Apartheid Sionista, analisi storico giuridica
Il termine “Apartheid” si riferiva originariamente a un sistema politico introdotto formalmente in Sudafrica nel 1948, caratterizzato da leggi, politiche e pratiche che imponevano esplicitamente la segregazione razziale, il dominio e l’oppressione di un gruppo razziale sugli altri. Sistemi simili, sebbene non necessariamente definiti apartheid, furono introdotti in altri paesi africani fino a quando non vennero smantellati alla fine dei governi di minoranza razzista. Durante questo periodo, il termine “apartheid” fu adottato dalla comunità internazionale per condannare, proibire e criminalizzare tali sistemi e pratiche che divennero espressamente vietati dal diritto internazionale. L’apartheid è una violazione dei diritti umani e un crimine contro l'umanità. Il crimine di apartheid si verifica quando atti disumani vengono “commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione e dominazione sistematica da parte di un gruppo razziale su qualsiasi altro gruppo o gruppi razziali e commessi con l’intenzione di mantenere quel regime” Art. 7.2 l.h dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI), 1998.
La Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (ICERD) del 1965, oggi ratificata da 182 paesi, è stato il primo strumento di diritto internazionale a prevedere che gli Stati “condannino la segregazione razziale e l’apartheid e si impegnino a prevenire, proibire e sradicare tutte le pratiche di questa natura”. La Convenzione internazionale sulla repressione e la punizione del crimine di apartheid del 1973 (Convenzione sull'apartheid), intesa ad integrare gli obblighi stabiliti dall'ICERD, definisce l'apartheid come un crimine contro l'umanità e obbliga gli stati parti a indagare e perseguire le persone sospettate di responsabilità penale. Anche lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (Statuto di Roma) del 1998 definisce l'apartheid come un crimine contro l'umanità all'art 7.1 l. j, rendendolo di competenza della Corte penale internazionale. Per stabilire se sia stato commesso il reato di apartheid, occorre esaminare 6 elementi del diritto internazionale. Il reato di apartheid è definito nell'articolo II della Convenzione sull'apartheid e nell'articolo 7 dello Statuto di Roma. La Convenzione sull'apartheid e lo Statuto di Roma elencano rispettivamente atti crudeli e disumani. Ciascuno di questi atti disumani, elencati nella Convenzione sull'apartheid o nello Statuto di Roma, può essere considerato una prova del crimine di apartheid quando vengono soddisfatti elementi contestuali, ad esempio se sono stai commessi atti crudeli e disumani contro membri di un gruppo razziale. Il crimine di apartheid si riferisce specificamente all'oppressione e al dominio di un gruppo razziale su qualsiasi altro gruppo o gruppi razziali. Poiché la razza è principalmente un costrutto sociale, i tribunali internazionali si riferiscono sempre più ai gruppi razziali in termini di percezione, in particolare da parte degli autori, poiché determinano chi deve essere vittimizzato. Tuttavia, non è necessario che tutti i membri di un gruppo siano presi di mira con atti disumani. Il gruppo razziale deve essere una popolazione civile sotto il potere di un nemico durante un conflitto armato internazionale e il crimine di apartheid deve rientrare in un attacco diretto contro una popolazione civile. L'apartheid fu introdotta ufficialmente per la prima volta nel 1948 come sistema legislativo in Sudafrica dal Partito Nazionale. Il partito nazionalista etnico varò leggi e politiche che assicuravano il dominio razziale e l’oppressione da parte degli afrikaans (popolazioni di origine europea) e dei bianchi su altri gruppi razziali, in particolare sulle persone nere. Quando il governo dell’apartheid salì al potere, promulgò una serie di leggi rivolte alla maggioranza delle persone non bianche, limitando, tra gli altri, il loro diritto al movimento, alla libertà di espressione, di associazione, nonché l’accesso alle risorse e alla ricchezza. I diritti politici furono violati privando le persone nere del diritto di voto e della possibilità di partecipare alle istituzioni politiche. La politica di sviluppo separato perseguita dal governo dell'apartheid attraverso la creazione di patrie “indipendenti” privò molti africani dei loro diritti di cittadinanza. Identificazione basata sulla discendenza: Il Pass Laws Act del 1952 richiedeva ai sudafricani neri di età superiore ai 16 anni di portare con sé un libretto noto come “dompas” ovunque e in ogni