Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Vittime innocenti. Gennaio 1980-2017

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Il 2 gennaio del 1984 ad Ottaviano (NA) venne ucciso il piccolo Silvio Iervolino, Aveva solamente 2 anni e mezzo.

Fu colpito alla testa da proiettili diretti allo zio con cui stava giocando.

Tre anni li avrebbe compiuti a maggio, ma la barbara legge della vendetta camorristica non risparmia la vita nemmeno ai bambini. Silvio Iervolino, nipotino di un pregiudicato proposto per la sorveglianza speciale e noto come affiliato all’organizzazione criminale di Raffaele Cutolo, è stato trapassato dagli stessi proiettili che hanno gravemente ferito lo zio durante un agguato di clan avversari.

Il 3 gennaio del 1986 a Napoli venne ucciso Giovanni Pizzone, di soli 10 anni.

Scomparve da casa e fu ritrovato otto giorni dopo a Casavatore, un grosso comune industriale a nord di Napoli. Il corpo del bambino venne trovato sotto un ponte alla periferia del comune: aveva il collo parzialmente tagliato, il volto sfigurato, le braccia staccate. Una agghiacciante mutilazione.

 

I carabinieri hanno tratto in arresto un giovane di venticinque anni con alcuni problemi mentali; l'uomo, dopo un lungo interrogatorio, ha confessato di aver incontrato il piccolo per strada e di averlo convinto a fare una passeggiata fin sotto il ponte, dove poi l'ha ucciso dopo aver abusato di lui. 

Il 6 gennaio del 1980 a Palermo venne ucciso il Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, 45 anni. Nel 1979 quando il deputato Pio La Torre, responsabile nazionale dell’ufficio agrario del Partito Comunista Italiano, attaccò l’Assessorato dell’agricoltura denunciandolo come centro della corruzione regionale, Mattarella riconobbe pienamente la necessità di correttezza e legalità nella gestione dei contributi agricoli regionali. Il 6 gennaio 1980, appena entrato in auto insieme con la moglie e col figlio per andare a messa, fu ucciso a colpi di pistola. Ad ordinare la sua uccisione fu Cosa Nostra, a causa del suo impegno nella ricerca di collusioni tra mafia e politica.

Il 7 gennaio del 1982 a San Giorgio a Cremano venne uccisa Annamaria Esposito, 33 anni. 

Assassinata perché era stata testimone oculare di un omicidio.

Fu uccisa da due sicari di camorra all'interno del suo bar a San Giorgio a Cremano, colpita con dieci proiettili. Due giorni prima nella medesima zona era stato ucciso un esponente della Nuova Famiglia. Non si esclude che Annamaria avesse visto i sicari e potrebbe essere stata uccisa in quanto testimone "scomoda" secondo le logiche criminali dei clan.

L’8 gennaio del 1982 a Torre Annunziata vennero uccisi Luigi D’Alessio, maresciallo dei Carabinieri e Rosa Visone, 16 anni, una passante, sotto i colpi sparati da alcuni camorristi.

Il maresciallo si trovava in una "500'' con il capitano Sensales e un altro sottufficiale. Stavano tornando da un servizio di perlustrazione quando intercettarono un'auto con quattro persone a bordo, riconoscendo tra questi due pericolosi camorristi, latitanti, legati al clan Cutolo. Dopo averli seguiti e fermati, D'Alessio scese dall'utilitaria per controllare i documenti, ma contro i tutori dell'ordine i pregiudicati spararono numerosi colpi di pistola uccidendo il maresciallo.

A cento metri di distanza fu ritrovato il corpo senza vita di una sedicenne, Rosa Visone, la quale, mentre era in atto la sparatoria, stava attraversando la strada.

Dalle indagini condotte dai carabinieri emerse la responsabilità di un uomo, contro il quale fu spiccato ordine di cattura. Il pregiudicato venne arrestato a Secondigliano, dopo un lungo inseguimento dagli agenti del quinto distretto di polizia, al comando del vice questore Vincenzo Scalone. Il presunto omicida era a bordo di una ''Mercedes'', guidata da un altro pregiudicato. Quest'ultimo tentò di sparare contro gli agenti che, a loro volta, fecero fuoco, colpendo la macchina e costringendola a fermarsi. Vangone sarà accusato, oltre alla morte di D'Alessio, anche del tentato omicidio degli agenti che lo avevano arrestato, insieme con il primo uomo.

