Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Europa e olocausto nucleare

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Dopo l’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska era aumentata la speranza che Usa e Federazione Russa fossero avviati sul sentiero della distensione dopo i segnali di nuova “guerra fredda” che l’invasione dell’Ucraina aveva abbondantemente seminato. Invece non è così, purtroppo, poiché siamo quasi giunti a un nuovo punto di rottura.

Putin, dopo aver dichiarato ufficialmente l’annessione di quattro regioni ucraine (peraltro non conquistate interamente) alla Federazione Russa, ha di nuovo minacciato il ricorso alle armi nucleari qualora tali regioni venissero attaccate.

Dal canto suo Trump, nel corso della recente e affollatissima riunione con generali e ammiragli americani convocata a Quantico in Virginia, ha parlato in modo esplicito della potenza nucleare degli Stati Uniti.

«Abbiamo più armi atomiche di chiunque altro – ha sostenuto – ne abbiamo di migliori. Ne abbiamo di più moderne, ma è qualcosa a cui non vogliamo nemmeno pensare». Affermazioni che, se abbinate a quelle del leader russo, non sono per nulla tranquillizzanti.

È quindi arrivato il momento di fermarsi e riflettere seriamente.

Una domanda incombe: può l’Europa correre il pericolo dell’olocausto nucleare per difendere l’integrità territoriale ucraina? Zelensky evidentemente pensa di sì, tant’è vero che ha chiesto l’adesione immediata alla Nato. Mossa suscettibile di precipitarci subito nel baratro.

Chi conosce bene Putin sa che deve essere preso sul serio, anche se si pensa che stia bluffando. Lo diceva sempre con chiarezza la ex cancelliera tedesca Angela Merkel, e la sua opinione era il frutto di una lunga frequentazione con il leader del Cremlino. Sottovalutarla diventa, a questo punto, assai pericoloso.

 

Le armi che lo zar moscovita intenderebbe usare sono le cosiddette “bombe nucleari tattiche”, di piccole dimensioni, destinate a colpire le truppe nemiche sul campo di battaglia. Ma è chiaro che le conseguenze del loro utilizzo sarebbero comunque esiziali, giacché il “fallout” radioattivo non dipende certo dalla grandezza dell’ordigno.

Non solo l’Ucraina, ma l’intera Europa (Russia inclusa), ne verrebbe coinvolta in pieno e per un tempo non certo breve. E gli stessi americani, che continuano a inviare agli ucraini armi sofisticate, subirebbero conseguenze nonostante la lontananza geografica. Trump (come Biden prima di lui) ha detto che gli Usa reagirebbero, ma non si vede perché dovremmo stare tranquilli sapendo che Washington la farebbe pagare a Mosca. A noi europei, infatti, toccherebbero tanto le bombe russe quanto quelle americane.

Fu l’ex segretario di Stato Usa Henry Kissinger, recentemente scomparso, a introdurre nel 1957 il concetto di “armi nucleari tattiche”. In seguito, tuttavia, invitò alla prudenza, sostenendo che lo stallo si può sbloccare solo ricorrendo alla diplomazia.

Difficile farlo. Putin parla addirittura di “satanismo occidentale”, il che suona strano considerando il comportamento dei suoi soldati nei territori invasi. Zelensky, d’altro canto, non vuole rassegnarsi a rinunciare ai territori annessi dai russi con referendum fasulli, e intende continuare la lotta. Ciò fa capire quanto siamo vicini a una guerra nucleare vera, che farebbe precipitare il mondo in una situazione che definire “drammatica” è dir poco. Al suo confronto, la temuta recessione economica appare ben poca cosa.

Non si sa se sarà possibile fermare questa folle corsa. Ragionare con Putin si può, ma solo alle sue condizioni.

Lo stesso – da quanto si capisce – vale per Zelensky, e a questo punto conta poco che uno sia l’aggressore e l’altro l’aggredito. Ciò che conta è salvare l’Europa da un destino che più tragico non potrebbe essere, e si può fare solo se qualcuno rinuncia a perseguire i propri obiettivi.

 

Michele Marsonet

 

 

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