momento. Registrava la classificazione razziale, dove potevano vivere e per chi potevano lavorare. Le leggi “dompas” diventarono uno dei simboli dell'oppressione e molte persone morirono per protestare contro di esse. Il Native Land Act del 1913 proibiva alle persone nere (stimate al 67% della popolazione) di possedere o affittare terreni o case ovunque tranne che nelle “riserve nere” designate, circa il 7% del territorio nazionale. La "Campagna di Defiance" è stata una storica mobilitazione multirazziale contro le leggi dell'apartheid, guidata congiuntamente dall'African National Congress e dal South African Indian Congress. La campagna si basava su azioni di disobbedienza civile non violenta, come il rifiuto di portare con sé i lasciapassare, il non obbedire al coprifuoco per gli africani e all'ingresso nelle strutture permesso solo ad una sola razza. Nel giugno 1976, 20.000 studenti neri delle scuole superiori di Soweto protestarono pacificamente contro l’imposizione dell’afrikaans come lingua di insegnamento in quella che divenne nota come la “Rivolta di Soweto”. La rivolta fu una lunga campagna guidata dai giovani, in risposta alle violazioni dei diritti culturali della lingua. Il crimine di apartheid richiede l'intenzione di creare o mantenere un regime istituzionalizzato allo scopo di dominare e opprimere sistematicamente un gruppo razziale su qualsiasi altro gruppo(i) razziale(i). L’elemento del regime istituzionalizzato può comportare un’ampia gamma di leggi, politiche e pratiche discriminatorie ed escludenti imposte dallo stato contro la popolazione civile per mantenere il dominio di un gruppo razziale sugli altri. Questo elemento richieda il trattamento discriminatorio sistematico, prolungato e crudele da parte di un gruppo razziale rispetto ai membri di un altro, con l'intenzione di controllare il secondo gruppo razziale. Il crimine di apartheid richiede un intento speciale di instaurare o mantenere il regime di discriminazione razziale. Non è necessario che l’intento sia motivato da odio o animosità razziale. Si riferisce semplicemente alla creazione o al mantenimento del sistema di oppressione e dominio. Questo intento può essere l'obiettivo finale, oppure può essere incidentale o considerato necessario per raggiungere qualche altro obiettivo. Le azioni fanno parte di un attacco diffuso o sistematico. I crimini contro l’umanità sono atti proibiti commessi come parte di un attacco diffuso o sistematico contro una popolazione civile come parte di una politica governativa o organizzativa. Si noti che un attacco è considerato “diffuso” come risultato dell’effetto cumulativo di più atti disumani o dovuto a un singolo atto disumano di grande portata. L’apartheid condannato dall’ICERD e dal diritto pubblico internazionale implica un sistema di leggi, politiche e pratiche che garantiscono il trattamento discriminatorio prolungato e crudele da parte di un gruppo razziale dei membri di un altro con l’intenzione di controllare il secondo gruppo razziale. Israele, il sistema di apartheid sionista. Fin dalla sua fondazione nel 1948, Israele ha perseguito una politica esplicita volta a stabilire e mantenere un’egemonia demografica ebraica e massimizzare il suo controllo sulla terra a beneficio degli ebrei israeliani, riducendo al minimo il numero dei palestinesi e limitando i loro diritti e ostacolando la loro capacità di sfidare questa espropriazione. A partire dal 2021, tutti i territori controllati da Israele continuano ad essere amministrati con lo scopo di avvantaggiare gli ebrei israeliani a scapito dei palestinesi, mentre i rifugiati palestinesi continuano ad essere esclusi. Nel 1947, l’ONU raccomandò la divisione della Palestina in uno stato ebraico (che comprendeva il 55% del territorio) e uno stato arabo (45%), con il controllo internazionale su Gerusalemme e i suoi dintorni. A quel tempo, gli ebrei costituivano circa il 30% della popolazione e i palestinesi circa il 70%. Nel conflitto del 1947-49, prima e dopo la dichiarazione dello Stato di Israele del maggio 1948, migliaia di palestinesi ed ebrei furono uccisi e più di 800.000 palestinesi furono sfollati dalle loro case in un contesto di attacchi contro i civili. Questa è conosciuta come la “nakba” (catastrofe) dai palestinesi. Alcuni furono sfollati interni dai loro villaggi e città verso altre parti di quello che divenne Israele. Da allora, Israele ha impedito ai profughi palestinesi e ai loro discendenti, così come agli sfollati interni in Israele, di tornare alle loro case. Dal 1948 (anno di creazione dello Stato