Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Il cowboy Donald Trump

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Aumentano sempre più i dubbi e la rabbia circa la strategia di politica estera e commerciale di Donald Trump. Anche tra coloro che avevano giudicato con favore la sua seconda elezione spuntano critiche a volte molto puntute e, nel caso dei filo-occidentali e degli atlantisti, anche il timore che gli atteggiamenti del presidente Usa possano scavare solchi difficilmente colmabili in futuro tra le due sponde dell’Atlantico.

Noto innanzitutto che il proposito di riavvicinare la Russia per allontanarla dalla Cina non è riuscito.

Il tycoon newyorkese s’attendeva che Putin avrebbe accettato le sue proposte in cambio del rinnovato interesse per la Russia. Senza capire, però, che lo zar moscovita non è per nulla disposto a rinunciare alle conquiste territoriali in Ucraina che, al contrario, vorrebbe pure incrementare. In questo senso le proposte americane non sembrano interessare più di tanto ai russi.

Al contempo, i dazi imposti all’Unione Europea, conditi da una buona dose di insulti e di espressioni volgari, lasciano gli Stati Uniti da soli a fronteggiare il pericolo delle due grandi autocrazie dei nostri tempi. Vladimir Putin e Xi Jinping, infatti, stanno serrando i ranghi confermando un’alleanza che sembrava in crisi.

Mosca e Pechino, in altri termini, sono ancora impegnate a disegnare un nuovo ordine mondiale che veda l’aumento della loro influenza e il declino di quella Usa. Entrambe puntano pure, con il supporto dei Brics, a togliere al dollaro la sua funzione di valuta di riferimento internazionale per sostituirla con una nuova (anche se ci vorrà del tempo per condurre a termine una simile operazione).

 

Non sembra, quindi, che lo stile da cow boy (o da saloon) del presidente Usa abbia conseguito successi. Al contrario. Gli alleati europei in sofferenza per i dazi cercano una via d’uscita, in alcuni casi tentando il riavvicinamento con Mosca e Pechino per creare nuovi sbocchi alle loro esportazioni, e in Italia c’è già chi si lamenta per l’abbandono della “Via della seta”. E non parlo solo del M5S che a suo tempo promosse l’iniziativa.

Nel frattempo il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha incontrato Putin esaltando l’alleanza tra i due Paesi. Dal canto suo il leader russo ha invitato a Mosca Xi Jinping il prossimo 9 ottobre ad assistere alle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario della vittoria sovietica nel secondo conflitto mondiale, premurandosi di notare che il leader cinese sarà l’ospite principale.

La strategia trumpiana, insomma, non pare cogliere i risultati sperati. Sono davvero così inutili gli alleati europei di lungo corso, ed è giusto trattarli in questo modo? E cosa accadrebbe se Putin e Xi, invece di allontanarsi, stringessero ancor più i loro rapporti già solidi?

L’America di Trump, per ora, fa orecchi da mercante e non pare incline a ripensamenti sorta, pur notando che Elon Musk ormai si sta smarcando e auspica l’azzeramento dei dazi verso l’Ue e altre nazioni alleate.

L’allontanamento volontario di Musk è grave, poiché il miliardario era percepito come uno dei principali punti di forza della nuova amministrazione. Gli europei, dal canto loro, sono preoccupati e in posizione d’attesa. Ma senza escludere, come si diceva dianzi, un riavvicinamento alle due grandi potenze autoritarie. Donald Trump è convinto di poter fare da solo ma, nel corso della storia, l’isolazionismo non ha mai portato bene agli interessi americani.

 

Michele Marsonet

 

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