Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Matilde Serao, scrittrice e giornalista

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Matilde Serao, scrittrice e giornalista italiana del primo Novecento, è stata più volte candidata al premio Nobel.

Era nata a Patrasso (Grecia) il 14 marzo 1856 da madre greca di origine nobile. Il padre napoletano, avvocato, aveva dovuto lasciare Napoli perché anti-borbonico; rappresentò il modello della giovane Matilde.

Nel 1860 con la caduta del dei Borbone, la famiglia Serao, tornò in Italia e si stabilirono dapprima a Ventaroli a 30 km da Caserta, poi a Napoli. La giovane Matilde cosi descrisse quell’esperienza col suo linguaggio colorito:

«Ventaroli è anche meno di un villaggio né voi lo troverete nella carta geografica: è un piccolo borgo nella collina più vicino a Sparanise che a Gaeta. Vi sono duecentocinquantasei anime, tre case di signori, una chiesa tutta bianca ed un cimitero tutto verde; “vi è un gobbo idiota, una vecchia pazza e un eremita in una cappelluccia.»

 

Il padre lavorava come giornalista a Napoli e Matilde visse fin da piccola l'ambiente della redazione di un giornale. Refrattaria allo studio, solo più tardi leggendo libri alla madre malata si appassionò alla scrittura.

Di religione ortodossa come la madre si convertì al cattolicesimo. Quindicenne, priva di titolo di studio, si presentò come semplice uditrice alla Scuola normale “Eleonora Pimentel Fonseca”, prima giornalista politica in Europa ad aver fondato e diretto un giornale.

A 18 anni conseguì il diploma magistrale. Per aiutare il magro bilancio della famiglia s’impiegò per tre anni come ausiliaria ai Telegrafi di Stato, una esperienza che in seguito la portò a scrivere un libro dedicato al mondo delle telegrafiste, Il romanzo di una fanciulla.

Nonostante buona parte della giornata fosse assorbita dal lavoro, iniziò a scrivere brevi articoli per Il Giornale di Napoli, poi passò ai bozzetti e alle novelle firmate con lo pseudonimo di “Tuffolina”. A 22 anni completò la prima novella, Opale che inviò al Corriere del Mattino. Strinse una sincera amicizia con la giovane Eleonora Duse che recitava a Napoli.

A 26 anni, indipendente dalla famiglia, si trasferì a Roma e nei cinque anni successivi collaborò con il giornale Capitan Fracassa. Con lo pseudonimo “Ciquita” scrisse di tutto, dalla cronaca rosa alla critica letteraria.

Frequentò anche i salotti mondani, ma la sua fisicità poco femminile, la mimica e i modi spesso troppo spontanei, la risata grossa, non la favorirono. La sua fama di donna indipendente suscitò più curiosità che ammirazione. Matilde rispose alle critiche manifestando senza remore tutto il suo orgoglio e vitalità: «Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo, che le metterò nelle mie opere; esse non hanno coscienza del mio valore, della mia potenza…».

Il suo libro Fantasia, ebbe notevole successo, ma fu pesantemente criticato da Edoardo Scarfoglio, giornalista e scrittore. La stessa Matilde riconobbe le ragioni di questo suo “non scrivere bene” facendole derivare dai suoi studi approssimativi e incompleti e dall’ambiente in cui era cresciuta, ma tenne a precisare: «Vi confesso che se per un caso imparassi a farlo, non lo farei. Io credo, con la vivacità di quel linguaggio incerto e di quello stile rotto, d'infondere nelle opere mie il calore, e il calore non solo vivifica i corpi, ma li preserva da ogni corruzione del tempo».

Quando i due giornalisti s’incontrarono, Matilde fu affascinata da quel giovane intelligente e vivace e Scarfoglio scrisse a un’amica «Questa donna tanto convenzionale e pettegola e falsa tra la gente e tanto semplice, tanto affettuosa, tanto schietta nell'intimità, tanto vanitosa con gli altri e tanto umile meco, tanto brutta nella vita comune e tanto bella nei momenti dell'amore, tanto incorreggibile e arruffona e tanto docile agli insegnamenti, mi piace troppo, troppo, troppo» .Si sposarono nel 1885 e D’Annunzio descrisse la cerimonia sul quotidiano La Tribuna con il titolo Nuptialia .

Insieme fondarono il Corriere di Roma, ma il giornale non ebbe successo e chiuse dopo due anni. Da quella esperienza Matilde scrisse il romanzo, Vita e avventure di Riccardo Joanna, che Benedetto Croce definì “Il romanzo del giornalismo”.