di Israele) al 1966, i cittadini palestinesi di Israele furono arbitrariamente posti sotto un'amministrazione militare, con il loro destino subordinato ai bisogni e agli interessi degli immigrati ebrei e alle preoccupazioni sulla sicurezza israeliana. Sebbene le restrizioni contro i palestinesi all’interno di Israele siano state allentate dal 1966, quando finì il dominio militare sui cittadini palestinesi di Israele, le leggi dell’era coloniale britannica in base alle quali veniva applicato il governo militare non furono abrogate, e lo stato di emergenza in base al quale i cittadini palestinesi di Israele erano sottomessi è rimasto in vigore dal 1948. Dopo il conflitto del 1967, Israele estese il suo controllo attraverso l’occupazione militare ai territori palestinesi della Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e Gaza. Tutte queste aree sono conosciute oggi come Territori Palestinesi Occupati (OPT). La creazione dell’Autorità Palestinese, in seguito alla firma degli Accordi di Oslo nel 1993, non ha cambiato lo status dei Territori Occupati secondo il diritto internazionale come territori sotto occupazione militare israeliana. Nel 1980, Israele ha formalizzato unilateralmente l’annessione di Gerusalemme Est nel 1967 (che è illegale secondo il diritto internazionale), comprese le parti palestinesi della città e un’area circostante di circa 70 chilometri quadrati. Nel 2021 ci sono 358.800 residenti palestinesi di Gerusalemme Est che risiedono entro i confini della municipalità di Gerusalemme, pari al 38% della popolazione totale della città. Nel settembre del 1967, appena pochi mesi dopo l’inizio della sua occupazione militare, Israele iniziò a costruire insediamenti ebraici, trasferì cittadini ebrei nei territori occupati e applicò la sua legge civile ai coloni israeliani mentre imponeva un regime militare ai palestinesi. Tra il 1987 e il 1993, in Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e Gaza, ha avuto luogo la prima Intifada (rivolta) dei palestinesi contro l’occupazione israeliana. Tra il 1993 e il 1995, i negoziati tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) portarono a una serie di accordi, noti come Accordi di Oslo. Questi istituirono l’Autorità Palestinese che avrebbe dovuto avere una certa giurisdizione sugli affari civili, come la sanità, l’istruzione e la sicurezza interna in alcune aree dei Territori Occupati fino a quando non fosse stato concordato uno status finale che portasse alla creazione di uno Stato palestinese. Nel settembre del 2000, i palestinesi lanciarono una seconda intifada contro il governo militare israeliano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Le autorità israeliane risposero con una dura repressione, commettendo omicidi illegali ed esecuzioni extragiudiziali e bombardando le aree residenziali. Gruppi armati e individui palestinesi uccisero deliberatamente civili israeliani posizionando bombe in luoghi affollati e sparando dalle auto sia in Israele che nei territori occupati. Nel 2002, Israele ha iniziato a costruire una recinzione/muro dentro e intorno alla Cisgiordania, soprattutto su territorio palestinese. Ciò ha comportato un’ulteriore appropriazione della terra palestinese e la separazione e segregazione delle comunità palestinesi. Israele prese il controllo della Striscia di Gaza dall'Egitto nel giugno 1967 e l'esercito israeliano governò Gaza come territorio occupato dal 1967 in poi. Nel 2005 Israele ha ritirato le truppe di terra e i coloni da Gaza e nel 2007, in seguito alla presa del potere da parte di Hamas a Gaza, Israele ha dichiarato Gaza una “entità ostile” citando problemi di sicurezza e ha imposto un blocco aereo, terrestre e marittimo sulla Striscia di Gaza. Nel 2008, 2012, 2014 e 2021, Israele ha lanciato offensive militari contro Gaza, mentre gruppi armati palestinesi hanno lanciato razzi indiscriminati contro Israele. Queste offensive hanno causato enormi distruzioni alle proprietà civili e alle infrastrutture, comprese le reti elettriche, idriche e fognarie a Gaza, oltre all’uccisione di almeno 2.700 civili palestinesi e al ferimento e allo sfollamento di centinaia di migliaia. La legge israeliana costruisce l’identità ebraica come l’unica identità nazionale dello Stato di Israele. Ciò è stato sancito dalla Legge fondamentale del 2018: Israele – Stato nazionale del popolo ebraico, che dichiara Israele come Stato nazionale del popolo ebraico e definisce il diritto all’autodeterminazione come esclusivo “del popolo ebraico”. Israele tratta gli ebrei israeliani come un gruppo