La follia woke esiste ancora
Lo dimostrano due recenti episodi. Il primo vede coinvolto William Shakespeare. L’ente che ne possiede il materiale d’archivio s’è impegnato a “decolonizzare” il Bardo mondando le sue collezioni dal pensiero anglocentrico e colonialista. Che significa? Poiché molti esponenti dell’ideologia woke manifestano il timore che il culto del Bardo favorisca la diffusione della supremazia bianca, il suddetto trust ha deciso di essere più “inclusivo”. Questo perché la venerazione di Shakespeare farebbe parte di una visione del mondo razzista ed eurocentrica, in quanto tale colpevole di svilire e mettere in ombra le culture dei Paesi che non appartengono all’Occidente, il che costituisce il male peggiore del mondo odierno. Meno Shakespeare, dunque, e più esponenti della letteratura e della drammaturgia africana o asiatica. La celeberrima Università di Cambridge, tuttavia, si è prodotta in assurdità ancora più eclatanti. Bersaglio, questa volta, è il grande cosmologo e astrofisico Stephen Hawking, scomparso nel 2018. Il Fitzwilliam Museum della suddetta Università ha organizzato una mostra per dimostrare che Hawking e altri scienziati avrebbero beneficiato, nelle loro ricerche, dei proventi della tratta degli schiavi. Difficile da credere, visto che Hawking era nato nel 1942, ben dopo che lo schiavismo si era concluso. Ma i wokisti non si spaventano per tale obiezione. A loro avviso i fondi derivati dalla tratta degli schiavi hanno continuato a sostenere la ricerca scientifica a Cambridge anche nei secoli successivi. Ne consegue che Stephen Hawking può essere definito razzista, per quanto possa sembrare assurdo, come hanno puntualmente rilevato insigni storici dello stesso ateneo britannico.
Di questo passo, hanno notato gli stessi storici, noi occidentali saremo obbligati a vergognarci delle più insigni personalità della nostra cultura, cadendo nel buco nero della stupidità di massa. Occorre purtroppo notare che, mentre negli Stati Uniti Donald Trump e la sua amministrazione stanno contrastando in modo deciso queste tendenze, nel Regno Unito il governo laburista di Keir Starmer poco o nulla fa per combatterle. Alcuni suoi esponenti, al contrario, paiono approvarle senza esitazioni di sorta.
Michele Marsonet
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