Ti senti come se fossi un subumano
Un viaggio preliminare tra parole importanti, una premessa obbligata per spiegare parole che ultimamente si confondono sempre più spesso, anche nelle menti più raffinate. Ebreo, Giudeo, Semita e Sionista: Immagina di essere in un parco giochi con tanti amici. Ognuno ha una storia, un vestito diverso, e magari parla una lingua particolare. Le parole che ti sto per spiegare ebreo, giudeo, semita, sionista, sono un po’ come quei vestiti o quei giochi, raccontano qualcosa di speciale sulle persone, ma per capirle bisogna fare attenzione. E lo faremo insieme, passo dopo passo, con esempi semplici. Ebreo: una persona con una storia antica. Un ebreo è una persona che appartiene al popolo ebraico, che ha una storia lunga migliaia di anni. Essere ebreo può significare due cose: 1) Religione: Se una persona segue la religione ebraica, possiamo chiamarla “ebreo”. Questa religione ha regole e festività speciali, come lo Shabbat, il giorno di riposo, o la festa di Hanukkah, con la famosa Menorah. Esempio: Sara accende le candele dello Shabbat il venerdì sera: è ebrea perché segue questa tradizione religiosa. 2) Origine: Anche chi non segue la religione può essere considerato ebreo, se fa parte di una famiglia o di una comunità ebraica. Esempio: Davide è ebreo, ma non va al tempio; tuttavia, i suoi nonni gli hanno raccontato le storie della loro famiglia ebraica. Giudeo: Una parola antica per dire Ebreo. La parola “giudeo” si usava tanto tempo fa per indicare le persone che vivevano in una regione chiamata Giudea (oggi parte di Israele). Col tempo, è diventata un sinonimo di “ebreo”, ma si usa soprattutto nei racconti biblici o nella storia. Esempio: Nei libri di storia, si parla spesso dei Giudei come un popolo che viveva nella Giudea durante l’epoca dell’Impero Romano. Semita: una famiglia di lingue “Semita” Non è una religione o un’identità precisa, ma un termine che riguarda le lingue e i popoli che le parlano. L’ebraico, l’arabo e l’aramaico sono tutte lingue semitiche. Esempio: Sami, che parla Arabo, e Miriam, che parla Ebraico, appartengono entrambi alla grande Famiglia Semitica. Un errore comune è pensare che “semita” significhi “ebreo”. In realtà, anche chi non è ebreo può essere semita, come gli arabi.
Sionista: Una scelta politica. Il sionismo è un movimento nato circa 150 anni fa per creare uno Stato per il popolo ebraico nella terra di Israele. Chi crede in questa idea è chiamato “sionista”. Non tutti gli ebrei sono sionisti: alcune persone ebree non condividono questa idea politica. Esempio: David Ben-Gurion, che ha aiutato a fondare lo Stato di Israele, era un sionista. Ma ci sono ebrei che non pensano che avere uno Stato sia essenziale per il loro popolo. Altri Termini Importanti. Per capire meglio queste parole, ci sono altri termini utili che possiamo imparare: 1) Israele: Può essere il nome dello Stato moderno, fondato nel 1948, o il termine che nella Bibbia indica il popolo ebraico. Non tutti gli abitanti di Israele sono ebrei: ci sono anche arabi musulmani e cristiani. Esempio: Tamar vive in Israele ed è ebrea, mentre Omar, il suo vicino, è musulmano. 2) Ebraismo: È la religione degli ebrei, ma è anche una cultura. Una persona può sentirsi ebrea perché segue le tradizioni culturali, come mangiare cibi tipici o celebrare feste, anche se non è religiosa. Esempio: Ruth non va al tempio, ma celebra Hanukkah con la sua famiglia perché è una tradizione che ama. 3) Diaspora: È la parola che indica gli ebrei che vivono fuori dalla terra di Israele. Da molti secoli, gli ebrei si sono spostati in tutto il mondo, creando comunità in Europa, America, Africa e Asia. Esempio: La famiglia di Isaac vive a New York, ma i suoi antenati venivano dalla Polonia: fanno parte della diaspora ebraica. 