unificato da uno status giuridico privilegiato incorporato nella legge israeliana, indipendentemente da dove vivono nei territori sotto l’effettivo controllo di Israele. Al contrario, i cittadini palestinesi in Israele sono considerati cittadini ma non cittadini di Israele, e come tali hanno diritti e privilegi diversi e inferiori nelle leggi e nella pratica. Questa struttura di cittadinanza ineguale perpetua una forte discriminazione contro i cittadini palestinesi e ostacola i loro diritti politici e di voto. Dal 2002, Israele ha imposto una politica, codificata nella legge 2003-2021 come “legge sulla cittadinanza e l’ingresso in Israele” che vieta il ricongiungimento familiare di migliaia di palestinesi in Israele e Gerusalemme con i loro coniugi palestinesi della Cisgiordania occupata e di Gaza. Dal 1948, Israele ha perseguito vari metodi per impossessarsi delle terre di proprietà dei palestinesi attraverso l’appropriazione della terra, norme di pianificazione restrittive e prendendo di mira le case palestinesi per la demolizione. Fino al 1948, i palestinesi possedevano circa il 90% della terra privata nella Palestina dell’era del mandato. Dopo la proclamazione dello Stato nel 1948, il governo ha messo in atto norme per impossessarsi delle proprietà dei rifugiati palestinesi e degli sfollati interni (IDP). Nel 1950, le proprietà dei rifugiati palestinesi furono regolamentate dalla “legge sulla proprietà degli assenti” che dava allo Stato il controllo su tutte le proprietà di tutti i palestinesi che erano stati espulsi o erano fuggiti dalle loro case definendoli come “proprietari assenti”, indipendentemente dal fatto che fossero diventati rifugiati fuori dal paese, o sfollati interni in Israele. Le leggi, le politiche discriminatorie e le restrizioni alla circolazione contro i palestinesi impediscono loro di accedere alle risorse, alle opportunità di sostentamento, all’assistenza sanitaria e all’istruzione sia in Israele che nei territori occupati. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha osservato nel 2016 che le popolazioni arabe che vivono in Israele, la stragrande maggioranza delle quali sono palestinesi, sono inequivocabilmente svantaggiate in tutti gli aspetti del benessere. La discriminazione e le restrizioni alla circolazione hanno un impatto particolare sulla sicurezza alimentare delle persone che vivono nella Striscia di Gaza. Nell'aprile 2020, il governo israeliano ha stanziato un budget per la ripresa economica di 2,8 miliardi di NIS alle autorità locali nel contesto della pandemia di COVID-19, di cui solo l’1,7% è stato trasferito alle autorità locali palestinesi, sebbene i palestinesi costituiscano fino al 19% della popolazione. La discriminazione basata sulla razza e sulla discendenza è al centro del crimine di apartheid. Le persone affrontano ingiustizie, sono private delle loro libertà e dei loro diritti fondamentali e spesso affrontano l’espulsione e l’uccisione a causa di chi sono e della comunità a cui appartengono. I palestinesi, sia che vivano attualmente o abbiano origini familiari nel territorio della Palestina mandataria, percepiscono la loro identità palestinese principalmente come identità nazionale. Dal 1967, i palestinesi sono stati divisi in quattro sottogruppi: 1) cittadini palestinesi di Israele che vivono in Israele. 2) palestinesi che vivono sotto la legge marziale israeliana nei territori occupati. 3) palestinesi che vivono nella zona annessa di Gerusalemme Est. 4) Migranti e rifugiati palestinesi sfollati in altri paesi. Tutti questi gruppi si considerano palestinesi e hanno profondi legami politici, etnici, sociali e culturali condivisi. I palestinesi condividono una lingua comune e hanno usanze e pratiche culturali simili, nonostante la molteplicità delle religioni, indipendentemente dal territorio in cui risiedono. Lo Stato israeliano definisce e tratta i palestinesi in base al loro status razziale di “non ebrei” e “arabi”. I palestinesi sono stati sottoposti ad atti disumani proibiti dalla Convenzione sull'apartheid e dallo Statuto di Roma, in Israele e nei territori occupati. Queste gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse con l’intenzione di creare e mantenere un regime istituzionalizzato di oppressione e dominio sistematici sul popolo palestinese da parte dello Stato israeliano. Nel Negev/Naqab in Israele, a Gerusalemme Est e in alcune parti della Cisgiordania occupata, le autorità israeliane applicano politiche discriminatorie nella pianificazione ed edilizia contro la popolazione palestinese, che