Il 9 gennaio del 2008 a Barra, Napoli, venne ucciso Mario Costabile, 50 anni.

Venne colpito più volte al capo con il calcio della pistola che ha provocato una emorragia celebrale che lo ha portato alla morte. Subito soccorso da alcuni passanti, prima di perdere i sensi avrebbe rivelato di essere stato vittima di una rapina. È spirato dopo il ricovero all’ospedale Villa Betania. Costabile aveva con sé soldi, documenti e oggetti personali.

L’11 gennaio del 1994 a Napoli venne ucciso il 22enne Rosario Mauriello. Fu raggiunto per errore da diversi colpi d’arma da fuoco esplosi da un commando dei Di Lauro mentre camminava per la traversa Marrone a Melito di Napoli, dove viveva. Figlio di una famiglia onesta, il suo sogno era quello di diventare un poliziotto. 

Per oltre vent'anni nessuno ha pensato all'errore di camorra. La madre di Rosario andava in tutte le trasmissioni per dire che il figlio non era camorrista ma nessuno le credeva. Solamente nel 2018, un pentito di camorra, Maurizio Prestieri, vicinissimo al Clan Di Lauro e intervistato dallo scrittore Roberto Saviano racconta la verità. «Il ragazzo fu ammazzato per errore, dovevamo uccidere un altro giovane che dava fastidio ai cantieri delle famiglie a Marano, ma noi killer non lo conoscevamo. Mentre la vittima era a terra ancora in vita, il ragazzo gridava «no, no» ma i killer lo finirono lo stesso.»

Il 12 gennaio del 1988 a Palermo venne ucciso il sindaco Giuseppe Insalaco di 47 anni.

Fu sindaco di Palermo per tre mesi e, come tale, denunciò a più riprese le collusioni tra politica e Cosa Nostra e dopo averlo fatto, l’automobile di Insalaco fu bruciata davanti alla sua abitazione e fu poi assassinato a colpi di pistola il 12 gennaio 1988. Dopo la sua morte fu trovato un memoriale in cui Insalaco accusava diversi esponenti della DC palermitana e il sistema di gestione degli appalti e del potere cittadino. Il 17 dicembre 2001 sono stati confermati in Cassazione gli ergastoli per Domenico Ganci e Domenico Guglielmini, riconosciuti responsabili dell'omicidio di Giuseppe Insalaco sulla base delle accuse dei collaboratori di giustizia Calogero Ganci, Francesco Paolo Anzelmo e Antonino Galliano.

Il 13 gennaio del 2011 a San Giorgio a Cremano venne ucciso Vincenzo Liguori, 57 anni. I killer arrivarono in sella ad una moto coperti da un casco integrale: l’obiettivo era un pregiudicato, Luigi Formicola, 56 anni, titolare di un circolo ricreativo. La sede del circolo si trovava a fianco ad una officina meccanica dove da anni Vincenzo riparava moto, la sua passione da sempre. Il raid omicida si compì in pochi minuti. I killer abbatterono con una raffica di colpi Luigi Formicola che tentò di sfuggire ai suoi assassini e cercò di ripararsi proprio nell’officina di Liguori. Pochi metri dietro di lui, all’interno dell’officina, si accasciò anche Vincenzo, colpito al cuore da una pallottola. Un solo colpo, fatale. 

Il 17 febbraio del 2017, l’unico imputato Vincenzo Troia, viene assolto definitivamente. Quella morte innocente non ha colpevoli.

Il 13 gennaio del 1982 Cutro (Crotone) venne ucciso il maresciallo dei carabinieri Francesco Borrelli, 56 anni.

 Il giorno in cui fu ucciso si trovava a Cutro, in vacanza, in piazza con alcuni amici, quando all’improvviso notò in un’auto alcuni uomini armati di fucili e, dal lato opposto della piazza, Antonio Dragone, uomo legato ad ambienti mafiosi. Spinto da un estremo senso del dovere, Borrelli tentò di salvare le persone presenti sulla piazza, venendo colpito in pieno. Morì quel giorno anche Salvatore Dragone, nipote di Antonio.

