Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Cristiani Sionisti

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Lo Stato di Israele conta oggi molti sostenitori non solo all’interno delle sue frontiere, ma anche oltre i confini e le terre che attualmente presidia a mano armata. Tra i gruppi più numerosi ed interessati alle sorti dello Stato nato da un piano di partizione della Palestina del 1947, proposto e votato dalla United Nations General Assembly, ci sono più di 600 milioni di cristiani evangelici, di cui oltre 120 milioni in America Latina e nei Caraibi e più di 100 milioni in Nord America, tra Stati Uniti e Messico.

Centinaia di milioni di amici dello Stato di Israele, ispanofoni, sparsi tra il Sud e il Nord America, che oggi finanziano e difendono a spada tratta il lancio, per volontà del governo di Tel Aviv, delle tonnellate di grandine di fuoco sulla popolazione civile di Gaza e che convintamente sostengono la sistematica pulizia etnica del popolo palestinese.

 

Ad un viaggiatore che attraversa i paesi centroamericani risulterà difficile non notare la quantità di bandiere con la stella di Davide appese fuori case private, edifici pubblici e automobili.

Che legame c’è tra un movimento cristiano e lo Stato di Israele o con gli ebrei che non accettano Gesù e che lo considerano un falso profeta?

Perché alcuni pastori evangelici indossano la kippah durante le loro veglie?

Perché pregano ossessivamente per Israele? Ma soprattutto, perché i milioni di fedeli delle chiese evangeliche sono così ferocemente pro-Israele?

La risposta si trova nella Bibbia, o meglio, in una particolare interpretazione “moderna” del Vangelo.

In estrema sintesi (senza tirare in ballo Cromwell, Newton, Eliot, Tim LaHaye e sua la saga Left Behind…): cosa stanno aspettando i cristiani? Il ritorno di Gesù sulla terra, la seconda venuta del Messia, una delle profezie bibliche menzionate nei quattro vangeli in diversi passaggi.

I cristiani evangelici, legittimamente, interpretano i testi biblici in modo tale da credere che questa profezia si realizzerà solo dopo che gli ebrei saranno tornati nella terra promessa.

È la volontà di Dio che impone che tutti gli ebrei ritornino alle loro terre, espellano gli invasori, nella fattispecie i palestinesi, e solo allora Cristo tornerà per regnare per mille anni.

«In questo momento, Israele è in conflitto con quel gruppo terroristico chiamato Hamas, per questo oggi dobbiamo pregare per quella Nazione. Israele sarà indistruttibile, tutte le nazioni che attaccheranno Israele cadranno. Israele è il centro del globo terraqueo e, ovviamente, se Israele scompare, tutto scompare. Per questo Israele deve esistere. Israele deve esistere e basta.»

Questo è l’argomento più autorevole e ricorrente ai quali i pastori si “affidano” per la loro predica, che si chiude con la citazione di ordinanza, Isaia 40, che dice: «Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio».  E se Dio dice che bisogna consolare il popolo ebraico, decine di milioni di amici di Netanyahu intendono che questo è il loro ruolo nel “piano generale divino”.

Per loro gli attuali ebrei, nati in città come Leningrado, Mosca, Kiev, Madrid, Buenos Aires o nel Tennessee, sono discendenti legittimi del popolo ebraico della Bibbia e, per questo, hanno un’autorità storica, morale e ancestrale per stabilirsi nelle terre che, sempre secondo la “certificazione” della Bibbia, appartengono esclusivamente a loro e solo a loro.

Il fatto che lo Stato di Israele sia invece, sotto alcuni aspetti, più progressista degli stessi evangelici, riconoscendo, ad esempio, i matrimoni omosessuali contratti in altri paesi o permettendo l’aborto, o che i cristiani rappresentino meno del 2% della popolazione dello Stato di Israele, non impedisce agli evangelici sionisti di dribblare il corto circuito di coscienza ed erigersi come i principali sostenitori morali e sostanziali dello Stato di Israele in tutto il mondo.

Proprio per questi atteggiamenti questa particolare corrente evangelica è stata definita cristianesimo sionista, e allo Stato di Israele, ovviamente, fa estremamente comodo contare sulla propaganda di centinaia di milioni di cristiani sionisti pronti a giustificare l’occupazione, il genocidio e la pulizia etnica imbracciando i testi sacri, ossia la parola di Dio, non essendoci autorità legittima più grande di Dio stesso. «Gott mit uns» era anche il motto inciso sulla fibbia del cinturone dei soldati del Terzo Reich.