1) Ashkenaziti e Sefarditi: Sono due grandi gruppi di ebrei, con tradizioni diverse: Ashkenaziti: Ebrei originari dell’Europa centrale e orientale. Parlano spesso yiddish, una lingua che unisce l’ebraico al tedesco. Sefarditi: Ebrei originari della Spagna, del Nord Africa e del Medio Oriente, con tradizioni culinarie e linguistiche diverse. Esempio: Rachel, sefardita, cucina couscous durante le feste, mentre Leah, ashkenazita, prepara challah, un pane intrecciato. Antisionismo: È l’opposizione al sionismo, ma non significa per forza odio verso gli ebrei. È importante distinguere l’antisionismo. Esempio: Un politico può essere critico verso il governo israeliano senza essere antisemita. Un Riassunto per capire meglio. Immaginiamo di conoscere quattro amici: Sara è ebrea perché segue la religione ebraica. Mosè, vissuto 2.000 anni fa in Giudea, sarebbe stato chiamato giudeo. Sami e Miriam parlano lingue semitiche: arabo ed ebraico, quindi sono semiti. Ruth è sionista perché crede nell’importanza di uno Stato per gli ebrei, mentre il suo amico Isaac non è d’accordo, pur restando ebreo. Perché è importante capire tutto questo? Sapere la differenza tra queste parole ci aiuta a coesistere nel parco giochi, parlare con rispetto e a evitare errori che possono ferire o creare incomprensioni e, nella fattispecie, leggere liberi da pregiudizi la seguente sintesi del rapporto di Amnesty International: «Ti senti come se fossi subumano, il genocidio nella Striscia di Gaza». Negli ultimi decenni, il conflitto israelo-palestinese ha visto un susseguirsi di eventi che hanno messo in discussione i principi fondamentali dei diritti umani e del diritto internazionale. Tuttavia, gli eventi successivi al 7 ottobre 2023 hanno segnato un punto di non ritorno. In risposta agli attacchi guidati da Hamas, Israele ha intrapreso un’offensiva militare su vasta scala che, secondo un rapporto dettagliato di Amnesty International, si configura come genocidio, in violazione della Convenzione del 1948 sulla prevenzione e punizione del crimine di genocidio. Una campagna militare devastante: i numeri della tragedia. L’offensiva israeliana si è caratterizzata per un’intensità e una distruzione senza precedenti. Nei soli primi due mesi, Israele ha effettuato circa 10.000 raid aerei, utilizzando armi esplosive con effetti su vasta area in una delle regioni più densamente popolate al mondo, con oltre 6.300 abitanti per chilometro quadrato. Questi attacchi hanno colpito indiscriminatamente aree residenziali, ospedali, scuole e infrastrutture critiche. Il bilancio umano è straziante: al 7 ottobre 2024, oltre 42.000 palestinesi risultavano uccisi, tra cui 13.319 minori, con 97.590 feriti, molti dei quali hanno riportato lesioni invalidanti. Il Ministero della Salute di Gaza ha registrato più di 1.200 amputazioni, mentre l’OMS stima che il numero reale possa superare le 4.500 a causa del collasso del sistema sanitario. Questi dati rappresentano solo una parte del costo umano di una campagna che Amnesty International descrive come una sistematica violazione dei diritti umani. Dichiarazioni razziste e il ruolo dei leader israeliani. L’operazione militare è stata accompagnata da una retorica pubblica che Amnesty definisce disumanizzante, razzista e finalizzata a legittimare la distruzione della popolazione palestinese. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha dichiarato, in una conferenza stampa del 12 ottobre 2023, che “non esistono civili non coinvolti” tra i palestinesi di Gaza, attribuendo all’intera popolazione la responsabilità degli attacchi di Hamas. Questa dichiarazione, diffusa su larga scala, è stata successivamente utilizzata come slogan per giustificare attacchi indiscriminati contro civili. Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha rincarato la dose, affermando che «chiunque sostenga Hamas, canti, celebri o distribuisca dolci è un terrorista e deve essere eliminato». Queste parole, cariche di odio, sono state accompagnate da azioni sul campo che hanno colpito indiscriminatamente la popolazione civile. Ancora più esplicito è stato il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che il 29 aprile 2024 ha evocato la distruzione biblica del popolo di Amalek, affermando: «Non ci sono lavori fatti a metà. Rafah, Deir al-Balah, Nuseirat: distruzione! Cancellate la memoria di Amalek da sotto il cielo». Tali dichiarazioni, unite alle azioni sul campo, rafforzano l’accusa di un intento genocida, confermando come la retorica razzista si sia tradotta in politiche di distruzione sistematica. Progettazione della colonizzazione: il “Corridoio Netzarim” e la frammentazione di Gaza. Un elemento chiave della strategia israeliana è stata la creazione del “Corridoio Netzarim”, una zona militare lineare che divide Gaza in due parti, isolando ulteriormente la popolazione. Questa mossa, accompagnata dalla distruzione di vaste aree agricole e infrastrutture, rappresenta un chiaro tentativo di frammentare il territorio palestinese e consolidare il controllo israeliano. Amnesty ha documentato come questa zona abbia reso impossibile il ritorno della popolazione sfollata, perpetuando lo sfollamento e creando condizioni di vita insostenibili. La campagna di sfollamenti forzati è stata una delle più massicce dalla Nakba del 1948. Circa il 90% della popolazione di Gaza è stata costretta a spostarsi almeno una volta tra ottobre 2023 e settembre 2024, con molte famiglie costrette a sfollare più volte. Entro la fine di agosto 2024, l’84% del territorio di Gaza era stato soggetto a ordini di evacuazione. Questi ordini, spesso incomprensibili o contraddittori, hanno spinto i civili in sacche sempre più piccole e insicure, creando condizioni di vita che Amnesty descrive come “disumane”. Distruzione delle infrastrutture e collasso del sistema sanitario Le azioni militari hanno devastato le infrastrutture di Gaza. Circa il 63% delle strutture totali è stato distrutto o gravemente danneggiato, inclusi ospedali, scuole e impianti idrici. La distruzione sistematica ha portato al collasso del sistema sanitario, con ospedali incapaci di gestire l’afflusso di feriti e malati. Le interruzioni nell’assistenza sanitaria essenziale hanno causato decessi evitabili, mentre i medici, privi di risorse, non potevano fornire cure adeguate. Parallelamente, la distruzione del settore agricolo ha aggravato una già drammatica crisi alimentare. Oltre il 90% dei terreni agricoli nella “zona cuscinetto” è stato devastato, mentre il blocco israeliano ha impedito l’ingresso di forniture necessarie per riparare le infrastrutture o rilanciare la produzione alimentare. Secondo l’OMS, la malnutrizione tra i bambini ha raggiunto livelli critici, con oltre il 15% dei bambini sotto i due anni in stato di deperimento grave entro gennaio 2024. La negazione di aiuti umanitari Israele ha imposto un blocco totale su Gaza subito dopo il 7 ottobre 2023, tagliando le forniture di cibo, acqua, carburante ed elettricità. Nonostante le pressioni internazionali, l’accesso agli aiuti umanitari è rimasto limitato e imprevedibile. Amnesty documenta come le lunghe procedure di ispezione e le restrizioni imposte da Israele abbiano ostacolato l’ingresso di aiuti, lasciando la popolazione senza risorse essenziali. Una strategia genocida: analisi legale e morale. Secondo Amnesty, le azioni di Israele soddisfano i criteri del genocidio definiti dalla Convenzione del 1948. Tre elementi chiave emergono dall’analisi: 1) Uccisioni mirate: Gli attacchi deliberati contro civili, documentati in almeno 15 casi specifici, hanno causato migliaia di morti e feriti. 