Il 14 gennaio del 2012 ad Ottaviano venne uccisa dal marito uccisa Enza Cappuccio, 33 anni. Vittima del degrado sociale e dell'emarginazione, Enza Cappuccio fu uccisa dal marito nella loro abitazione in via San Tommaso a Marano. 

Enza era nota negli ambienti dei servizi sociali del Comune di Marano per la sua storia familiare pregressa ed attuale: i sei figli della coppia sono tutti in affidamento presso altre famiglie su disposizione del Tribunale per il rischio di maltrattamenti ed abusi e il degrado in cui erano costretti a crescere. Motivi, questi ultimi, che avevano determinato l'arresto del marito, padre-padrone, che stava scontando il resto della pena ai domiciliari. La coppia condivideva la modesta abitazione con una nipote di Enza, e un altro uomo, che condivideva con il marito di Enza anche l'attività di parcheggiatore abusivo.

Alle 19 di domenica 15 gennaio, il marito di Enza, con l'amico e una sorella, trasportano Enza, già cadavere, all'ospedale Cardarelli, sostenendo di aver trovato la donna morta, forse uccisa in un tentativo di rapina. I medici riscontrano sul corpo della donna, visibilmente denutrito, numerose contusioni ed evidenti segni di strangolamento, ed allertano le forze dell'ordine che sottopongono a fermo il marito e i due accompagnatori. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri della compagnia di Giugliano, l'uomo, il giorno 14 gennaio, tornato a casa ubriaco, avrebbe avuto un'ennesima lite con la donna e l'avrebbe picchiata fino ad ucciderla. Avrebbe, poi, chiesto aiuto per occultare il cadavere ma sarebbe stato notato dai vicini. Di qui la decisione di inscenare il tentativo di rapina e il trasporto della donna in ospedale il giorno successivo in serata. Le indagini non escludono che l'uomo abbia dormito accanto al corpo senza vita della moglie. 

L'uomo viene arrestato con l'accusa di omicidio volontario. Le indagini portano anche alla conferma del fermo delle persone che vivevano nella loro abitazione. L'amico dell'uxoricida e la nipote della vittima, prima denunciati per favoreggiamento, avrebbero avuto un ruolo attivo nella vicenda, tenendo ferma la donna mentre il marito la uccideva di botte.

Dagli interrogatori dei complici emergono particolari inquietanti di un accanimento mostruoso sul corpo della indifesa vittima.

Il 15 gennaio del 2005 a Secondigliano (NA) venne uccisa Carmela Attrice, 47 anni, per una vendetta trasversale nell’ambito della faida di Scampia.

Era la madre di uno «scissionista» ed è stata uccisa nell’androne della sua abitazione.  Venne attirata in trappola al citofono perché il figlio spacciava assieme agli scissionisti. Venne uccisa per vendetta dalla camorra, senza aver svolto alcun ruolo nel mondo segnato dai clan e dalle loro logiche di guerra. scissionisti. 

Un agguato raccontato anche nel film Gomorra dove la vittima è interpretata da Maria Nazionale.

Quando sentite dire che la vecchia camorra non uccideva donne e bambine ribellatevi.

Il 16 gennaio del 2007 a Napoli venne ucciso il 16enne Luigi Sica.

Venne barbaramente accoltellato per una lite per futili motivi tra adolescenti.

Quella sera, in via Santa Teresa degli Scalzi, punto di ritrovo dei ragazzi della Sanità, Luigi, soprannominato "Maradona" per la sua passione per il calcio, si reca ad incontrare gli amici di sempre dopo essersi allenato su un campetto di Secondigliano. Luigi coltiva il sogno di diventare come il suo grande idolo: Fabio Cannavaro. Poco distante si è radunato un altro gruppetto di amici, tra cui un quindicenne. Bastano poche battute e si consuma il dramma. Luigi tira un ceffone al ragazzo, che si allontana in compagnia di un suo amico quattordicenne, minacciando Luigi con poche, tremende parole: «Io ti uccido».