Dopo il fallimento Matilde e Edoardo tornarono a Napoli e accettarono l’offerta del banchiere Matteo Schilizzi, proprietario del quotidiano Corriere del Mattino. Nel 1888 prese vita il Corriere di Napoli e la Serao chiamò a collaborare al giornale firme prestigiose come Giosuè Carducci, Gabriele D’Annunzio e Salvatore Di Giacomo.

Durante gli anni del matrimonio con Scarfoglio erano nati quattro figli e diversi romanzi: Pagina Azzurra, All'erta!, Sentinella, La conquista di Roma, Piccole anime,, Il romanzo della fanciulla e Il ventre di Napoli. Quest’ultimo con l’incipit «Bisogna sventrare Napoli» fu scritto in polemica con la decisione del governo, dopo l’epidemia di colera che aveva colpito la città nel 1884, di risanare la città demolendo i quartieri poveri per fare spazio a larghe piazze e ampie strade. Nel romanzo la Serao descriveva i quartieri straripanti di poveri e disadattati che non sapevano come tirare avanti, preda del degrado urbano e delle malattie, ma riteneva che lo “sventramento” non prendesse in considerazione la grande capacità di sopravvivenza dei napoletani nonostante le condizioni avverse e le loro usanze singolari per rispondere al morbo e alla morte.

Criticava inoltre la politica, che mostrava soltanto il lato peggiore quello speculativo, lasciando i poveri e gli indigenti allo stato precedente.

Il giornalismo era per lei terreno di osservazioni dei costumi, che riportava nei romanzi, anche in quelli che la critica definiva mondani, come Cuore infermo (1881) e Addio amore (1890). 

Alle sue note sulla moda, sui cibi, lo sport, gli eventi mondani, le novità del progresso, gli usi e costumi, faceva da contraltare un'attenzione particolare per gli avvenimenti sociali.

Sul Giornale delle Donne, una delle principali riviste per l’emancipazione femminile, scrisse l’articolo Come muoiono le maestre, nel quale denunciava la situazione delle giovani maestre elementari dopo il drammatico suicidio di Italia Donati, che si era tolta la vita per calunnie infondate.

Nel 1892, con Scarfoglio fondò un nuovo giornale Il Mattino, ma in quell’anno si verificò un evento tragico: il coniuge aveva avuto una figlia da una relazione con una cantante Gabrielle Bessard, ma si era rifiutato di lasciare la moglie. La donna si presentò a casa Scarfoglio, lasciò la bambina che aveva due anni, e si sparò un colpo di pistola, lasciando un biglietto: «Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre.» Morì in ospedale. L’episodio sollevò un grande clamore in tutta Napoli. Nonostante il dolore per l’accaduto, Matilde reagì con generosità adottando la bambina col nome di sua madre Paolina, perdonò anche Scarfoglio, ma la relazione s’interruppe dopo alcuni anni.

Nel 1900 l’inchiesta sull’amministrazione comunale di Napoli per corruzione coinvolse anche Il Mattino; Scarfoglio fu accusato di collusione e di scambio di favori con la precedente Giunta, di avere un tenore di vita superiore alle sue possibilità e la Serao di aver ricevuto denaro e soldi in cambio di raccomandazioni per posti di lavoro. Scarfoglio rispose rendendo note sul giornale le sue modeste ricchezze e il tenore di vita della moglie. L’attività di Matilde proseguì con una semplice rubrica, Api, mosconi e vespe, che riapparve con titoli diversi per oltre quarant’ anni nel Corriere di Roma, il Corriere di Napoli, e dal 1896 nel Mattino col nome di Mosconi. 

Nel 1903 dette le dimissioni dal Mattino e fondò un nuovo quotidiano, Il Giorno, con un altro giornalista con cui ebbe una relazione, Giuseppe Pasquale. Rispetto al Mattino di Scarfoglio, con cui entrò in concorrenza, il giornale della Serao era raramente polemico e riscosse successo. Dall'unione con Pasquale nacque una bambina, che Matilde chiamò Eleonora, in segno d'affetto per la Duse,

Dopo la morte di Scarfoglio nel 1917 la Serao sposò Pasquale e quando anche lui mori assunse la direzione del giornale e continuò con la stessa vitalità il suo lavoro giornalistico e letterario. Si spense improvvisamente il 25 luglio 1927 mentre era intenta a scrivere. Fu sepolta nella cappella di famiglia del cimitero di Poggioreale di Napoli.

A differenza del Mattino, il Giorno non simpatizzò col fascismo nascente. Nel 1825 la Serao aveva firmato il manifesto degli intellettuali antifascisti lanciato da Benedetto Croce, per questo motivo il regime intervenne perché non le venisse conferito il premio Nobel, assegnato l’anno successivo a Grazia Deledda.

 

Alberto Dolara

 

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