Autobiografie femminili in TV: “Le ragazze”
La variabilità delle storie personali esercita da sempre un grande fascino. È merito della RAI aver presentato, con il programma Le ragazze, trasmesso dal 2016, le storie di donne italiane vissute nel corso dell’ultimo secolo, in prevalenza non conosciute dal grande pubblico. Se le biografie di personaggi famosi sono indispensabili per illuminare la grande storia, quelle dei personaggi meno noti o comuni costituiscono la microstoria, necessaria per ricostruire il passato. Quando si racconta la storia personale non è sempre facile scegliere gli aspetti significativi della nostra personalità o ricordare episodi che possono interessare o meno chi ci ascolta o ci legge. Gli avvenimenti devono essere esposti in modo conciso ed efficace, controllate le emozioni, con un moderato grado di empatia verso se stessi e gli altri. Hanno trovato la giusta misura le ragazze della trasmissione sopracitata con parole semplici, precise, efficaci, coinvolgenti emotivamente; ed è merito dei realizzatori del format la sua scorrevolezza interrompendo i racconti con brevi flash di documentari o altre immagini pertinenti; da segnalare anche la durata relativamente breve della presenza di ciascuna protagonista : dal 2018 cinque donne hanno raccontato la loro storia in 130 minuti di trasmissione; efficaci le brevi, ma affettuose presentazioni delle conduttrici.
La prima edizione, intitolata Le ragazze del ’46 è stata tramessa su RAI 3 in occasione del settantesimo anniversario del suffragio femminile in Italia; la seconda, Le ragazze del ’68, ha avuto come protagoniste donne che vissero il movimento del ’68; la terza i racconti di donne nate dagli anni quaranta agli anni novanta. Le edizioni seguenti hanno continuato a presentare storie di donne che avevano venti anni nei vari decenni del secolo scorso, diverse per provenienza, estrazione sociale, istruzione e opinioni. Il numero complessivo ha superato le duecento presenze. Le protagoniste aprono una scatola che contiene foto ricordo e documenti e iniziano il racconto sull’ambiente dal quale provengono e la famiglia di origine e successivamente ricordano l’infanzia, la giovinezza, lo studio, il lavoro, gli amori, la formazione di una nuova famiglia, le difficoltà incontrate e le soddisfazioni provate, i lutti. Alla fine del racconto chiudono la scatola, una manovra simbolica. Le “ragazze” degli anni ‘40 hanno portato testimonianze del secondo conflitto mondiale: Teresa Vergalli nata nel 1927. Staffetta partigiana nel 1944-45, attivista dell’Unione Donne Italiane, redattrice del periodico «Noi Donne», ha insegnato per oltre vent’anni nelle scuole elementari con tecniche didattiche innovative. Sultana Razon, nata nel 1932, ebrea, medico pediatra e vedova di Umberto Veronesi, sopravvissuta al campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove era stata internata a 12 anni, ha raccontato l’attività di testimonianza. Rosetta Martinez, ultra novantenne, ha messo in evidenza i cambiamenti sociali avvenuti nel nostro Paese. Divenuta cardiologa a 23 anni era allora l’unica donna specialista in Italia. È ritratta in camice durante la visita in corsia, circondata da medici uomini, una foto che oggi mostrerebbe una composizione molto diversa. Era nata a Venezia nel 1923 Yvonne Girardello, che dal 1947 al 1954 volò come prima hostess italiana dal lido di Venezia a Roma, andata e ritorno, rassicurando attori famosi con la sua calma e tranquillità. Non ha avuto figli, né si è voluta sposare, desiderava essere libera, girare in volo tra i cieli e condurre battaglie ambientaliste. Nei primi anni '70, a bordo di pescherecci, manifestò per fermare le grandi navi che entravano in città; si è spenta nel 2023 a 100 anni. Sono storie poetiche quelle delle “ragazze” degli anni 50-60: Imelda Sterzi, nata a Verona nel 1936, diviene postina a 25 anni succedendo al padre portalettere, percorre le valli da un paese all’altro: D’inverno ha freddo, chiede e ottiene di mettere i pantaloni, prima donna in quella divisa; la mostra con orgoglio quando è pensionata per motivi di salute e ripensa al cambiamento avvenuto nella sua professione. Maria