Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Alcune note sui monasteri scomparsi agli Incurabili

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Una pagina poco nota di Storia Ospedaliera

Per chi si trova a passare per il Grande Ospedale degli Incurabili, opera di Carità voluta dalla nobildonna Catalana, la Venerabile Maria Lorenza Longo, a lato che guarda verso via Luciano Armanni, ex vico degli Incurabili, ci si imbatte in un percorso, ormai frantumato dagli eventi bellici e non solo.

Discendendo verso i decumani, dall’uscita nosocomiale, sulla destra, si passa davanti all’Istituto di Anatomia patologica con l’Aula Tecce, subito dopo, ci si incontra un deposito auto, e l’ingresso dell’ex refettorio del convento delle trentatré, una volta occupato dal consorzio antitubercolare.

La sensazione che ci si trova nel percorrere questa strada, è quella di un senso di sgomento  e di meraviglia allo stesso tempo: di sgomento, perché nel corso dei secoli c'è stato un progressivo depauperamento della zona, con una sorta di “imbarbarimento”; di meraviglia perché il luogo riporta ad un ambiente da cui si è potuto sviluppare un percorso di umanizzazione sanitaria, iniziato nella prima metà del cinquecento, che ancora oggi è presente.

Nel percorrere attualmente il cortile degli Incurabili, sul lato destro, andando verso via L. Armanni, sulle scale, alle spalle del pozzo dei “pazzi”, ci sono degli ambienti, alcuni adibiti al museo delle Arti Sanitarie, e  altri sono sede di un gruppo scout.

Queste strutture fanno parte del nucleo logistico, inerente il convento delle Pentite (dette anche Conventuali), acquistate, verosimilmente, nel 1534[1]

 

Tale struttura si va ad aggiungere ad acquisti precedenti, fra cui ricordiamo, quella della casa, sita nel Vico detto dei Cornajoli, del  23 febbraio del 1526 [2] e quella del 19 aprile dello stesso anno, per costruire una chiesa [3]. Quest’ ultima nel periodo del Chiarini apparteneva ad una Congregazione sotto il titolo di S. Maria delle Grazie, trasportata qui da S. Nicola alla Carità.[4]

 

Il Chiarini riporta che sull’altare maggiore era allocata una tela, di Paolo de Matteis,  di figura ovale raffigurante la Vergine che dà il titolo della congregazione.[5]

Tale convento fondato nel 1537, detto anche della Monaca di Legno[6],  è stato utilizzato, come tale, fino al 1813, allorquando un editto murattiano ha soppresso i monasteri. Secondo il Chiarini [7], è stato usato sia come sala di ricezione per gli infermi, sia come  reparto di tisici.

 

La chiesa è andata completamente distrutta. Tuttavia, alcune sostruzioni, che sono presenti all’interno della struttura museale, fanno ipotizzare un percorso pedonale interno che metteva in comunicazione la struttura ospedaliera con la chiesa e convento.

Accanto a tale struttura conventuale era presente un’ altra, fondata nel 1587; ossia: il monastero delle Riformate, anch’esso con una chiesa annessa. Tuttavia nel 1856[8] , tale struttura era già in rovina;  presentava solo la ruota ed un cortile, in cui adibito a deposito di legnami, oggi è in pratica un garage .

Ognuno dei due  monasteri aveva dei regolamenti diversi e si ispiravano alla regola  di S. Francesco . Ricevevano, generalmente,  le “pubbliche meretrici”, le quali esercitavano, all’interno dell’Ospedale, attività infermieristica e di supporto morale agl’infermi.

In pratica, a mio avviso, i due monasteri vanno considerati come un unicum di espiazione catartica spirituale in cui si accedeva attraverso un “Purgatorio”, probabilmente i locali attigui al museo. Da questo luogo le professe erano poi condotte all’interno del monastero, con un velo scuro sul volto[9], per poi raggiungere un livello più Nobile indirizzato verso l’Altissimo, nel convento delle trentatré ancora oggi esistente(http://www.cappuccine33.it).

 

Note

[1] S. Ravicini, Sulla Universalità dell’ Opera Ospedaliera della Santa casa degli Incurabili, Napoli 1899, pag. 318. A' 24 febbraio 1534 l'Ospedale compra del nobile Aurelio Perrone di Napoli certe case, con giardino, site nella Piazza di S " Maria del Popolo”, giusta li beni di quelli; di Standardo, li beni di detto Ospedale, quelli di M.ro Daniele Califano, via pubblica, e vicinale. per ducati 580. cioè du-cati 280, dati elemosinaliter dalla duchessa di Termoli, ed il dippiù con danari dell'Ospedale; foglio 53; a tergo. In dette case sta edificato il Monastero delle Convenire.

[2] S. Ravicini, Sulla Universalità dell’ Opera Ospedaliera della Santa casa degli Incurabili, Napoli 1899, pag. 315.

[3] S. Ravicini, op. cit. pag. 315. A' 19 aprile 1526, l'Ospedale compra da M.ro Cristofaro Coppola chirurgo, da Flora de Lisa Spatarella sua moglie, e da Minichello Picciolo suo genero, e da Giulia Coppola di Napoli, moglie di esso Minichello, e figlia di detto M.ro Cristofaro una casa in più e diversi mèmbri con orticello, e corticella comunale sita nella piazza della Porta di S. Gennaro, nel vicolo detto delli Cornajoli del Seggio della montagna, giusta li beni di detto Ospedale circum circa e la via pubblica, data in dote da detto M.ro Cristofaro e Flora de Lisa a detta Giulia loro figlia , nella quale casa essi M.ro Cristofaro e Flora si riserbarono l'abitazione, loro vita durante, per ducati 300, per quanto fu apprezzata, col peso d'annue gran 20 al Rettore della Cappèlla di 8.° Maria a Tranquilla; foglio 23. In detta casa sta costruita la nuova chiesa.

[4] Altri acquisti furono effettuati il 20 agosto 1531 e 18 dicembre 1533

[5] Celano, commentato da Chianini, Volume II, Tomo II  II giornata, Napoli, 1856, pag. 716

[6] La tradizione vuole che una monaca fosse diventata di legno, nel tentativo di scappare

[7] Celano, commentato da Chianini, Volume II, Tomo II  II giornata, Napoli, 1856, pag. 716. …che a dritta della porta dell’ Ospedale verso mezzodi’  immediatamente si incontra quella della sala della ricezione degl’infermi, ed una piccola chiesa contigua che anticamente era un monastero  di Suore Conventuali postovi fin dal tempo della fondazione dell’Ospedale medesimo, ed era volgarmente denominato la Monaca di Legno, per tradizione che una di esse avendo tentato di uscirne , era restata immobile quasi fosse di legno, sì che non potette metter piede oltre la soglia. Le suore qui rinchiuse avean cura  delle donne inferme e delle matte dell’ Ospedale, ed erano pentite che si ritiravano dalle sozzure del mondo. Ora il Monastero fa parte dell’ Ospedale e contiene la sezione per le malattie di tisi. La Chiesa rimasta buon tempo senza culto, è ora Congragazione sotto il titolo di S. Maria  delle Grazie, quivi trasportata da San Nicola alla Carità. […]. A pochi passi di distanza è la Congregazione di San Camillo, anticamente detta chiesa della Riforma, Ritiro delle medesime Pentite che amavano vivere sotto la regola più ristretta e poscia passarono al monastero della Consolazione.

[8] Celano, commentato da Chianini, Volume II, Tomo II  II giornata, Napoli, 1856, pag. 717

[9] Magnati, Teatro della Carità… Libro IV, cap. VIII, C.250, Venezia 1727.

 

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