Salviamo la nostra storia. Il palazzo Carafa di Mariglianella rischia di essere abbattuto.

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Palazzo Carafa è un monumento antico del centro storico di Mariglianella. Il sito è agli onori della cronaca dagli anni 90 quando un gruppo di speculatori volevano vendere l'edificio ad una ditta immobiliare che fa ristrutturazioni. Da anni si sta tentando di valorizzare l'unico sito storico - archeologico del paese e la stanno tentanto in tutte le maniere. Già il luogo è soggetto ad un fortissimo abusivismo. Di recente si è deciso di chiedere se possiede o no il vincolo monumentale. Secondo i proprietari, infatti, se l'immobile non è vincolato allora può essere abbattuto. Assurdità estrema, perché il palazzo è comunque antico e non si può abbattere! In questi giorni stanno facendo manovre per fare l'ennesima richiesta di vendita ed eventuale abbattimento.

Oggi questo complesso monumentale è denominato “Palazzo Carafa della Stadera”, dal nome del Conte Fabrizio Carafa che aveva acquistato il feudo e la fortezza di Mariglianella da Donna Coletta Origlia. Il Conte Carafa aveva messo mano su strutture precedenti, demolendole parzialmente e riadattandole con ampliamenti e abbellimenti tipici di una dimora baronale dell’epoca. All’interno vi erano sale di rappresentanza, decorazioni, affreschi, che ospitarono anche diversi intellettuali come il compositore e poeta Giovanni Domenico da Nola (circa 1510-1592, fondatore dell’Accademia dei Sereni, compose 31 villanelle e 11 mascherate con arrangiamenti musicali di Hubert Waelrant, Adrian Willaert, Baldassarre Donato, Perissone Cambio e Antonio Scandello) e Luigi Tansillo (1510-1568, nel 1540 entrò a far parte dell’Accademia degli Umidi, di genere georgico-didascalico).

 


Nel 1583, su interessamento di Carlo Carafa, venerabile e fondatore della Congregazione dei Pii Operai, si iniziò l’ampliamento della fortezza e si aggiunse una Cappella intitolata a San Caulonio (uno dei martiri ritrovati da S. Felice quando si stabilì a Cimitile), che dal XVIII fu restaurata prendendo il titolo di “Santa Maria della Sanità”. Il “castello” era diventato davvero imponente, tanto che gli eredi del venerabile Carafa furono costretti, dopo numerose vertenze, a cedere all’Ordine dei Domenicani l’immobile con tutti i suoi beni. I Domenicani però vi restarono sino al 1652, quando il pontefice Innocenzo X ordinò loro di abbandonarlo.


Il complesso più antico e ben visibile è quello situato in una traversa di via Marconi ed ha un fronte di attacco di 37,8 metri, coperto da un edificio moderno e altri elementi giustapposti che ne coprono l’insieme permettendo la visualizzazione del solo ingresso principale. Qui è solo visibile il corpo di fabbrica laterale con l’ingresso principale ricavato nel corpo di fabbrica che si unisce all’originaria chiesa e all’antica torre laterale del palazzo.


Dal cortile, dopo aver superato il corridoio che immette nell’arco di ingresso, e dopo aver superato un enorme deposito sotterraneo che conduce alla via Marconi, ci si immette nel cortile stretto e rettangolare.
Le tecniche costruttive si possono riassumere, allo stato attuale delle ricerche, in una tecnica mista. Il pietrame utilizzato è costituito da clasti isodiametrali, a volte arrotondati, rinvenibili soprattutto lungo gli argini dei Regi Lagni e dei vecchi corsi d’acqua che caratterizzavano il territorio di Mariglianella, specialmente sui versanti orientali ed occidentali dell’abitato, che hanno intaccato terreni pliocenici.


Il primo livello del Palazzo è costituito da un corpo di fabbrica rettangolare, perpendicolare alla via Marconi, a cui si aggiunge il nucleo principale del Convento vero e proprio. Il primo edificio è costituito dall’ingresso alle cantine e da una serie di mensole su cui poggia un moderno balcone in cemento armato. Al Primo livello si riferiscono anche diversi ingressi contrapposti situati sotto l’arco di accesso. Il primo, posto a ovest, presenta due gradini posticci mentre il secondo ha anche un piccolo “scivolo” per il parcheggio di motociclette. Entrambi gli ingressi erano forse il luogo dove erano situati i custodi delle centine e del Monastero e si presentano con piedritti e architrave modanati da una fascia centrale realizzata con scalpello e subbia. Essi creano una decorazione tipica delle dimore gentilizie del Tardo Cinquecento. La loro presenza sta ad indicare che il corpo di fabbrica del Convento è da considerare come un unico periodo costruttivo a cui si associano alcune superfetazioni dovute ad un miglioramento.

 

 


 

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