Il cambiamento scientifico
L’espressione “visione ricevuta” indica, nell’epistemologia contemporanea, le tesi sostenute dai neopositivisti logici del Circolo di Vienna (R. Carnap, H. Hahn, O. Neurath, ecc.), dai neoempiristi logici del Circolo di Berlino (H. Reichenbach, C.G. Hempel), e da filosofi analitici come B. Russell e A.J. Ayer. Pur essendovi tra i pensatori summenzionati differenze significative, essi condividono alcune vedute di fondo circa il carattere della scienza. La più importante tra esse si può esprimere affermando che, nelle loro opere, la conoscenza scientifica viene considerata cumulativa e tendente verso un crescente progresso; in conseguenza di ciò, si ritiene che la scienza stessa sia in grado di fornirci una comprensione adeguata della realtà circostante. Non solo. Per quanto riguarda il classico nodo dei rapporti tra scienza e metafisica, la visione ricevuta porta a concludere che la metafisica sia il regno del “non-senso”. Si nega dunque alla filosofia lo statuto di disciplina speculativa, mentre al contempo si assume che essa debba consistere soltanto nell’analisi logico-linguistica degli enunciati scientifici. Dal momento che, secondo i pensatori nominati in precedenza, le proposizioni possono essere soltanto formali (analitiche e a priori) o empiriche (sintetiche e a posteriori), gli unici enunciati dotati di senso sono quelli della logica e della matematica da un lato, e gli asserti delle scienze empiriche dall’altro (senza alcuna via di mezzo come il “sintetico a priori” kantiano). Di qui, appunto, il radicale rifiuto della metafisica, che viene in effetti equiparata alla mancanza di senso. Scopo precipuo di coloro di coloro che vengono comunemente identificati con la visione ricevuta è portare alla luce i presunti modelli immutabili che sorreggono la pratica scientifica. Di “oggettività scientifica” si può a loro avviso parlare nel senso che il linguaggio scientifico riesce a cogliere l’esperienza osservativa immediata, alla quale può accedere ogni osservatore imparziale (inter-soggettività).
A livello linguistico, tale esperienza può inoltre essere “catturata” facendo ricorso ad un vocabolario in grado di evitare al massimo grado ambiguità e fraintendimenti. L’oggettività è pertanto garantita dal linguaggio della logica formale, il solo capace di evitare le ambiguità e i fraintendimenti di cui s’è appena detto. Ne consegue che quella scientifica è una conoscenza di tipo universale e atemporale: a causa delle caratteristiche dianzi specificate, le regole metodologiche della scienza “si incarnano”, senza subire modificazioni significative, in epoche e contesti culturali diversi. Dovrebbe essere evidente a chiunque che il modello della visione ricevuta propone una spiegazione essenzialistica del cambiamento delle teorie scientifiche. L’essenzialismo è dato dal fatto che si cerca di eliminare il fattore-tempo dalla scienza, spiegando il cambiamento delle teorie in termini puramente sincronici. È quindi evidente che vi sono, alla base della visione ricevuta, delle assunzioni non giustificate. Nessuno, ad esempio, è mai riuscito a dimostrare che la presenza del senso coincida con la verifica empirica, né risulta incontrovertibile il predominio della dimensione logico-linguistica su quella pratica. Si dà per scontato, infine, che la verità oggettiva sia realmente disponibile e possa essere comunicata tramite la costruzione di un linguaggio artificiale (logico) canonico. Ciascuna di queste assunzioni è stata revocata in dubbio da quella che oggi si suole definire la “nuova filosofia della scienza”. Nonostante l’influenza che la visione ricevuta continua a mantenere in alcuni circoli filosofici, le tesi da essa sostenute entrarono in crisi verso la metà del secolo scorso. Carnap, Russell ed altri esponenti di spicco della filosofia scientifica del ’900 mostrano ben poco interesse per le problematiche del cambiamento scientifico, e ciò non è affatto sorprendente qualora si consideri l’impostazione esclusivamente logico-linguistica delle loro opere. Un certo interesse per il problema del cambiamento delle teorie si ritrova negli scritti del neoempirista berlinese (trasferitosi negli Stati Uniti negli anni ’30) H. Reichenbach. Tuttavia, è con il pensiero di Karl R. Popper che tale problema diventa davvero cruciale. Non a caso, dal tronco popperiano nasce, tra gli anni ’50 e ’60, la cosiddetta “nuova filosofia della scienza”, cui abbiamo sopra accennato. Le tesi di Popper sono molto note anche al grande pubblico, e in questa sede ci limiteremo a prenderle brevemente in considerazione con particolare riferimento al tema del cambiamento scientifico. È opinione di Popper che scopo della scienza sia la falsicazione degli enunciati di base, e non la loro verificazione (come invece sostenevano neopositivisti e neoempiristi). Ne consegue che lo scienziato deve costruire “audaci congetture” e sottoporre a severi test la sua teoria. Se quest’ultima supera i test e sopravvive ai tentativi volti a falsificarla, può essere accettata provvisoriamente. E il “provvisoriamente” è molto importante, dal momento che, secondo l’epistemologo austro-britannico, la validità delle teorie non può mai essere stabilita con certezza. A sua volta, una teoria che sopravviva ai tentativi di falsificazione è corroborata, dove per “corroborazione” si intende la misura in cui la teoria è effettivamente falsificabile. E da cosa dipende il grado di falsificabilità? Popper