La predisposizione a giustificare tutto ciò che lo Stato di Israele fa e dispone è evidente, qualsiasi cosa diventa accettabile pur di accelerare i tempi per la battaglia dell’Armageddon. Perché prima deve cominciare la battaglia dell’Armageddon e solo allora, secondo la loro visione, Gesù tornerà e distruggerà l’Anticristo; certo ci sarà molto spargimento di sangue, ma alla fine l’Anticristo sarà gettato in un abisso per mille anni. Affinché tutto accada, lo Stato di Israele però deve prima completare l’occupazione espellendo i palestinesi. Ecco allora che le grandinate di bombe al fosforo, incensate da questi cristiani, sono considerate legittime poiché cadono per la volontà di Dio. E i buoni cristiani devono semplicemente smettere di ragionare con la propria testa e sottomettersi a questa volontà assoluta.

Ma quando Gesù Cristo finalmente arriverà, dopo questa Apocalisse, cosa farà con i milioni di ebrei che non credono in lui?

Per rispondere basta leggere e interpretare la Bibbia (ovviamente sempre in chiave evangelica): in quel momento il popolo eletto capirà di aver sbagliato e accetterà Gesù Cristo come messia e così inizierà il millennio di reggenza, o regno messianico.

Quindi, ricapitolando, l’ultimo passo di questo razionale percorso, che parte con l’accelerazione dell’inizio dell’Apocalisse, è che il popolo ebraico abbandoni il giudaismo.

Questo suona, anzi rimbomba, alquanto antisemita, nel più elastico significato del termine. Invece per il governo di Israele, questa è una vera miniera d’oro. Stiamo parlando di 600 milioni di persone, centinaia di migliaia di devoti in tutto il mondo, convinti dell’eccezionalità etnica degli ebrei, che per volontà divina devono godere di più diritti dei palestinesi, volontà che tutti i popoli devono riconoscere, fino al punto che ogni atto compiuto dallo stato sionista, essendo orchestrato da Dio, deve essere tollerato, sostenuto economicamente ed esaltato da tutti noi. Questo è in sintesi il messaggio di fondo dei sionisti cristiani.

Negli ultimi decenni, l’espansione del culto evangelico in Nord e Sud America è stata davvero vertiginosa. Negli Stati Uniti, rappresentano il gruppo religioso più grande, superando cattolici e protestanti. Quando si parla dei sionisti che influenzano le politiche statunitensi in Medio Oriente, ci si riferisce principalmente ai cristiani sionisti, che hanno guadagnato forza a partire dagli anni ’80. 

Nel 1978, l’allora presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, da pochi giorni asceso in paradiso, dichiarò esplicitamente che le sue convinzioni prosioniste avevano influenzato la sua politica in Medio Oriente. In un discorso sottolineò che la creazione dello Stato di Israele nel 1948 fu il compimento di una profezia biblica. Ronald Reagan era ancora più vicino ai sionisti di Carter, e George Bush – sia padre che figlio – e Bill Clinton non hanno cambiato di molto l’approccio pro-Israele nelle loro politiche estere.

Quale è il fattore principale che rende intollerabili le critiche pubbliche allo Stato di Israele, etichettandole quasi immediatamente come antisemite?

Al di là della Bibbia, l’olocausto etc., si tratta di qualcosa di molto concreto: il vile denaro, ovvero il finanziamento di campagne elettorali e il finanziamento dell’esportazione di democrazia.

Nel 2003, il Washington Post riportava che la campagna presidenziale democratica era finanziata al 60% da fonti ebraiche, per l’ultima campagna invece i dati ancora non sono stati pubblicati. In America Latina, con l’espansione dell’influenza evangelica, le politiche pro-Israele hanno guadagnato sempre più forza.

Non si parla solo del Brasile di Bolsonaro e Lula, o dell’argentina di Milei (Javier Milei, quello dell’evento Atreju organizzato al di qua del globo terraqueo…) il quale, appena insediato, ha rilanciato il piano di Israele per la Patagonia, ma anche del resto dei paesi ispanofoni. Quali sono i due paesi al mondo che hanno riconosciuto per primi Gerusalemme come capitale di Israele? Gli Stati Uniti del 1° Donald Trump, e il Guatemala.

