Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Quel comunista di Eduardo: tenetelo d’occhio

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Napoli, seconda metà degli anni Cinquanta. Il 1956 è stato un annus horribilis per il Pci: prima le denunce di Krusciov al XX congresso del Pcus contro i crimini di Stalin, quindi i carri armati sovietici a Budapest per soffocare la rivolta degli ungheresi. Molti intellettuali hanno abbandonato il partito, da Italo Calvino a Natalino Sapegno, fino ad Antonio Ghirelli ed Elio Vittorini. L’obiettivo di Botteghe Oscure è quello di allontanare la memoria dei fatti di Ungheria, anche attraverso l’Associazione Italia-Urss, che si pone l’obiettivo di «creare proseliti per il Pci negli ambienti intellettuali». Per acquistare nuovi consensi cosa può avere più appeal della nomina alla presidenza della struttura napoletana di uno degli intellettuali più noti e prestigiosi della Penisola, Eduardo De Filippo?

E’ uno dei capitoli più interessanti del libro di Mirella Serri in Sorvegliati speciali. Gli intellettuali spiati dai gendarmi (1945-1980), uscito in questi giorni da Longanesi (pp. 279, euro 18), che attraverso i rapporti riservati della polizia e dei carabinieri ricostruisce la rete di relazioni tra artisti, scrittori, uomini di spettacolo e le principali forze di opposizione (Psi e Pci), dagli anni della guerra fredda fino all’epoca del terrorismo.

 

L’approdo di Eduardo nel Pci in mesi assai delicati fu un’ancora di salvataggio per Botteghe Oscure: il famoso uomo di teatro sarà infatti molto presente nelle attività dell’Associazione Italia-Urss fino agli anni Settanta, con l’incarico di seguire la sezione teatro, mentre Cesare Zavattini era responsabile del cinema, Claudio Abbado della musica, Renato Guttuso delle arti figurative, Carlo Levi della letteratura.

Ma i gendarmi dei governi a guida democristiana, che seguivano da sempre De Filippo con particolare assiduità e attenzione (come registra un’informativa del 1953), rimasero stupiti del suo cambiamento di rotta e di trovarlo così vicino alla sinistra, addirittura «organico». Dal momento che «non si è mai interessato di politica. Conservatore e liberale di tendenza, tollerante e moderato di carattere»

 

Eppure il passato antifascista di Eduardo era ben noto ai questurini. Sorvegliato speciale negli anni in camicia nera, aveva messo in circolazione parecchie barzellette per mettere alla berlina Mussolini, come registrarono le carte poliziesche: «Roma, 3 marzo 1939 – Posso assicurare che i noti attori Eduardo e Peppino De Filippo, continuamente, e in presenza di molte persone, mettono in giro delle barzellette che suonano di offesa al Capo del Governo e al Fascismo». Si trattava di freddure del tipo: «Fede, speranza e carità: la fede l’abbiamo data, la speranza l’abbiamo avuta, la carità la chiederemo tutta». Eduardo era accusato anche di aver criticato le leggi razziali e di aver malignato sull’oro offerto alla Patria: «è tutta roba falsa! Chi è così c[...]one da regalare dell’oro buono!».

Caduto il fascismo, però, Eduardo era stato prudente nelle dichiarazioni di appartenenza politica. E allora, si chiedevano i solerti funzionari, come mai offriva la sua disponibilità ai compagni? «La partecipazione del De Filippo», concluse l’osservatore, «deve essere frutto di un deplorevole opportunismo e, forse, di dispetto verso gli organi governativi e gli ambienti ufficiali dello spettacolo». Il dispetto, adombra il rapporto, forse nasceva dal fatto che proprio all’inizio degli anni Cinquanta il governo aveva bocciato due suoi progetti cinematografici, tra cui uno con Totò, tratto dalla commedia La paura numero uno, dedicato alla terza guerra mondiale.

Ebbe buon gioco Antonello Trombadori – che seguiva, per conto della direzione comunista gli artisti più importanti – a convincerlo a guardare a sinistra. Trombadori aveva già usato le sue armi di persuasione su Luchino Visconti, e corteggiò anche Eduardo (a cui – va ricodato - non sarà concesso nel 1956 il visto per andare negli Stati Uniti). Il grande commediografo, l’anno dopo la sua elezione alla presidenza di Italia-Urss, si recherà in trionfale tournée a Mosca con Filumena Marturano e Le bugie con le gambe lunghe (vi tornerà con successo nel 1962). Nel programma di sala sarà presentato con toni entusiastici e come «uno scrittore progressista, severamente attaccato dalle autorità e dai reazionari».

Eduardo non fu il solo intellettuale spiato dal buco della serratura. Dal saggio della Serri emerge che per decenni i governi a guida democristiana - con un uso quanto meno improprio delle forze della polizia – controllarono le più note teste d’uovo della sinistra, dalla A di Alberto Asor Rosa alla Z di Cesare Zavattini, compresi quelli emergenti, come i giovani Gad Lerner, Giangiacomo Feltrinelli, Marco Bellocchio e Paolo Liguori, registrandone incontri, amanti, pregi e vizi. Una vicenda incredibile che richiama alla lontana la Germania dell’Est del film La vita degli altri.

(Da Il Mattino, 28 febbraio 2012)

 

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