Un’analisi sulle proposte di riforma dello studio della storia nella scuola italiana
Nelle indicazioni viene espressamente citato che l'insegnamento e lo studio della storia dovranno abbandonare il modello fino ad oggi adottato, che è quello della global history. Invece, dovrà focalizzarsi, fin dal ciclo di primo grado, in modo particolare dalla terza elementare dove si inizia lo studio sistematico della disciplina, sullo studio dei popoli italici, per poi successivamente spostarsi allo studio dalle origini dell'antica Grecia e poi di Roma, per proseguire fino ai primi secoli dello sviluppo del cristianesimo nel II secolo d.C. e concludersi sullo studio sulle vicende politiche dell'Europa e dell'America. Per quanto concerne lo studio della storia nelle classi medie, dovrà essere espunta l'influsso della geografia. Non più geostoria, secondo l'influsso delle Annales della terza generazione, ma studio delle vicissitudini politiche dell'Italia e dell'occidente dal punto di vista nomotetico.
Lo stesso studio della storia non deve essere sviluppato sull'utilizzo delle fonti primarie del documento, ma deve essere insegnata con il metodo della dimensione narrativa della storia, tramite l’adozione di testi considerati fondanti della civiltà occidentale. Per quanto concerne la storia greca vanno presi come modello brani dell'Iliade e dell'Odissea, delle Storie di Erodoto, della tragedia greca, come i Persiani di Eschilo, per la storia romana c’è l'Eneide, che secondo il documento ha lo scopo di creare un collegamento cronologico-spaziale tra le due civiltà. Per stilare queste indicazioni, il ministro ha istituito una commissione scientifica per ogni disciplina. Per quanto riguarda la storia, il coordinamento scientifico è stato posto sotto il coordinamento di Ernesto Galli della Loggia, che a sua volta si è avvalso della collaborazione di storici accademici e docenti di liceo, quali: Cinzia Bearzot, Giovanni Belardelli, Silvia Ciaponi, Elvira Migliario, Marco Pellegrini, Federico Poggianti, Adolfo Scotto di Luzio. Alla pubblicazione delle indicazioni, immancabili sono state le polemiche che ruotano intorno a due diverse tipologie di critiche: la prima riguarda la questione che le istruzioni ministeriali sono contrassegnate da una chiara ideologia di carattere confessionale-reazionaria. A questa categoria fanno parte le polemiche di esponenti politici, una su tutti quella mossa da Elly Schlein. Lo stesso giorno che è uscita l'intervista di Valditara, la Segretaria del Partito Democratico ha accusato il Ministro di oscurantismo e pedanteria per aver annunciato la pubblicazione del documento. La seconda tipologia di critica verte sulla metodologia dell'insegnamento, che viene fatta direttamente da storici e accademici. Illuminante è stata la conversazione, curata da Antonio Carioti per la lettura dello scorso 6 aprile, tra Maurizio Scarpari, Elvira Migliario, Franco Cardini e Ernesto Galli della Loggia. Come è ovvio, l'oggetto della conversazione ha riguardato l'insegnamento e la divulgazione della storia nelle scuole. Il sinologo Maurizio Scarpari, uno dei critici della nuova impostazione, ha sostenuto che tale approccio metodologico è troppo eurocentrico e di conseguenza svaluta le altre civiltà che hanno avuto una loro storia culturale parallela a quella greco-romana dal punto di vista della produzione storiografica, con autori di dottrine politiche già presenti in Cina del III secolo a.C., come il pensatore Han Fei, considerato un Machiavelli antelitteram. La storica dell'antichità Elvira Migliario, una delle componenti della commissione, nel rispondere a Scarpari, ha menzionato quali siano stati i presupposti che hanno portato a concentrarsi sullo studio della storia dell'Occidente. I motivi di tale scelta, come ha spiegato la docente, sono dovuti ad un contesto di emergenza educazionale diffuso in tutto il territorio nazionale, tesi addotta dal rapporto Censis del dicembre del 2024 il quale attesta che il 43% degli studenti, che frequentano le scuole superiori, non riesce a raggiungere il livello di conoscenza minima della lingua italiana e per quanto concerne la storia il 55% degli italiani non sa che Mussolini è stato destituito il 25 luglio del ‘43, il 30% non sa quando è entrata in vigore la Costituzione, oppure un buon 20% pensa che Mazzini sia stato un esponente della prima Repubblica. Questo intervento, secondo la Migliario è stato reso urgente proprio partendo da questa realtà dei fatti, in cui l'ignoranza della conoscenza storica può mettere a repentaglio, in un futuro non molto prossimo, le stesse istituzioni. A seguito di ciò, si è reso necessario basare i programmi scolastici di storia su argomenti basilari, che altri possono non essere se non quelli inerenti gli avvenimenti storici eurocentrici. A fare da controcanto alle opinioni della Migliario, c’è stato Franco Cardini, che ha sposato la medesima linea di Scarpari. Secondo il medievista fiorentino lo studio della storia si deve muovere da un vasto orizzonte spaziale e che solamente in una seconda istanza si dovrà concentrare su un argomento ben preciso, in cui l'elemento della geografia è fondamentale per con quello della storia. Tesi questa che è stata confutata da Galli della Loggia, sostenitore di uno studio storiografico che deve interessarsi di eventi storici nella loro particolarità e che deve essere eseguito adottando solamente la storia come disciplina di studio. A parte la disputa sul metodo e sul merito nell'insegnamento della storia, il dato demoscopico del Censis che ha citato Elvira Migliario, potrebbe far risultare vano qualsiasi riforma e dibattito pubblico, perché i motivi potrebbero risiedere in altri fattori, come la sempre più pervasiva idea che lo studio delle materie umanistiche non sono fondamentali per la formazione intellettuale e morale della persona, a discapito di altre discipline come le STEM (scientifico-tecnologiche).
Lorenzo Bravi |
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