, allo stesso tempo, repressivi della Rivoluzione francese e del sistema napoleonico, concezione romantica e nazionale, legata all’idea del popolo nella sua totalità, concezione democratica e borghese, posizione politica estensiva e non restrittiva. Dal punto di vista culturale il romanticismo diviene il punto di riferimento di una intera generazione rivoluzionaria. I patrioti tedeschi ed italiani sono i propugnatori di un romanticismo politico militante. L’idea democratico-borghese di nazione-popolo accomuna italiani e tedeschi. Il Congresso di Vienna comprime le nazionalità italiana e tedesca che scorgono proprio nell’unità e nell’indipendenza nazionale i punti di forza dei loro programmi politici. In Italia Mazzini elabora un programma politico molto più avanzato del settarismo societario di origine giacobina che ha ancora una concezione restrittiva e illuministica della lotta politica. L’apertura a nuovi ceti sociali, soprattutto piccolo-borghesi e la volontà insurrezionale dal basso, senza l’intervento dei vertici monarchici e diplomatici degli Stati italiani, sono le novità del programma mazziniano. Esse rompono con l’attendismo e la passività delle forze moderate e monarchiche. Nello stesso tempo nell’Europa restaurata avanza e sta per esplodere la Rivoluzione industriale che pone problemi completamente nuovi al nostro continente. La produzione industriale e capitalistica impone una rapida e radicale trasformazione della realtà sociale ed economica dell’Europa. L’industrializzazione rapida e selvaggia della Francia e di altri Paesi polarizza lo scontro sociale: da una parte un ristretto numero di capitalisti sempre più ricchi, dall’altra una massa umana che tende sempre di più alla proletarizzazione. È in questa Europa, sulla via dell’industrializzazione, che cominciano a profilarsi all’orizzonte richieste sociali sempre più radicali e confusamente antiborghesi. Il settarismo giacobino riemerge in forme nuove e con alleati nuovi nella metropoli industriale e operaia parigina. Lo spettro rosso comincia ad aggirarsi per l’Europa monarchica, reazionaria e clericale della Restaurazione. |
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