Bordiga nata nel 1946 a Bagolino, un villaggio nella Valsabbia, ai piedi delle montagne prealpine, profondamente legata alla sua terra, non ha mai lasciato il suo paese e si è sempre dedicata con passione alla pastorizia un mestiere durissimo che ha ereditato dai genitori e che prosegue tuttora mantenendo vive le tradizioni della famiglia. Alcune “ragazze” vissute nei decenni ‘70-80, caratterizzati dal terrorismo rosso e nero e dalle stragi di mafia, hanno riferito esperienze terribili. Marina Gamberini aveva vent’anni quando fu estratta viva dalle macerie del ristorante della stazione di Bologna dove lavorava al momento dell’attentato nel 1980, tanti anni dopo vive ancora il rimorso per essere l’unica sopravvissuta alle sue compagne. Rita della Chiesa, una vita felice e tranquilla nell’infanzia nelle caserme d’Italia, si commuove nel ricordare la telefonata del padre quando il 2 settembre 1982, poco prima di essere ucciso dalla mafia, la sollecitava a farsi onore gli esami. Rosy Bindi, studentessa, era sulle scale dell’università accanto a Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, la mattina del 12 febbraio 1980, quando fu ucciso dai brigatisti rossi. I racconti delle protagoniste e i documentari di questo periodo rievocano la partecipazione attiva e il contributo delle donne alla stagione di grandi riforme con l’istituzione delle Regioni, l’introduzione del Servizio Sanitario Nazionale, la riforma carceraria, lo Statuto dei lavoratori, la legge Basaglia che chiudeva i manicomi, il voto a 18 anni e l’avvio dell’emancipazione femminile con il divorzio, il nuovo diritto di famiglia e la regolamentazione dell’aborto. Appartiene alla cronaca degli anni 90 la storia di Filomena Claps ora ultra ottantenne. La figlia Elisa di sedici anni era scomparsa nel 1993 dopo un appuntamento con un coetaneo in una chiesa di Potenza; Filomena si è battuta con ostinazione contro l’omertà diffusa anche religiosa per diciassette anni fino a quando furono ritrovati i resti della figlia nella chiesa e condannato il colpevole. Nella trasmissione del 22 novembre 2024 sono state intrecciate storie molto diverse. Nella prima coppia era presente Stefania Casini, nata nel 1948, ha iniziato come attrice in film diretti da registi famosi; icona sexy degli anni 70; ha vissuto in libertà i suoi amori, affermato con decisione di non aver mai sentito il desiderio della maternità, e che non è necessario che tale desiderio sia sempre presente nelle donne; l’altra protagonista era Maria Pia Marroni ginecologa-ostetrica napoletana, che trova invece la sua ragione di vita assistendo le donne che partoriscono. Nell’altra coppia il confronto era tra due “ragazze” degli anni ’90. Milena Bertolini, di anni 52, prima calciatrice poi allenatrice e dal 2017 commissario tecnico della nazionale femminile italiana, un’attività vissuta con gioia e partecipazione. Da sempre impegnata nella battaglia per abbattere i pregiudizi sul calcio femminile, ha portato la squadra ai Mondiali del 2019 fino ai quarti di finale e conquistato il riconoscimento che il calcio femminile italiano attendeva da anni. La giovinezza di Elisabetta Lachina, è stata invece spezzata a 18 anni quando il 27 giugno 1980 i genitori, Giuseppe Lachina e Giulia Reina, persero la vita a Ustica insieme agli altri 79 passeggeri del DC-9 Itavia. Da allora non ha mai smesso di mantenere vivo il loro ricordo e chiedere giustizia. Commovente il saluto che tanti anni dopo porge ai genitori accarezzando l’aereo ricostruito dai rottami. La trasmissione è terminata con il racconto di Milena Bellotti, nata nel nuovo millennio, attivista romana; nell'estate 2019, correndo anche dei rischi, si è recata nelle zone del bracciantato agricolo del meridione per rendersi conto personalmente delle condizioni dei lavoratori; ha poi realizzato la campagna “Pomodori rosso sangue” contro lo sfruttamento. Sono storie di donne dalle quali emerge l’amore per la vita, il desiderio di libertà e la felicità quando la si realizza, motivi di riflessione anche per gli uomini che hanno ascoltato i loro racconti.
Alberto Dolara |
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