Il Guatemala, quel piccolo paese centroamericano dove il 43% della popolazione è evangelica.

«Il nemico di Israele è il nemico di Dio» diceva il presidente Alejandro Giammattei, con passaporto italiano, nel 2019. Chiunque invece direbbe che il nemico del Guatemala sia lo stesso Giammattei: linea dura contro la criminalità e tolleranza 100% della corruzione nella PA, ma soprattutto garanzie giuridiche per i grandi progetti estrattivi di note multinazionali interessate a 17 elementi chimici in particolare, tra cui scandio, ittrio, lantanio, cerio, ecc., minerali strategici utilizzati per la costruzione di prodotti ad alta tecnologia: superconduttori, laser, smartphone, computer, satelliti, missili GPS, munizioni guidate, radar avanzati, etc..

Tuttavia, è difficile immaginare che possa fare peggio del suo predecessore, Jimmy Morales, ex comico televisivo con l’ambizione di passare alla storia come il miglior presidente del Guatemala, Morales sarà invece ricordato come uno dei più disprezzati.

Tra le sue azioni più controverse, spicca lo smantellamento della Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (CICIG), accusata di minare con le sue indagini sulla corruzione i privilegi di potenti figure politiche e imprenditoriali. Non meno controverso è stato il suo utilizzo dello stato d'assedio in diverse cittadine, ufficialmente per contrastare il narcotraffico, ma in realtà per reprimere le proteste contro i progetti estrattivi di terre rare, i cui impianti sottraggono territorio all’agricoltura rendendolo inutilizzabile per decenni.

Degna di nota è anche la rapidità con cui, appena lasciata la presidenza a Giammattei, Morales ha giurato come parlamentare, assicurandosi l’immunità rispetto alle accuse di finanziamenti illeciti ricevuti durante la campagna elettorale del 2015. Ma andiamo oltre, da parte sua, l'ex presidente dell'Honduras, Juan Orlando Hernández, attualmente detenuto negli Stati Uniti per narcotraffico, spostò anch’egli l'ambasciata del suo paese a Gerusalemme, eseguendo le direttive del "padrone del nord", evidentemente pressato da gruppi di elettori evangelici.

Il successivo governo di Xiomara Castro ha considerato di riportarla a Tel Aviv, ma per il momento resta ancora “inchiodata” a Gerusalemme. In conclusione, esistono centinaia di milioni di persone in tutto il mondo che sostengono, moralmente e finanziariamente, la pulizia etnica dei palestinesi, versando ingenti quantità di denaro in donazioni a sostegno di lobby politiche pro-Israele affinché interi paesi definiscano il loro approccio in Medio Oriente a favore dello Stato di Israele.

E tutto questo affinché cominci la battaglia dell'Armageddon, accompagnata dall'Apocalisse e, successivamente, il Messia. Solo allora i più di 600 milioni di amici di Netanyahu vivranno un millennio di felicità. Nel frattempo fin quando il “programma divino” si completi, c’è molto denaro evangelico in transito nel circuito SWIFT, sia attraverso le donazioni che tramite i tour organizzati dallo Stato di Israele per i devoti cristiani di tutto il pianeta.

Gli operatori sionisti hanno scoperto una vera e propria miniera d’oro che attraverso un suggestivo viaggio, svolge uno straordinario ruolo propagandistico. Non solo portano i cristiani sionisti nei luoghi sacri, ma anche in installazioni militari, campi di addestramento e altri luoghi di interesse, per far vivere in prima persona i brividi della battaglia che questo Stato sta combattendo per rafforzarsi come nazione e portare l’umanità alla fine del mondo il prima possibile. Il tutto, ovviamente, per avere un mondo migliore in seguito, secondo la volontà di Dio e del messia che verrà.

