I grandi interrogativi della fisica quantistica
Abbiamo dunque lo strano caso di una delle due teorie scientifiche odierne di maggior successo – l’altra è ovviamente la relatività di Einstein – che risulta di difficile spiegazione, anche da parte degli scienziati che l’hanno formulata e tuttora continuano a usarla. Un aspetto della meccanica quantistica che fa disperare più o meno tutti è la sua assoluta contro-intuitività. Non c’è verso di gettare dei ponti tra essa e il senso comune, vale a dire la visione del mondo che gli esseri umani condividono, almeno nei suoi tratti più generali, per il fatto di essere dotati di un certo apparato percettivo e sensoriale condiviso. Quando si entra nella dimensione dei quanti si ha la sensazione di accedere a un mondo simile a quello di “Alice nel paese delle meraviglie”, ma ancora più strano e indecifrabile. Il lettore comune non deve quindi stupirsi se non capisce ciò che legge, visto che gli stessi scienziati spesso non riescono a fornire spiegazioni plausibili dei fenomeni che osservano. Che cosa salva, dunque, una teoria così strana? Il fatto che “funziona”, e anche piuttosto bene. Non sappiamo spiegare in maniera soddisfacente perché sia così, ma questo agli scienziati poco importa. Intanto accontentiamoci dei risultati pratici conseguiti, e le spiegazioni prima o poi arriveranno. Alcuni anni orsono il premio Nobel per la fisica fu assegnato proprio a due fisici quantistici. Il primo è il francese Serge Haroche, che lavora al Collège de France e alla École Normale Supérieure di Parigi. Il secondo è l’americano David Wineland, ricercatore preso il National Institute of Standards and Technology e alla University of Colorado di Boulder. Entrambi esperti di ottica quantististica, i due scienziati hanno raggiunto il medesimo risultato in modo del tutto indipendente l’uno dall’altro. Hanno infatti risolto uno dei più celebri paradossi della teoria dei quanti, e il lettore si stupirà certamente nell’apprendere che tale soluzione riguarda un “esperimento mentale”. Sembra roba da filosofi, e invece no. Pure nella scienza, infatti, gli esperimenti mentali svolgono un grande ruolo. Il paradosso di cui si diceva è quello – celeberrimo – del “gatto di Schrodinger”, proposto nel 1935 dal fisico e matematico austriaco Erwin Schrodinger (1887-1961), e rimasto in precedenza senza soluzione. La meccanica dei quanti è piuttosto bizzarra, e governa il mondo delle particelle microscopiche: atomi, elettroni, fotoni etc. Tale mondo è del tutto diverso da quello che vediamo con i nostri occhi e percepiamo con i nostri sensi. E quando dico “diverso” uso il termine nel suo significato letterale. Non si possono, per esempio, descrivere gli oggetti con precisione, e le conseguenze sono paradossali. Una particella può trovarsi contemporaneamente in più posti e un elettrone può superare barriere invalicabili. Si noti tuttavia che questi strani fenomeni si trovano solo nel mondo dell’infinitamente piccolo, e gli esseri umani non sono in grado di percepire alcunché di simile nella realtà di tutti i giorni. La novità introdotta da Schrodinger con il suo paradosso è proprio l’estensione delle stranezze quantistiche al campo dell’esperienza quotidiana. Il gatto in oggetto è “quantistico” e viene posto in una camera d’acciaio con un contatore Geiger. Il contatore a sua volta contiene una piccola quantità di sostanza radioattiva. Forse nell’arco di un’ora uno degli atomi decadrà, ma è egualmente probabile che nessun atomo subisca tale processo nello stesso intervallo di tempo. Il contatore produce una scarica e, mediante un relay, libera un martello che rompe un recipiente di vetro con dell’acido prussico. “Se l’intero sistema – afferma Schrodinger – è rimasto isolato per un’ora, si può dire che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo ha subito un processo di decadimento. Il primo decadimento l’avrebbe avvelenato. La funzione d’onda del sistema completo esprimerà questo fatto per mezzo della combinazione di due termini che si riferiscono al gatto vivo o al gatto morto, due situazioni mescolate in parti uguali”. Si noti che, con questo meccanismo, l’ambiguità tipica del mondo microscopico viene per l’appunto estesa a quello quotidiano. La sorte dell’atomo è legata a quella del gatto e siamo costretti a utilizzare la teoria quantistica anche nel nostro mondo “normale”. Fino a quando non si apre la camera d’acciaio effettuando la misura, il gatto non è vivo né morto. Si trova, per così dire, in una mescolanza di stati e può solo essere descritto mediante una funzione d’onda, che è un mix dei due stati “gatto-vivo” e “gatto-morto”. Naturalmente tutti coloro che amano i felini – tra i quali va annoverato chi scrive – non devono affatto preoccuparsi. Si sta infatti parlando di un esperimento mentale, il che significa che il gatto di Schrodinger è virtuale e non comparabile al micio di casa (o a quelli di strada, spesso bellissimi). Serge Haroche e David Wineland hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica per aver scoperto che Schrodinger aveva torto. Hanno “intrappolato” il gatto facendolo vedere mentre è, al contempo, vivo e morto. Sembra quindi arrivato il momento in cui gli scienziati possono osservare una particella isolata senza modificare la sua natura quantistica, e si tratta di una grande svolta. Tale risultato conferma che la meccanica quantistica è tremendamente problematica dal punto di vista filosofico, ma anche assai precisa sul piano scientifico con implicazioni di grande portata. La commissione che ha assegnato il premio ai due studiosi ha infatti citato la possibilità di realizzare orologi ultra precisi e, soprattutto, computer quantistici dotati di una potenza di calcolo e di una sicurezza oggi inimmaginabili. Concludo con una citazione tratta dal celebre libro “Fisica e filosofia” di Werner Heisenberg, uno dei padri fondatori della fisica dei quanti: “La scienza naturale non descrive e spiega semplicemente la natura; descrive la natura in rapporto ai sistemi usati da noi per interrogarla. È qualcosa, questo, cui Descartes poteva non aver pensato, ma che rende impossibile una netta separazione fra il mondo e l’Io”. Parole di grande significato, poiché gli esseri umani fanno parte del mondo e non possono esserne separati artificialmente come molti continuano a pensare ancora oggi.
Michele Marsonet
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È noto che la fisica quantistica pone enormi problemi di comprensione. Tanti scienziati, e pure alcuni filosofi della scienza, hanno provato a esplicitarne i fondamenti, ma senza grandi risultati. Inoltre le interpretazioni che vengono fornite sono più d’una.