si traducono in ampi piani di demolizione delle case e delle proprietà. Negano alle comunità di queste aree la fornitura di servizi essenziali e, nel caso della Cisgiordania, non intraprendono alcuna azione contro gli attacchi violenti dei coloni israeliani. Insieme, queste politiche creano un ambiente repressivo che costringe i palestinesi a lasciare le loro case. La revoca da parte di Israele dello status di residenza permanente di migliaia di palestinesi a Gerusalemme Est ha comportato analogamente trasferimenti forzati. L'ISA (Israel Securities Authority) utilizza metodi particolarmente duri per ottenere informazioni e “confessioni”. Le forze israeliane hanno ucciso e ferito migliaia di civili palestinesi nei territori occupati dal 1967, spesso in circostanze che suggerivano che le uccisioni fossero sistematiche, illegali e arbitrarie, e con un’impunità quasi totale. Tali omicidi e ferimenti sono stati perpetrati al di fuori del contesto del conflitto armato durante le attività delle forze dell’ordine israeliane nei territori occupati, anche durante la repressione delle proteste, i raid di arresto e l’applicazione delle restrizioni ai movimenti. Le forze israeliane e gli agenti di sicurezza uccidono illegalmente cittadini palestinesi di Israele, come se seguissero uno "schema ricorrente", anche durante le proteste contro le politiche e le azioni discriminatorie israeliane. La sistematica negazione da parte di Israele del diritto ad una nazionalità e le severe restrizioni al movimento e alla residenza, compreso il diritto di lasciare e ritornare nel proprio paese, hanno preso di mira la popolazione palestinese in modo discriminatorio sulla base della sua identità “razzializzata” come palestinese. Ciò ha compromesso la loro partecipazione alla vita politica, sociale, economica e culturale in Israele e nei territori occupati e ha deliberatamente impedito il loro pieno sviluppo come gruppo. Il crimine di apartheid assume molte forme e varia a seconda del contesto storico, geografico e politico, tuttavia, il diritto internazionale è chiaro: il crimine di apartheid è caratterizzato da atti disumani o degradanti (gravi violazioni dei diritti umani) da parte di membri di un gruppo razziale contro un altro con l'intento di creare e mantenere un sistema di dominio e oppressione su questo gruppo. Le violazioni contro un gruppo razziale non si limitano ad atti apertamente violenti, ma includono politiche e pratiche guidate dallo Stato consentite o incoraggiate dal sistema legislativo del paese, ad esempio il controllo demografico e nessun grado di istruzione. Dopo essere diventato uno Stato, Israele ha promulgato leggi discriminatorie per impedire ai rifugiati palestinesi di tornare alle loro case. I palestinesi rimasti in Israele sono diventati cittadini non appartenti allo stato di Israele e sono vissuti sotto il governo militare per decine di anni. Continuano ad avere uno status giuridico inferiore rispetto ai cittadini ebrei. Israele nega anche il diritto al ritorno ai palestinesi di tutto il mondo, che si estende anche ad aree al di fuori del suo controllo diretto. In Israele e nei territori occupati lo stato sionista mina il diritto dei palestinesi all’istruzione attraverso la scarsità di finanziamenti e una pianificazione discriminatoria. In Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, l’accesso all’istruzione per centinaia di migliaia di palestinesi è ulteriormente limitato dalle violazioni israeliane della libertà di movimento e dalle operazioni militari che distruggono ciclicamente le scuole. Queste politiche hanno un effetto gravemente dannoso sulla qualità dell’istruzione fornita agli studenti palestinesi e, in definitiva, influenzano lo sviluppo umano dei palestinesi e la capacità di sostenere se stessi e le loro famiglie. A soli due mesi dall’inizio dell’occupazione dei territori palestinesi, Israele ha emesso l’Ordine Militare n. 101 che punisce e criminalizza i palestinesi per aver partecipato e organizzato una processione, un’assemblea o una veglia di 10 o più persone senza permesso per una questione che “può essere interpretata come politica". L’Ordine vieta di fatto le proteste, comprese le proteste pacifiche. A quanto pare i principi alla base di quest’ordine dello Stato Sionista sono stati recepiti e normati da Governi e dai vertici degli Atenei di molti paesi occidentali, esportatori di Libertà e Democrazia.
Luigi Speciale
Fonte Order Regarding Prohibition of Incitement and Hostile Propaganda Actions
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