Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Gennaro Fermariello, Giustizia e Libertà a Napoli nel dopoguerra

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Uno dei sindaci più meritevoli di Napoli è stato l’avvocato Gennaro Fermariello (Napoli, 1883-1954) poco noto e presente nella memoria collettiva della città, perché la formazione politica di appartenenza, il Partito d’Azione “Giustizia e Libertà”, erede dei martiri Giovanni Amendola, Carlo e Nello Rosselli, pur avendo dato un contributo fondamentale per l’avvento della Repubblica e della Democrazia dopo il tragico ventennio fascismo, col ruolo enorme avuto nella Resistenza (si pensi al martire Duccio Galimberti), con la Presidenza del Consiglio di Ferruccio Parri (già uno dei capi della Resistenza, fatto cadere sciaguratamente nel novembre 1945 dai liberali di Croce, dai comunisti di Togliatti, dai socialisti di Nenni, dai democristiani di De Gasperi), con l’impegno appassionato per il referendum del 2 giugno 1946, non ha avuto la fortuna storica di sopravvivere (perché troppo moderno, laico e troppo nuovo, non legato all’Urss, al Vaticano, agli Usa) nel regime partitocratrico democristiano e socialcomunista, che ha egemonizzato fino ad oggi il sistema politico italiano.

Il Partito d’Azione Giustizia e Libertà ha operato sulla scena politica italiana dal 1942 al 1947, quando si sciolse.

 

Come si dice nel sito del Comune di Napoli “Nell'ottobre del 1943, dopo l'insurrezione popolare che portò alla liberazione della città dall'occupazione militare tedesca, a svolgere le funzioni di sindaco era il Commissario Straordinario, dott. Giuseppe Solimena, nominato nella carica il 5 agosto di quell'anno. Il 4 aprile 1944 un regio decreto legge stabilì che per lo stato di necessità "a causa di guerra" e "in attesa di poter indire le elezioni amministrative, occorre dettare norme transitorie per l'amministrazione dei Comuni e delle Province".

All'articolo 1, quindi, fu prescritto "Ogni Comune ha un sindaco ed una Giunta Municipale. Il sindaco e gli assessori municipali sono nominati dal Prefetto".

Dopo diciotto anni era cancellata la norma voluta dal regime fascista che poneva a capo delle amministrazioni comunali il Podestà, organo monocratico di designazione governativa.

Il 15 aprile del 1944 il Prefetto, Francesco Selvaggi, nominò il prof. Gustavo Ingrosso alla guida dell'amministrazione cittadina; naturalmente, con il beneplacito del Governo Militare Alleato. La cerimonia di insediamento si svolse in Palazzo San Giacomo alla presenza del Prefetto, del Commissario Straordinario uscente, dei rappresentanti delle forze armate Alleate, di funzionari e impiegati comunali.

L'atmosfera era quella delle grandi occasioni e dei discorsi di circostanza. L'intervento del comandante delle forze alleate in città, colonnello Charles Poletti, fu invece privo di fronzoli dialettici e andò subito al cuore del problema: "Io non ho pietà per gli incapaci e per i disonesti. Il benessere pubblico deve prevalere e una persona non competente e disonesta deve essere mandata via. Bisogna pulire la casa. Lei, Ingrosso, come nuovo sindaco avrà il maggiore Hutchinson al suo fianco, il quale le darà aiuto; ma lei è il sindaco e quanto più farà senza il nostro consiglio più contenti saremo".

Ingrosso, tra l'altro, affermò: "La presente cerimonia eccede la portata di una normale investitura di poteri. Essa rappresenta la chiusura definitiva di una triste parentesi della vita delle istituzioni libere della nostra città. La democrazia entra sovrana in questa casa comune dei cittadini napoletani, o meglio, vi ritorna dopo venti anni di esilio". Trent'anni più tardi l'evento fu ricordato con l'apposizione di una targa nell'androne di Palazzo San Giacomo.”

Il sito del Comune non indugia tuttavia (a testimoniare la forza della rimozione, fino alla falsità della voce di Wikipedia sui sindaci di Napoli, che lo assegna al Partito Comunista Italiano ) sul successivo sindaco Gennaro Fermariello (dopo un breve periodo commissariale), passando subito al sindaco scaturito dalle elezioni del 10 novembre 1946, il prof. avv. Giuseppe Buonocore, che ebbe 33 voti contro i 25 proprio di Gennaro Fermariello.

L’avvocato Gennaro Fermariello fu sindaco di Napoli dal’8 gennaio 1945 al 5 settembre 1946, quindi per ben 20 mesi, in uno dei momenti più drammatici della storia della città, che aveva subìto tanti bombardamenti e tante vittime (tutte da imputare al tragico fascismo, che aveva trascinato l’Italia nella guerra, a fianco poi del nazismo di Hitler e di Auschwitz, e che ha osato parlare e ancora osa parlare a Napoli).

Gennaro Fermariello era avvocato civilista, era stato interventista democratico durante la I guerra mondiale, dove fu ferito e decorato, ritornando come ufficiale tra i suoi fanti sul Carso.

Fu pertanto naturalmente presidente dell’associazione napoletana del Movimento Combattentistico. Fu oppositore del fascismo durante il ventennio, perciò fu nominato presidente del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di Napoli dal gennaio 1944 al 5 gennaio 1945, quando fu nominato, come si è detto, sindaco di Napoli.

Aveva aderito al Partito d’Azione, che aveva a Napoli grande forza e prestigio, avendo ad esso aderito ad es. Adolfo Omodeo, Guido De Ruggiero, le figlie di Croce, Francesco De Martino, Filippo Caracciolo, Pasquale Schiano, che era tra l’altro la personalità organizzativa più importante. Era il più importante partito politico di sinistra a Napoli, allora capitale politica dell’Italia liberata, con il PCI.

Dopo l’esperienza di sindaco, Fermariello si presentò come capolista del Blocco Democratico Popolare alle citate elezioni del 1946. Nel 1952 aderì al Partito Socialista Democratico Italiano.

A Gennaro Fermariello, alla sua gestione appassionata, rigorosa, onesta si deve la prima fondamentale ricostruzione di Napoli dopo la tragedia della II guerra mondiale e quindi va recuperato con gratitudine alla memoria nobile e onesta intellettualmente della città.

 

Alcune fonti: Antonio Alosco, Il Partito d’Azione nel Regno del Sud, prefazione di Francesco De Martino, Guida editore, 2002, pp.255; Claudio Ferri, Il sindaco di Napoli liberata, in Pasquale Schiano, La Resistenza nel Napoletano, C.E.S.P., Napoli, 1965, pp.185-189

 

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