Gli altri movimenti religiosi però non sono rimasti a guardare, porgendo l’altra guancia e, sebbene siano una minoranza rispetto agli evangelici, si sono mobilitati organizzando una piccola “intifada ideologica”,  attraverso un dialogo palestinese-latinoamericano instaurato grazie ad una conferenza durata una settimana, alla quale hanno partecipato delegati della Palestina, rappresentanti di paesi dell'America Latina e dei Caraibi, insieme a 20 università e istituzioni accademiche provenienti da quattro continenti, oltre a vari enti ecclesiastici, tra cui la Chiesa Presbiteriana degli Stati Uniti, i quali si sono riuniti a Santiago del Cile dal 4 all'11 novembre 2022. Conferenza dedicata al tema del sionismo cristiano e dei fondamentalismi in ambito religioso, politico ed economico.

La Chiesa presbiteriana USA (quella che nel 2015 ha riconosciuto i matrimoni gay nel suo statuto) è stata una delle sei organizzazioni promotrici di questo evento intitolato “Sionismo cristiano e fondamentalismi religiosi, politici ed economici: un dialogo tra palestinesi e latinoamericani”. Secondo quanto dichiarato dai partecipanti, l’apertura della conferenza è stata segnata da una cerimonia spirituale di benvenuto offerta dai leader della comunità indigena Mapuche.

Durante l’incontro, è stato riconosciuto che il sionismo cristiano, un tempo limitato al Nord del pianeta, si è ormai diffuso nel Sud del mondo. Questo fenomeno, secondo i partecipanti, è il risultato delle diverse forme di colonialismo e del dominio dell’impero anglosassone. La conferenza ha analizzato il sionismo cristiano in una prospettiva geopolitica, descrivendolo come una lobby cristiana che sostiene il colonialismo israeliano sulla terra e sul popolo palestinese, strumentalizzando testi biblici e costruzioni teologiche.

È stato sottolineato come tali ideologie siano ormai radicate in molti paesi latinoamericani, spesso intrecciate con movimenti politici e teocratici di estrema destra e sistemi di esclusione. I partecipanti hanno evidenziato l’esistenza di un “apartheid globale” e ribadito il loro impegno nella resistenza a ogni forma di razzismo ed esclusione.

Le presentazioni della conferenza si sono concentrate sull’impatto del colonialismo dei coloni israeliani sulla vita quotidiana dei palestinesi.

È stato evidenziato come l’espropriazione di terre e risorse, l’ingegneria demografica e l’occupazione militare siano strumenti che sostengono un sistema di apartheid. Questo evento si è tenuto circa quattro mesi dopo che la 225ª Assemblea generale della Chiesa presbiteriana (USA) aveva riconosciuto, con un voto di 266-116, che le politiche e le pratiche del governo israeliano nei confronti dei palestinesi soddisfano la definizione giuridica internazionale di apartheid.

Nella dichiarazione rilasciata dalla conferenza si è sottolineato come lo Stato di Israele non solo supporti la diffusione delle ideologie del sionismo cristiano, ma esporti anche tecnologia militare e di sorveglianza in America latina e altre regioni.

I partecipanti hanno proposto diverse strategie per affrontare il sionismo cristiano, il colonialismo dei coloni e la militarizzazione. Tra le raccomandazioni principali figurano:

1) Organizzare incontri contro il colonialismo interdisciplinari e alleanze di solidarietà interreligiose e intersezionali, coinvolgendo leader religiosi, giovani, attivisti, femministe, artisti e popolazioni indigene.

2) Creare reti e strategie comuni tra palestinesi e latinoamericani.

3) Utilizzare la commemorazione del 75° anniversario della Nakba* per sensibilizzare sull’attuale progetto coloniale in Palestina e promuovere azioni concrete, inclusa l’applicazione di sanzioni politiche, economiche e culturali contro i paesi che esercitano occupazioni illegali.

4) Tradurre testi teologici e accademici palestinesi e latinoamericani per renderli strumenti di educazione nei rispettivi contesti.

5) Promuovere il turismo non coloniale e responsabile in Palestina. Queste iniziative mirano a costruire una resistenza globale e solidale contro le varie forme di oppressione e colonialismo.

Molte altre iniziative antisioniste di origini ebraiche si diffondono nel mondo al grido di «non in nostro nome».

Iniziative complesse e molto articolate che meritano un approfondimento mediante una inchiesta dedicata a questo interessantissimo quanto dirompente fenomeno sociologico e culturale, fenomeni con i quali il popolo ebraico, da millenni, coglie sempre di sorpresa gli altri popoli.

