Il terremoto non spaventa i militari golpisti del Myanmar
Dopo il golpe militare del 2021 il Myanmar è sempre più isolato, nonostante l’appoggio (ora traballante) della Repubblica Popolare Cinese. Quest’ultima ha fornito all’esercito locale, il “Tatmadaw”, gli strumenti per impedire quasi totalmente l’accesso a Internet dei cittadini della ex Birmania. I principali siti web quali Facebook e Instagram furono bloccati subito dopo il colpo di stato militare. Ora il controllo è diventato ancora più stringente poiché il governo ha colpito anche le reti virtuali (Vpn), che consentivano di aggirare l’ostacolo e di accedere ai siti web bloccati dalla censura militare. Questo ha consentito di aumentare la repressione, identificando con maggiore facilità coloro che cercano di sfuggire alla censura. Tutte le fasce della popolazione sono coinvolte, ed è in aumento il numero degli arresti. La Repubblica Popolare ha inoltre fornito alla giunta militare gli strumenti necessari a completare una muraglia informatica analoga alla “Great Firewall”, realizzata da Pechino per sigillare lo spazio informatico cinese. Ai militari golpisti sono inoltre stati forniti sistemi avanzati di sorveglianza elettronica, che consentono il riconoscimento facciale di dimostranti e oppositori, metodo che Pechino utilizza in modo massiccio al fine di ottenere il pieno controllo politico e sociale dell’immenso territorio cinese. Nel Myanmar c’è una “dittatura digitale” destinata a rendere il Paese ancora più chiuso alle influenze esterne, e le proteste degli attivisti democratici non hanno avuto alcun effetto, come del resto era prevedibile.
Il problema è che il devastante terremoto che ha colpito soprattutto la parte centrale del Paese impone la richiesta di aiuti umanitari rapidi ed efficaci. I militari golpisti, tuttavia, non hanno fornito cifre precise circa il numero dei morti e dei feriti o l’entità dei danni materiali. Ciò nonostante l’opinione pubblica internazionale si è mobilitata e gli aiuti stanno arrivando, soprattutto dalla Cina. Si noti però che, a dispetto dell’immane tragedia, la giunta militare non ha affatto sospeso le operazioni di guerra. L’aviazione, sempre molto attiva contro i ribelli, ha bombardato e raso al suolo la cittadina di Naungcho, situato nello stato Shan e controllata dall’Esercito di liberazione nazionale “Ta’ang”. Dunque neppure un sisma di tali dimensioni impedisce alla giunta di colpire i suoi stessi cittadini, aggiungendo morti ad altri morti. Del resto i militari golpisti hanno perduto il controllo di molte regioni del Paese, e soprattutto di quelle confinanti con altri stati quali Cina, Thailandia, India e Bangladesh. La ex Birmania non trova pace e subisce una guerra civile senza fine.
Michele Marsonet |
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