La società napoletana durante l’occupazione alleata (1943-1945)
Come viene riportato dalla sinossi del testo, il saggio cerca di sfidare «le narrazione mitizzate o romanzate che spesso hanno avvolto le cronache di quegli anni» dove gli atti d'eroismo della popolazione napoletana durante le epiche quattro giornate che liberarono la città dalle truppe nazi-fasciste, ne seguì una deplorazione sociale e morale da parte della stessa popolazione napoletana in concomitanza con l'ingresso delle truppe alleate. Una delle tematiche affrontate dal saggio è stata quella relativa al fenomeno sociale della prostituzione da parte delle donne napoletane durante l'occupazione delle truppe alleate, che già una vasta bibliografia pubblicistica e letteraria ha dato in passato ampio spazio. Il primo tra questi fu il racconto, che ebbe un notevole successo, intitolato Napoli '44 scritto da Norman Lewis un ufficiale del controspionaggio britannico. Lewis fu il primo che scrisse per primo le condizioni abiette in cui riversava la popolazione napoletana dopo la liberazione, descrivendo il diffuso fenomeno della prostituzione casalinghe partenopee in cambio di cibo da parte dei soldati statunitensi e britannici. Un altro saggio di successo fu quello scritto dal giornalista canadese Alan Moorehead, intitolato Eclipse, scritto e pubblicato nel 1946 a conflitto appena terminato da poco meno di un anno. Libro in cui vennero riportati dei dettagli raccapriccianti, sempre inerenti il fenomeno della prostituzione per le vie del centro di Napoli. Rimanendo in questo ambito non si può non citare La Pelle di Curzio Malaparte in cui, tramite l'utilizzo della metafora del morbo della peste, descrisse la corruzione morale dei napoletani nella pratica della prostituzione in quella data particolare contingenza storica. Lowe asserisce che i saggi storici monografici su Napoli durante la Seconda guerra mondiale, in particolare quelli inglesi e statunitensi, si sono soffermati troppo su questi racconti, non corroborando con approfondite indagine documentarie. Colpa, secondo il nostro Autore, delle scarse competenze linguistiche da parte dei vari storici nel non aver saputo leggere le fonti documentarie in italiano. Lowe ha invece esaminato una serie di rapporti da parte di soldati e di documenti presso diversi archivi militari delle truppe alleate, come quello dell'82° Divisione Aviotrasportata Statunitense, l’Archivio dei Genieri dell'Esercito degli Stati Uniti ad Alexandria in Virginia, l'Archivio Nazionale di Londra, l'Archivio della V Armata degli Stati Uniti. Sono stati utilizzati dall'Autore anche gli archivi italiani, come l’Archivio di Stato di Napoli e quello dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, sezione della città partenopea, oltre a numerose fonti di secondo grado, come i memoriali dei militari che hanno frequentato i postriboli di Napoli. L'Autore ha fatto un largo uso anche di fonti giornalistiche dell'epoca, come i reportage da parte di giornalisti anglofoni che si erano recati a Napoli al seguito delle truppe, come gli articoli dell'inviato John o'Reilly, corrispondente di guerra per il New York Herald Tribune, che a detta di Lowe, è stata una fonte che non è mai stata presa in considerazione. Oltre alle questioni metodologiche, Lowe imputa agli storici che lo hanno preceduto di non aver ricercato le "cause verissime" del perché si sono svolti i deprecabili fenomeni sociali nella città partenopea. Una delle cause principali è da imputare all'esercito alleato. Non solo riguardo al fattore della prostituzione, che fu dovuta in maniera preponderante ad un aumento vertiginoso della domanda da parte dei soldati, ma anche a fenomeni sociali ed economici diversi, come il mercato nero in cui la stessa amministrazione alleata della città fu di fatto corresponsabile. Una delle colpe del Governo militare alleato era quella di essere mal finanziato, sotto organico e impreparato per i compiti gravosi che gli si prospettavano. Infatti, la ricostruzione delle infrastrutture essenziali, sistematicamente distrutte durante la ritirata tedesca, come l'acquedotto e il porto commerciale, vennero ricostruite ma solo ad uso esclusivo dei militari. Napoli, che per l'appunto, dopo la liberazione versava in una condizione disperata: le infrastrutture erano state completamente distrutte, il sistema amministrativo era letteralmente sfaldato, l'economia era inesistente e la popolazione era a rischio carestia. Anche i simboli storici del potere angioino e aragonese vennero occupati, come Castel Nuovo che divenne la sede della marina britannica, la Certosa di San Martino venne occupata dalle fanterie britanniche, dove venne installata una batteria antiaerea. Stesso principio venne attuato per il luogo