risponde che una teoria tanto più è falsificabile quante più informazioni riesce a fornire intorno al mondo, il che significa che gli asserti di base delle teorie devono avere il maggior contenuto empirico possibile. A differenza di quanto sosteneva l’epistemologia neopositivista, Popper ritiene che si debba abbandonare l’induzione in quanto procedimento non giustificabile dal punto di vista razionale. La scienza dovrebbe a suo avviso rinunciare alla speranza di produrre generalizzazioni di tipo induttivo, concentrandosi invece sul metodo per “congetture e confutazioni”. Si noti che, a questo punto, ha ben poca importanza determinare come le teorie vengano scoperte. Ai fini della nostra analisi, è allora importante notare che nel modello popperiano la scienza cessa di essere un sistema statico per diventare un’impresa dinamica in grado di modificare se stessa senza posa. In altri termini, le rivoluzioni scientifiche sono destinate a succedersi per sempre o, per dirla con il titolo dell’autobiografia popperiana, “la ricerca non ha fine”. Ovviamente, la novità dell’atteggiamento di Popper si deve sia all’abbandono del principio neopositivista di verificazione per cui un enunciato che non ha alcuna possibilità di essere verificato empiricamente è uno pseudo-enunciato privo di senso (e secondo il quale una teoria può effettivamente essere verificata con metodi induttivi), e alla conseguente reintroduzione della metafisica nell’ambito del discorso significante, sia al superamento dell’empirismo dogmatico e riduzionista che caratterizza l’impostazione di fondo dei rappresentanti del Circolo di Vienna. Occorre rammentare che, adottando un criterio neopositivista di significanza come quello adombrato nel “Tractatus Logico-philosophicus” di Wittgenstein, si possono trarre due implicazioni fondamentali: (l) La negazione del senso a tutti gli enunciati che non risultano in qualche modo riconducibili ad un fondamento empirico, il che significa che la filosofia si riduce all’analisi logico-1inguistica delle strutture della conoscenza empirica; (2) L’ulteriore riduzione della stessa analisi logico-linguistica al campo delle scienze fisico-matematiche. Le discipline storico-sociali non rientrano negli interessi dei neopositivisti e, anche quando vengono prese in considerazione da autori come Otto Neurath, servono come pretesto per attuare una strategia riduzionista. Popper reagisce in modo deciso (e originale) a questo stato di cose, revocando in dubbio la validità del principio di verificazione e rifiutando altresì di accettare l’attribuzione neopositivista di insensatezza alla metafisica. Egli non accetta la tesi secondo cui il senso delle proposizioni deve essere individuato nella loro origine empirica, in quanto non esiste l’osservazione “pura” e la dimensione teorica è presente sin dall’inizio nei nostri processi cognitivi. Pertanto la scienza - tanto naturale quanto sociale - deve essere caratterizzata come costruzione ipotetico-deduttiva, entro la quale non si può mai giungere alla verifica definitiva. In base a simili premesse, non risulta possibile distinguere in modo netto tra problemi significanti e non, ed è parimenti assurdo porsi alla ricerca di un criterio di significanza che sia universalmente valido: sono le regole del metodo a determinare il raggio d’azione della scienza, fermo restando che, al di fuori di tale raggio d’azione, vi sono pur sempre altri problemi, essi pure forniti di senso (per quanto si tratti di un senso inteso in termini diversi). Ne consegue che, rifiutando la derivazione esclusivamente empirica degli enunciati scientifici, non è affatto illegittimo allargare l’ambito della scientificità ad altre discipline e alle loro procedure di indagine. Nei tardi anni ’30 Popper prese ad occuparsi in maniera sistematica anche dei problemi metodologici delle scienze storico-sociali, prestando quindi attenzione crescente alle tesi storiciste. Al 1944 risale la pubblicazione di “Miseria dello storicismo”, e al 1945 quella della sua opera politica più celebre: “La società aperta e i suoi nemici”. Popper, insomma, si svincola dalle posizioni del neopositivismo logico e recupera questioni che esso aveva escluso dal proprio orizzonte speculativo: in tal senso, il pensiero popperiano è parte integrante del cosiddetto “processo di liberalizzazione” dello stesso neopositivismo.
Michele Marsonet |
Pubblicazioni mensili
Nuovo Monitore Napoletano N.192 Dicembre 2024
StoriaVacanze estive 1939-1940. Ricordi d'Infanzia Luciano Dassatti e il porto di Napoli
Libere Riflessioni – News dal Comune di Napoli Antonella Orefice prosegue la sua ricerca storiografica Economia circolare: il cerchio da chiudere Castrati fisici e castrati mentali Bruxelles, la capitale che non c'è Libertà e democrazia secondo Washington Antisemitismo alla Columbia University Ti senti come se fossi un subumano Autobiografie femminili in TV: “Le ragazze” La strage del treno 904, 40 anni dopo
Filosofia della Scienza La strana realtà dell’Intelligenza Artificiale Vari aspetti della razionalità
Cultura della legalità La strage degli innocenti in Trentino Come la mondanità usurpa la storia Festa all’Archivio di Stato: arriva la relazione degli ispettori Festa all’Archivio di Stato: interviene la macchina del protettorato Vittime innocenti. Dicembre 1967-2014
Statistiche
La registrazione degli utenti è riservata esclusivamente ai collaboratori interni.Abbiamo 210 visitatori e nessun utente online |