Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Fede e razionalità

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La religione ha uno statuto diverso rispetto alle scienze empiriche. Non può essere scienza poiché ha lo scopo di dirci qualcosa sul significato ultimo della vita e sul bene assoluto, per quanto difficile possa risultare. Se prendiamo l’esempio di Ludwig Wittgenstein, notiamo che a suo avviso la fede non si presta ad alcun tentativo di razionalizzazione.

La salvezza, piuttosto, si ottiene non con la teologia, bensì nell’incontro con Cristo. Nell’attesa della salvezza, il pensatore austriaco si propone di liberare il campo dagli impedimenti.

Da un lato è nota la sua battaglia contro il cattivo uso del linguaggio che si manifesta in ogni ambito del sapere, incluso quello religioso. Dall’altro abbiamo il tentativo costante di trovare una parola che possa liberare gli esseri umani dalle evidenze false, che sorgono quando si restringe l’orizzonte del significato al mondo empirico basato sui fatti.

La religione di Wittgenstein è misticismo, che rivendica una fede assoluta, senza potersi basare su alcuna prova empirica. L’unica prova in grado di giustificare la religione è quella basata sulla testimonianza e sulle azioni, come del resto si evince dai Vangeli.

 

Ne consegue che, agendo in questo modo, le affermazioni religiose potranno far conoscere i “segni”, vale a dire le tracce di Dio di cui è fatta l’esperienza degli esseri umani. Vale, in primo luogo, per tutto quello che si colloca come al di là dell’esperienza empirica.

Pertanto la fede, come già notò in precedenza Kierkegaard, è una passione, un atteggiamento nei riguardi di se stessi, del mondo e di Dio.

Certamente immotivato dal punto di vista razionale (o strettamente teologico), ma del quale non si può prescindere. La prova, la dimostrazione, non rientrano per nulla nel mondo dei fatti. La fede esige uno “sconfinamento”.

Se si desidera comprendere il senso della credenza religiosa, esso va cercato nelle azioni stesse del credente, in ciò che dice e fa. E’ questo il criterio di ogni fede religiosa, e si deve esigere dal credente di testimoniare con le proprie scelte di vita il suo credo religioso.

Di qui l’inutilità dei tentativi di razionalizzazione della fede religiosa. Ciò che si richiede per la fede religiosa non è un fondamento scientifico, bensì la passione, vale a dire qualcosa che si colloca al di fuori dei fatti empirici. Risulta inutile la ricerca di prove empiriche dell’esistenza di Dio. Tali prove, infatti, non dimostrano alcunché, e la religione, incluso il cristianesimo, non è affatto razionalizzabile.

 

Michele Marsonet

 

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