più famoso della cultura partenopea, il teatro San Carlo che venne aperto e riservato solamente al personale militare alleato. Soldati alleati che una volta giunti a Napoli cominciarono ad attuare un frenetico uso della cultura consumistica, come l'acquisto compulsivo di souvenir e regali per i familiari, oltre a richiedere servizi personali ad hoc dai barbieri e lustrascarpe. Così i commercianti al dettaglio fecero affari d'oro con la vendita delle loro chincaglierie a quella nuova forma di turisti. Questo aumento esponenziale della domanda di tali oggetti fece crescere l'inflazione di tutti i beni e in automatico anche quelli di prima necessità che andò inevitabilmente a danneggiare la popolazione locale. Nel giro di qualche mese dall'arrivo delle truppe anche i prezzi degli alcolici lievitarono in modo sporzionato e qualche mese prima della conclusione dell'anno addirittura più che triplicato. Come si evince dai rapporti consultati dall'autore da parte dell'82° divisione aviotrasportata statunitense, che in quella contingenza aveva compiti di polizia militare, si sviluppò la produzione di alcol adulterato da parte dei contrabbandieri locali per sopperire alla sempre più crescente domanda di alcool. Militari che cominciarono a frequentare bar e circoli e a fare utilizzo di bevande alcoliche con un conseguente aumento delle risse, soprattutto nei luoghi maggiormente frequentati come la galleria Umberto I. Per i militari statunitensi e inglesi Napoli era considerata una sorta di parco divertimenti sessuale e le donne locali erano viste come un dolce intrattenimento dal punto di vista erotico. Attrazione sessuale che la maggior parte delle volte veniva ricambiata anche dalle donne. Soldati anglosassoni che dalla loro parte, rispetto agli italiani sciatti e cenciosi, avevano il vantaggio di sembrare più forti, ben curati e con ottime capacità economiche. Collegato a ciò vi era l’abietto fenomeno della prostituzione, fenomeno sociale che era sempre stato caratteristico della città partenopea anche prima del conflitto bellico, localizzato nelle sole aree del porto e del centro storico. Ma con l'avvento della guerra, moltissime donne napoletane furono costrette a vendere il loro corpo per colpa della guerra che le rendeva affamate e con i figli a carico da mantenere. Secondo i documenti consultati da Loewe, raccolti negli archivi britannici, a Napoli nel 1944 vi erano più di quarantamila donne che praticavano la prostituzione, sia in regola che illegalmente, ovvero il dieci per cento della popolazione femminile della città. Indipendentemente da ciò ne risultava che la domanda di prestazioni sessuali durante l'occupazione alleata era sempre superiore all'offerta. Lo stesso prezzo stabilito da tabellario, subì, nel giro di un anno, un balzo dalle 10 alle 50 lire e un anno venne decuplicato. Dalle memorie di un soldato statunitense della 45° divisione, L. Williams Vere, il quale dichiarava che fuori dai locali adibiti alla prostituzione vi erano spesso delle file lunghissime di soldati che aspettavano il loro turno. In cima c'era una persona che era preposta a riscuotere il denaro e davanti a questa c'era una donna sdraiata su un materasso che svolgeva la prestazione sessuale. Il sempre maggiore aumento di domanda di donne aumentò di pari passo anche le malattie veneree tra i militi. Nell'aprile del '44 tra i militari statunitensi vi furono 168 casi di malattia ogni mille uomini secondo i dati del Ministro della guerra degli Stati Uniti. Nella V armata statunitense, su un campione di 338 soldati affetti da malattie trasmissibili sessualmente, il 75% aveva dichiarato che lo aveva contattato a Napoli. Donne che non furono le uniche vittime nell'ordalia dello sfruttamento da parte delle truppe alleate, ma vi videro coinvolte anche piccole bambine prostitute, oltre ai ragazzini che facevano da promotori nel vendere i servizi delle loro madri e sorelle. Argomento della prostituzione che a Napoli costituisce ancora oggi un tabù e che è sempre stato trattato come un mero artificio pubblicistico e letterario, diventando così una sorta di senso comune ma che con questo saggio, tramite l'acribia delle fonti consultate, viene confermato quello che gli scrittori e i giornalisti avevano ampiamente descritto.
Lorenzo Bravi |
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Keith Lowe, storico britannico non accademico, che alla tematica della Seconda guerra mondiale ha dedicato la quasi totalità dei suoi studi e ricerche, nel suo ultimo saggio intitolato Napoli liberata. Caos, eroismo e barbarie dal 1943 al 1945 (pubblicato in edizione italiana da Utet e tradotto da Luisa Agnese Dalla Fontana), si è concentrato sulle vicende della città di Napoli durante il conflitto mondiale.