Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

L’originalità del Risorgimento

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A differenza degli Americani, noi Italiani non abbiamo una “Festa dell’Indipendenza”; o meglio, ce l’avremmo ma siamo soliti non festeggiarla. Il nostro “4 luglio” cade il 17 marzo di ogni anno dal 1861, giorno in cui, come ben sappiamo, è stato proclamato il Regno d’Italia.

L’ultima volta che lo abbiamo ricordato ufficialmente era il 2011, nel centocinquantenario dell’Unità d’Italia, un anniversario caratterizzato da chi la sparava più grossa contro il nostro Risorgimento: le miserabili polemiche politiche contro la decisione di dichiarare il 17 marzo giornata di festa, con la patetica motivazione di non sprecare un giorno di lavoro, oppure il profluvio di libri, cosiddetti “revisionisti”, di autori tutti impegnati a descrivere il Risorgimento come una grande truffa, in particolare per il Sud.

Grazie a quest’opera di mistificazione della Storia, condita da fin troppa malafede, la vicenda della lotta per la nostra libertà è ormai considerata, da una larga fetta dell’opinione pubblica, la causa di tutti i nostri problemi attuali, come Stato e come Nazione; addirittura, per molti gli Italiani nemmeno sono mai esistiti come Popolo.

 

Di solito gli argomenti utilizzati per dimostrare questa tesi sono i seguenti:

1) il Risorgimento non è stato un movimento nazional-popolare, ma una cospirazione massonica attuata da una cricca di bramosi traffichini (Garibaldi e Cavour, in testa);

2) l’Italia pre-unitaria era una sorta di Eden, in cui i sudditi vivevano in pace e benessere, contenti dei loro governanti;

3) le guerre d’indipendenza sono state, in realtà, aggressioni di stampo colonialista da parte di una vorace casata Savoia, vogliosa di espandersi e arricchirsi a danno dei vicini;

4) i patrioti italiani erano, nel migliore dei casi, degli utili idioti idealisti, manovrati da potenze straniere quali Francia e Inghilterra.

Gli Italiani di oggi, invece, dovrebbero ricordarsi che al momento dell’Unità il nostro Paese era falcidiato dalla piaga dell’analfabetismo e la maggior parte del popolo viveva in miseria, mentre dal punto di vista geopolitico l’Italia valeva meno di zero, ridotta da secoli a una specie di Risiko di potentati stranieri.

Tra l’altro, non eravamo i soli in Europa a lottare per il proprio destino: lo facevano anche Ungheresi, Polacchi, Greci e Tedeschi.

Per tutta la prima metà dell’Ottocento il popolo italiano si sollevò a più riprese contro gli Austriaci: dalle Cinque giornate di Milano e dall’insurrezione di Venezia e Brescia, ai moti nei Ducati e nel Meridione contro i Borboni, fino alla Seconda guerra d’Indipendenza, il coinvolgimento popolare di ogni strato sociale nella lotta contro lo straniero, riuscì a realizzare in appena due anni (1859-61) quello che Domenico Fisichella ha definito un “miracolo”.

Non a caso Mazzini, parlando di Garibaldi impegnato nell’impresa del Sud, poteva scrivere: «ama il popolo e crede in esso [...] Garibaldi cerca la propria forza in Italia, nel suo popolo, nella mirabile attitudine guerresca della sua gioventù, nella sua sete di Patria, nella potenza iniziatrice dell’insurrezione, nelle immense forze d’un paese chiamato a salvar sé stesso».

Certamente il Risorgimento è stato un fenomeno complesso, ricco di contraddizioni anche ideologiche, con i suoi errori e i suoi limiti, ma quali grandi fatti della Storia non ne presentano?

Nessuno ha mai nascosto le ombre - tant’è che i protagonisti dell’epoca ne furono ampiamente consapevoli - ma è solo facendosi Nazione e Stato che l’Italia poté riprendere in mano il suo destino e migliorare su larga scala le sue condizioni socio-economiche (così Ferdinando Petruccelli della Gattina descrivendo il primo Parlamento dell’Italia unita: «Una nazione che si afferma così fortemente, che si pone così schiettamente in mezzo alle nazioni, rovesciando trattati, dinastie, vecchio diritto internazionale, fronteggiando minacce e interessi politici, riveste senza dubbio una certa importanza»).

Ben venga, quindi, un film come L’abbaglio di Roberto Andò, capace di raccontare il Risorgimento in modo serio, senza retorica né malafede.

 

Gianluca Rizzi

 

Bibliografia:

I. Magli, Indebiti rimpianti. L’ignoranza e l’Italia prima del Risorgimento, «www.italianiliberi.it», 24 febbraio 2011.

E. Mastrangelo, Se avessi soldi per gli avvocati chiederei i danni ai neoborbonici, «www.storiainrete.com», 7 giugno 2021.

D. Serra, “L’abbaglio” e il Giovane Risorgimento di Roberto Andò, «www.barbadillo.it», 26 gennaio 2025.

Le citazioni sono tratte da A. Aveto (a cura di), Cronache dell’Unità d’Italia. Articoli e corrispondenze (1859-1861), Milano, Oscar Mondadori, 2011, pp. 201, 354.

 

 

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