2) Condizioni di vita insostenibili: La distruzione delle infrastrutture e il blocco totale hanno portato la popolazione sull’orlo del collasso. 3) Disumanizzazione e intenti genocidi: Le dichiarazioni pubbliche dei leader israeliani, unite alle politiche di distruzione e sfollamento, evidenziano un intento sistematico di annientamento. La comunità internazionale, un silenzio complice. Nonostante l’emissione di misure cautelari da parte della Corte internazionale di giustizia nel 2024, Israele non ha implementato alcuna delle raccomandazioni. La comunità internazionale, pur riconoscendo la gravità della crisi, ha tardato a intervenire, adottando un piano di cessate il fuoco solo nel giugno 2024, quando gran parte della distruzione era ormai compiuta. Le dichiarazioni razziste dei leader israeliani, unite alle azioni militari e alle politiche di isolamento e distruzione, rafforzano le accuse di genocidio formulate da Amnesty International. La comunità internazionale è chiamata a un’azione urgente per fermare questa tragedia e garantire la protezione dei diritti fondamentali della popolazione palestinese. In un mondo che si proclama difensore della giustizia e dei diritti umani, l’inazione equivale a complicità
Luigi Speciale
Nota: Le dichiarazioni dei leader israeliani riportate nel documento possono essere attribuite alle seguenti fonti e contesti specifici, come emerso dal rapporto: 1) Isaac Herzog (Presidente di Israele), Dichiarazione: «Non esistono civili non coinvolti.» Contesto: Questa affermazione è stata pronunciata il 12 ottobre 2023 durante una conferenza stampa ampiamente pubblicizzata. Herzog ha attribuito a tutta la popolazione palestinese la responsabilità per gli attacchi di Hamas, disumanizzando i civili di Gaza. La dichiarazione è stata successivamente utilizzata come slogan in aree occupate della Cisgiordania. 2) Itamar Ben-Gvir (Ministro della Sicurezza Nazionale) Dichiarazione: «Chiunque sostenga Hamas, canti, celebri o distribuisca dolci è un terrorista e deve essere eliminato». Contesto: Questa dichiarazione è stata diffusa l'11 novembre 2023 tramite un videoclip trasmesso su una TV israeliana. Ben-Gvir ha ulteriormente chiarito che la distruzione doveva riguardare anche i civili che esprimevano sostegno a Hamas. 3) Bezalel Smotrich (Ministro delle Finanze) Dichiarazione: «Non ci sono lavori fatti a metà. Rafah, Deir al-Balah, Nuseirat: distruzione! Cancellate la memoria di Amalek da sotto il cielo». Contesto: Questa affermazione è stata pronunciata il 29 aprile 2024 durante un evento pubblico. Smotrich ha utilizzato una narrativa biblica per giustificare la distruzione sistematica di città palestinesi, evocando la storia della vendetta contro il popolo di Amalek. 4) Israel Katz (Ministro dell’Energia e delle Infrastrutture). Dichiarazione: «Senza carburante, anche l’elettricità locale si spegnerà entro pochi giorni e i pozzi di pompaggio si fermeranno entro una settimana. Ecco cosa si dovrebbe fare a una nazione di assassini e massacratori di bambini». Contesto: Questa affermazione è stata rilasciata il 10 ottobre 2023 e collegata alla decisione di Israele di vietare l’ingresso di carburante a Gaza. Katz ha esplicitamente collegato le politiche di assedio a una strategia di punizione collettiva. Queste dichiarazioni sono state documentate e analizzate da Amnesty International come parte del loro rapporto, che integra fonti pubbliche, dichiarazioni ufficiali e materiali verificati. Approfondimenti: https://www.amnesty.it/israele-sta-commettendo-genocidio-contro-la-popolazione-palestinese-a-gaza/
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