Ed è proprio l'altro giovane che spinge il quindicenne a concretizzare la minaccia fatta, offrendogli l'arma del delitto, un coltello a serramanico acquistato sulle bancarelle dei cinesi ai Vergini. Tornato sul posto, il giovane uccide Luigi con tre coltellate: la prima alle spalle, la seconda al collo, la terza, infine, trafigge il pericardio. Luigi crolla a terra esanime, in un lago di sangue. Morirà poco dopo all'ospedale San Gennaro di Napoli.

L'assassino, al giudice del tribunale per i minorenni, dirà che l'offesa subita davanti ai suoi amici era troppo grande e che era tornato armato di coltello da Luigi "per dimostrare di non essere scemo". Sarà condannato dal Tribunale per i Minorenni di Napoli nel 2007 a 15 anni di reclusione, optando, come il suo amico complice, per il rito abbreviato, pena ridotta a 14 anni dalla Corte di Appello, sezione Minori, nel 2008. 

Il 17 gennaio del 2009 a Napoli venne Ucciso Umberto Concilio, guardia giurata di 28 anni.

Vigilantes privato in servizio di controllo notturno presso negozi e istituti di credito nella zona del vecchio Tribunale di Napoli, morì dopo essere stato portato al Pronto Soccorso dell'ospedale Loreto Mare, per le gravi ferite riportate in un agguato.

Dopo i normali controlli, insieme ad un collega, mentre rientrava in macchina, due persone a bordo di uno scooter lo affiancarono sparandogli. Otto colpi ammazzarono sul colpo Concilio, altri sei ferirono gravemente il suo collega.

Per l'omicidio di Concilio venne arrestato un diciassettenne, nel processo di Primo Grado venne assolto.

Nel mese di aprile 2012, in Corte d'Appello, con le stesse prove è stato condannato a 16 anni di reclusione in quanto responsabile dell'omicidio di Umberto Concilio: assassinato nel corso del tentativo di portargli via la pistola d'ordinanza. 

Il 29 agosto 2013 il giovane viene arrestato dalla Polizia nell'aeroporto di Fiumicino. Era latitante dal 2011.

Il 19 gennaio del 1995 a Teverola (CE) venne ucciso Genovese Pagliuca, 24 anni.

Voleva difendere la sua fidanzata, una giovane parrucchiera, della quale si invaghì anche Angela Barra, amante del boss Bidognetti, che con lei voleva una relazione. La Barra aveva conosciuto la ragazza di Genovese e aveva cominciato a cercarla in modo sempre più insistente. Al suo rifiuto la fece sequestrare e rinchiudere in un appartamento. La ragazza fu anche violentata ripetutamente dal fratello della Barra. Riuscì a fuggire dopo qualche settimana e raggiunge il suo fidanzato a cui raccontò tutto. Insieme decisero di non rendere pubblico quello che era avvenuto, per paura e per pudore ma la Barra la rivoleva indietro e per prima cosa ordinò l’omicidio del fidanzato, che avvenne la sera del 19 gennaio 1995.

Carla, davanti alla morte del fidanzato, decide di rompere il muro di omertà raccontando tutto ai carabinieri. Adesso vive sotto protezione in una località segreta. Grazie alla confessione della ragazza sono arrestati i fratelli Barra e il loro complice, Luigi De Vito.

Il 19 gennaio 2014 moriva a causa di un tumore Michele Liguori il vigile eroe di Acerra che combatteva contro l'inquinamento del territorio delle ecomafie. Ancora oggi rappresenta un simbolo di legalità e amore per la propria terra e per i suoi concittadini. Se le cose stanno cambiando, il merito è anche suo. A noi il dovere di ricordarne sempre l'impegno e la dedizione in favore della cultura della legalità e della tutela della salute pubblica.

Il 23 gennaio del 2003 a Napoli venne ucciso l’ambulante Antonio Vairo, 68 anni, per uno scambio di persona. Si trovava in calata Capodichino per acquistare alcune bibite. Mentre si stava intrattenendo dinanzi all'associazione cattolica a cui era iscritto, venne colpito alle spalle.