Al lettore che avrà avuto l’ardire di seguire fin qui, lascio alcuni link di approfondimento in basso e di seguito la breve sintesi di una iniziativa ebraica, a me particolarmente cara, che ritengo sia estremamente efficace perché colpisce dove più fa male, ovvero nel portafoglio.

Ecco l’appello di Jewish Voice for Peace JVP, una delle più grandi organizzazioni ebraiche al mondo, che si è schierata dalla parte del popolo palestinese:

«Impegnati a disinvestire dall'oppressione e a investire nella libertà. Per molti ebrei americani, “tikkun olam”, ovvero riparare il mondo, è una parte sacra di ciò che significa essere ebrei. Generazioni di ebrei in tutto il mondo si sono organizzati per smantellare le istituzioni e le strutture che sostengono l'ingiustizia e hanno lavorato come parte di movimenti per far crescere qualcosa di nuovo, gioioso, bello e che sostenga la vita al loro posto.

Allineare gli investimenti finanziari ai nostri valori, ovvero disinvestire dalle ingiustizie e investire nei movimenti di cui abbiamo bisogno, è un modo fondamentale per costruire il mondo che desideriamo vedere. Per decenni, il governo israeliano ha giustificato la sua oppressione dei palestinesi rivendicando il sostegno incondizionato di tutti gli ebrei che vivono negli Stati Uniti. Ciò include chiedere alle nostre comunità di investire finanziariamente nel fondo di guerra del governo israeliano, attualmente utilizzato per una campagna genocida a Gaza. 

Allo stesso tempo, i governi israeliano e statunitense hanno sistematicamente represso, criminalizzato e limitato il flusso di risorse verso le organizzazioni palestinesi per la libertà, la giustizia e l'uguaglianza».

Segue poi una dichiarazione di intenti da sottoscrivere: «Mi impegno a lavorare per riparare il mondo, anche attraverso i miei investimenti personali. Se possibile, incasserò tutti i titoli obbligazionari israeliani maturati. In futuro non acquisterò obbligazioni israeliane. Investirò nei nostri movimenti per la liberazione collettiva e in particolare nelle organizzazioni guidate dai palestinesi per la giustizia, l'uguaglianza e la libertà per tutti nella regione».

Infine un appello finale: «Per coloro tra noi che non vogliono perdere un'altra vita e che vogliono vedere la fine del trattamento disumano dei palestinesi da parte del governo israeliano, diciamo: “Non in nostro nome!” Ma con politici di estrema destra, omofobi e razzisti come Bezalel Smotrich a capo del Ministero delle Finanze israeliano, può essere davvero difficile far sentire la nostra voce. Ecco un inizio: disinvestite dai vostri titoli israeliani e dite al governo israeliano: “Non a mio nome! Non con i miei soldi!” Quindi, investite nella libertà palestinese».

«Ad eccezione delle atrocità commesse contro gli ebrei durante la seconda guerra mondiale, non c’è nessun altro crimine, in tutto il mondo, che sia stato condannato all’unanimità come l’apartheid.»  Cit. Nelson Mandela

 

Luigi Speciale

 

*È importante è evidenziare che associando i termini “anniversario” e “Nakba” nella stessa frase si incorre in un errore concettuale, inoltre, definire un arco temporale di 75 anni è una semplificazione che distorce la realtà. Anche la traduzione di Nakba come “Catastrofe” risulta limitante, poiché non si tratta di un evento improvviso o di una tragedia confinata al passato. La Nakba non ha avuto inizio né si è conclusa nel 1948. Si tratta, invece, di un processo di pulizia etnica sistematica, pianificata e organizzata, che, soprattutto, continua ancora oggi.

Approfondimenti:

https://www.pcusa.org/news-storytelling/news/participants-christian-zionism-conference-which-included-pcusa-release-their-final-document

https://www.pc-biz.org/search/3000773

https://www.timesofisrael.com/nakba-day-commemorations-pass-largely-peacefully-3-arrested-at-tel-aviv-rally/

https://www.jewishvoiceforpeace.org/

https://www.jewishvoiceforpeace.org/resource/not-in-my-name-divest/

https://www.youtube.com/watch?v=KHGXy78xdbA&t=1s

 

 

 

 

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