Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

La miseria dello storico

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Uno dei maggiori storici italiani della controriforma, Adriano Prosperi, si è cimentato in un pamphlet, il cui titolo e il sottotitolo sono inequivocabili: Cambiare la storia. Falsi, apocrifi, complotti (Einaudi, Le Vele 2025).

La stessa frase interrogativa nell'incipit è dirimente: «La storia umana è modificabile?» Questa domanda, ovviamente strettamente legata al titolo, è il filo rosso che lega la trama del saggio.

Nell’analisi di Prosperi la storia è la testimonianza di un passato che di fatto è facilmente cancellabile, come ad oggi lo sta testimoniando il fenomeno della cancel culture, che non si riduce all’eliminazione dei monumenti imbrattandoli o demolendoli, ma agisce anche nel modificare in toto la narrazione del passato.

Si tratta di una cancellazione del passato che ha l'obiettivo di migliorare la storia umana nella percezione del presente.

Tale fenomeno, di natura esclusivamente antropica, si è verificato in diverse occasioni nel passato e che solamente lo storico può scovare negli anfratti dell'esistenza umana.

Lo storico non ha la capacità di modificare ciò che è avvenuto, ma può confermare se il falso è riuscito a determinare l'esistenza umana, operazioni che si sono mirabilmente effettuate anche nel passato tramite la redazione di documenti apocrifi, abilmente costituiti, che hanno avuto l'obiettivo di alterare il corso degli eventi.

Prosperi, per addurre ciò, si è concentrato su diverse falsificazioni che hanno modificato la verità storica e forse uno dei casi più eclatanti è stato il documento della falsa Donazione di Costantino, che è stata al centro del dibattito della questione del potere temporale del papato dal XV secolo e che si è dibattuta fino al Concordato del 1929 tra Stato della Chiesa e Regno d'Italia.

 

Il Documento della Donazione fu un falso smascherato dall' umanista Lorenzo Valla con lo scritto De falso Credita et emenentia Constantini donatione, un libello scritto di getto tra l'aprile e il maggio del 1440, attestato grazie ad un metodo innovativo per l'epoca, ma infallibile per l’applicazione della filologia alla critica storica.

Le argomentazioni di Valla furono di fatto inconfutabili: indicò la completa assenza di qualsiasi notizia sul documento della Donazione nelle fonti antiche; in secondo luogo all'interno del falso vi erano degli anacronismi testuali come il termine “satrapi”, il che faceva attestare all'intellettuale che lo scritto non era stato redatto all'interno della cancelleria imperiale di Costantino, come si voleva far credere, ma molto posteriore, intorno al VIII secolo d.C. 

La scritta appassionata di Valla nel comporre il testo, scrive Prosperi, andava ricercata per ragioni a lui coeve.

Quelli erano anni in cui l'umanista era un intellettuale alla corte del sovrano Alfonso d'Aragona presso Castel Nuovo e il sovrano spagnolo era in lotta con papa Eugenio IV, al secolo Gabriele Condulmer (1431-1447).

Il Papato in quel frangente storico aveva dato inizio a costruire lo Stato della Chiesa dopo la cattività avignonese e il grande scisma conciliare. 

Per Valla il papato aveva di fatto ontologicamente mutato la sua natura, da pastore di anime era diventato un sovrano temporale, con l'obiettivo di estendere il suo dominio nell'Italia centrale e amplificare i suoi confini a sud tramite l'utilizzo della guerra per mezzo di mercenari-criminali del calibro di Giovanni Vitelleschi.

Lo scritto di Valla, che solo nel XVI secolo ebbe un'importante fortuna nei paesi riformati, nello Stato della Chiesa fu inserito nell' Indice dei libri proibiti.

Il papato come Stato territoriale, ha sottolineato Prosperi, è riuscito a resistere alla rivoluzione protestante dei paesi del nord Europa, poi a quella giacobina e anche successivamente all'unificazione d'Italia.

Nel 1870 il sovrano-pontefice si era dichiarato infallibile tramite il dogma del Pastor Aeternus, espresso nel Concilio Vaticano I, infallibilità ribadita in seguito da Pio XI (Achille Ratti 1929-1939) che arrivò a definire Mussolini come «l'uomo che la provvidenza ci ha fatto incontrare».

Insomma, uno Stato nello Stato italiano, con deliberazioni valevoli non solo per i sudditi del vaticano, ma anche per i cittadini italiani, uno Stato nato da un documento apocrifo, smascherato più di mezzo millennio fa, ma che ha determinato e continua a determinare il presente e il futuro di milioni di persone.

Prosperi ha voluto analizzare anche un altro documento falso, il fantomatico documento I protocolli dei Savi anziani di Sion, un falso attestato che dalla sua pubblicazione ha avuto un successo sempre più in crescendo, la cui «fortuna si misura dalla quantità di vite umane che hanno pagato il prezzo della sua diffusione» (pp. 83-84).

Infatti, alla prima edizione nel 1903, ne seguì un pogrom antisemitico in Russia.

Gli autori del libello sono tuttora ignoti, anche se l'ampia mole di studi critici filologici hanno ricondotto l'origine dei Protocolli alla redazione da parte di collaboratori o membri dell'Ochrana, la polizia segreta della Russia zarista.

A guisa di sintesi, nell’apocrifo veniva sostenuto che l'economia industriale occidentale era guidata da un potere occulto ebraico che aveva lo scopo di distruggere gli Stati cristiani e di governare il mondo.

Il contesto socio-politico in Europa di quegli anni, ha sottolineato Prosperi, era contrassegnato da una preponderanza di antisemitismo: dapprima venne vista come destabilizzante la nascita del Movimento Sionista, avvenuta nell'agosto del 1897 tramite il Primo congresso che elesse Theodor Herzl a capo del movimento, poi vi fu l'affaire Dreyfus in Francia. 

Sulla data di composizione dei Protocolli ci sono delle tesi diverse: secondo Cesare de Michelis lo scritto è nato dopo il Quinto congresso del Movimento sionista del 1901, quando venne avanzato il piano di acquisto dei territori della Palestina da parte delle comunità ebraiche. Anche se chiaramente falsi, i Protocolli erano ritenuti veritieri, come sostenne l'imprenditore antisemita Henry Ford il quale, pur convinto della falsità dei Protocolli, sospettava un complotto a livello globale da parte degli ebrei.

Ciò che ha tenuto a mettere in luce Prosperi, è che proprio grazie alla loro manifesta inautenticità i Protocolli hanno tratto la loro efficacia, facendo aumentare il sentimento antisemita già presente in Europa dal Medioevo.

Anche in quell’epoca, come nell'Ottocento, l'assunto era quello del complotto ebraico ai danni Occidente, tesi questa ripresa poi chiaramente da Hitler nel Mein Kampf. Il complotto, ha concluso Prosperi, «non ha mai avuto bisogno di dati oggettivi per nascere e per diffondersi» (p.99), dato che, davanti ai movimenti della storia, che ai più sembrano essere improvvisi e inspiegabili, è più banale e facile sostenere il profilarsi di un complotto, tesi quest’ultima che lo storico ha ripreso dal fortunato libello di Richard Hofstadter (The Paranoid Style in American Politics).

 

Lorenzo Bravi

 

 

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