Le attività investigative sono proseguite avanti per 18 mesi ma non hanno consentito di acquisire elementi utili per la prosecuzione delle indagini. Nel permanere ignoti gli autori del reato, il P.M. ha formulato richiesta di archiviazione, accolta poi dal GIP.

La famiglia di Antonio, la vedova e le tre figlie, ottengono a distanza di alcuni anni il riconoscimento di familiari di vittima innocente di criminalità organizzata.  Nella determina del Ministero dell'Interno, infatti, si legge che Antonio Vairo è da ritenersi vittima innocente della criminalità organizzata perché "fu ucciso per errore nell'ambito delle scommesse clandestine".

Il 24 gennaio del 2005 fu ucciso dalla camorra l’imprenditore Attilio Romanò. 

Era un giovane imprenditore, attivo nel settore della telefonia e informatica al dettaglio. Fu ucciso per uno scambio di persona all'età di 29 anni a Napoli.

Quel giorno Romanò era l'unico presente nel negozio di telefonini nel quale lavorava all'ora di pranzo verso la chiusura pomeridiana. I sicari sono entrati e hanno sparato 5 colpi contro l'uomo che si trovava dietro il banco, non conoscendone l'effettiva identità. Reale obiettivo dell'agguato era Salvatore Luise, nipote del boss degli scissionisti Rosario Pariante. 

Le indagini sulla morte di Attilio Romanò portano, nel giugno del 2010, a tre arresti, tra cui quello di Mario Buono, indicato come esecutore materiale. Le rivelazioni di alcuni pentiti permettono di collocare l'omicidio di Attilio nell'ambito delle vendette trasversali durante gli scontri tra le due fazioni in guerra durante la faida di Scampia. 

La Corte d'Assise di Appello del Tribunale di Napoli conferma il 26 febbraio 2014 l'ergastolo per Mario Buono, che uccise Attilio Romanò.

Il 25 gennaio del 1983 a Valderice (TP) il sostituito procuratore della Repubblica a Trapani Giangiacomo Ciaccio Montalto, 42 anni.

I sicari lo uccisero all’interno della sua “Golf”, davanti all’ingresso della sua casa di villeggiatura in via Carollo di Valderice. L’agguato scattò poco dopo l’una di notte. Il corpo crivellato venne scoperto soltanto all’alba da un contadino che diede l’allarme. Nessuno, nella notte, nonostante intorno vi fossero decine di abitazioni, chiamò carabinieri. Ancora pochi giorni e Giangiacomo Ciaccio Montalto avrebbe lasciato Trapani per andare ad occupare una stanza alla Procura di Firenze. In quel momento stava ancora su vicende trapanesi, all’emissione di un buon numero di ordini di arresto nei confronti di insospettabili e figure di spicco dell’imprenditoria. E stava indagando anche su alcune persone sospettate di legami o di essere inserite in Cosa Nostra, attive in Toscana. Personaggi i cui nomi erano comparsi in occasione di alcuni delitti accaduti nei pressi di Firenze. Erano molte tracce che portavano lì e indicavano che nel fiorentino la mafia aveva messo radici, tessuto rapporti con personaggi di spicco del mondo industriale ed istituzionale.

Il 26 gennaio del 1997 ad agosto Ercolano venne ucciso il 16enne Ciro Zirpoli. Era il figlio dell’importante collaboratore di giustizia Leonardo Zirpoli e nipote di Salvatore Zirpoli, anch’egli impegnato a fornire indicazioni ai magistrati sugli interessi occulti del clan Ascione di Ercolano.  Il ragazzo fu ucciso proprio per questo.

Con l'assassinio di Ciro la camorra dichiarò guerra ai collaboratori, una guerra non più combattuta solo a parole, ma anche con la violenza delle armi. A pochi giorni dall'accaduto un ennesimo messaggio che mirò al cuore di chi collabora con la giustizia: la tomba del 16enne venne profanata. Lumi e candele vennero accatastati in un angolo e dati alle fiamme, la lastra di marmo che copre la bara e il crocefisso vennero sradicati dal terreno, fiori e piante, che onoravano la memoria di Ciro, vennero fatti a pezzi.

Il 27 gennaio del 1991 ad Agrigento venne ucciso Vincenzo Salvatori, guardia giurata di 38 anni.

Lavorava per una ditta di trasporto valori e la mattina di quel giorno si recò insieme a due colleghi presso la Banca d’Italia di Agrigento. Ritirò i plichi con i soldi, salì a bordo del furgone e imboccò la strada per Favara per effettuare le consegne. In prossimità della contrada Petrusa la vettura fu affiancata da un’auto blindata. Salvatori, trovandosi al posto di guida, tentò di mettere in salvo sé stesso e i suoi compagni ma la strada gli venne bloccata da una Citroen Bx Bianca. Quattro malviventi si avvicinarono al portavalori e spararono. Vincenzo morì sul colpo.

Il 28 gennaio del 1988 a Sarno (SA) venne ucciso il costruttore edile Aniello Cordasco. Non sopportava più il pesante taglieggiamento dei Galasso e li affrontò dicendo che non avrebbe più pagato una lira. Fu trovato morto con 5 colpi di pistola in testa.

Nel 1992 il pentito di camorra Pasquale Galasso rivelò di essere stato il mandante dell’omicidio dell’imprenditore. Per anni, infatti, le indagini furono indirizzate sulla pista del movente passionale. In realtà, Aniello si era opposto alle richieste estorsive: questo il motivo della “punizione”.

Il 29 gennaio del 1986 a Napoli venne ucciso l’agente scelto di Polizia Vittorio Esposito, 32 anni.

Dei sicari della camorra stavano sparando all'impazzata nei pressi di alcune abitazioni in Via Montagna Spaccata. Obiettivo dell'agguato mortale era un pregiudicato. Vittorio, sposato e padre di un bambino di quatto anni, era un agente in servizio presso il garage della Questura di Napoli. Quella sera si trovava con la moglie e il figlioletto, oggi divenuto poliziotto come il padre, a casa di un suo amico. Al rumore dei colpi esplosi, Vittorio si affacciò e cercò di impugnare la pistola d'ordinanza. I sicari non persero tempo e colpirono il giovane poliziotto in piena fronte. L'agente morì lungo il tragitto verso l'Ospedale San Paolo. Nel corso delle indagini svolte dai colleghi di Vittorio vennero arrestati due dei 3 killer che devono rispondere di omicidio, tentato omicidio e detenzione e porto d'armi. 

Il 30 gennaio del 1993 a Fisciano (NA) venne ucciso il benzinaio Mario Lotano, 43 anni. Era il titolare di un distributore di benzina. Quella sera, due persone a volto coperto si presentarono al distributore proprio mentre Lotano stava chiudendo. Lotano si diresse verso la cassa per prendere i soldi da dare ai banditi: questi pensando che potesse prendere un’arma e spararono uccidendolo.

Per questo omicidio fu incolpato da 3 pentiti un affiliato del clan di Giuseppe Maisto detto 'O pugile di Mercato San Severino. Contrariamente alla volontà del PM costui venne assolto. I parenti di Lotano si sentirono traditi dalla giustizia e non si costituirono parte civile al processo.

Il 31 gennaio del 1983 a Napoli, venne ucciso l’appuntato Nicandro Izzo, 39 anni, in servizio presso la casa circondariale di Poggioreale.

Venne raggiunto da un colpo di pistola alla testa, a poca distanza dall'istituto penitenziario e vicino al mercato rionale, da un ignoto motociclista che gli si affiancò sparandogli ed uccidendolo sul colpo.

Lavorava nel carcere napoletano dove furono rinvenute armi, stupefacenti e dove sono vennero denunciati episodi di violenze di alcuni agenti di custodia nei confronti dei detenuti. Izzo lavorava all'ufficio accettazione pacchi, uno dei varchi per l'introduzione di oggetti anche proibiti. 

Il movente non è mai apparso chiaro anche se si è seguita l'ipotesi di una vendetta di tipo camorristico.

Nella serata dell'assassinio giunse alla testata giornalistica del "Il Mattino" una rivendicazione telefonica da parte del sedicente "Fronte dei Carcerati".

 

Francesco Emilio Borrelli

 

 

 

 

 

 

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