Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Borbonear o della scaltra manipolazione

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Il 14 marzo 2020, il giornalista James Badcock ha pubblicato sul quotidiano britannico The Telegraph che Felipe VI risultava come beneficiario della Fondazione Lucum, con sede a Panama, dove Juan Carlos I aveva depositato quasi 65 milioni di euro donati dal re dell'Arabia Saudita.

Il giorno prima, il 13 marzo 2020, davanti alla peggior pandemia del secolo, con la prospettiva di centinaia di migliaia di morti in Spagna, il governo di coalizione annunciò per la prima volta dal 1978 l'applicazione dell'articolo 116.2 della costituzione Spagnola dichiarando lo stato di emergenza.

Il 15 marzo 2020, con il paese in shock, le strade di Madrid completamente vuote come in un film post apocalittico, con la popolazione confinata e in preda al panico, Felipe VI decise di pubblicare un comunicato inedito nella storia politica post franchista: «l'attuale re rinuncia a tutta l'eredità del padre e abolisce il vitalizio di 200.000 euro all'anno che Juan Carlos I riceveva come re emerito a carico del bilancio generale dello Stato».

 

La logica di quel comunicato è risultata chiara per il suo tempismo, gli esperti di comunicazione politica si resero subito conto del borbonear di Felipe VI che dispose la pubblicazione del comunicato in un giorno in cui il suo impatto sui sudditi sarebbe stato minimo, infatti se fosse stato pubblicato in un periodo fuori dallo stato di emergenza, i media non avrebbero potuto fare a meno di parlarne.

Invece con la potenziale morte di centinaia di migliaia di sudditi a fare da sfondo e con i sudditi completamente confinati in casa, l’occasione era troppo ghiotta per non approfittarne. Borbonear: Borbone che manipola abilmente qualcuno o qualcosa per raggiungere obiettivi di interesse strettamente personale

Si potrebbe obbiettare che il re non fosse a conoscenza dei fatti fino a quando non furono pubblicati su The Telegraph e che, quindi, ha reagito il più rapidamente possibile appena ricevuta la notizia.

Tuttavia, lo stesso Felipe VI ha smentito questa possibilità nello stesso comunicato, spiegando che conosceva la sua partecipazione nella Lucum almeno da marzo 2019 e che aveva già informato le autorità competenti, eclissando di fatto questa informazione all'opinione pubblica spagnola per un anno intero, senza rinunciare a nulla, nonostante fosse il beneficiario di quasi 65 milioni di euro depositati in un paradiso fiscale a Panama.

Durante questo anno di oscuramento, in Spagna si sono svolte due elezioni generali consecutive, alle quali hanno partecipato sia partiti monarchici sia repubblicani. La data di pubblicazione del comunicato fu scelta appositamente per minimizzare il danno alla reputazione della stirpe già ridotta ai minimi termini; il suo carattere puramente borboneador viene risaltato dall'articolo 991 del codigo civil che impedisce di rinunciare a un'eredità prima che la persona sia deceduta: «Nadie podrá aceptar ni repudiar sin estar cierto de la muerte de la persona a quien haya de heredar y de su derecho a la herencia».

Felipe VI, quindi, non stava realmente rinunciando al denaro accumulato dal padre, ma semplicemente rendendo pubblica la sua intenzione di farlo, forse, in futuro, e anche se Felipe VI dovesse mantenere la sua promessa pubblica di non accettare alcun tipo di patrimonio da parte del padre, il denaro a cui non potrà certo rinunciare è quello già ampiamente speso prima e durante l'eclissi, durata 365 giorni «en el imperio donde nunca se pone el sol».

Come rivelato da James Badcock su The Telegraph, la luna di miele di Felipe e Letizia nel 2004, quando erano ancora principi delle Asturie, costò mezzo milione di dollari, la metà prestata direttamente da Juan Carlos I e l'altra metà da uno dei suoi innumerevoli lacayos.

Poco dopo il peggior attentato terroristico della storia di Spagna, l'attentato jihadista di Atocha, gli attuali re hanno viaggiato in gran segreto, soggiornando nei migliori hotel di extra lusso di mezzo pianeta.

Per il reinvestimento del tesoro reale, accumulato durante quasi quattro decenni, da uno dei più disinibiti e spregiudicati monarchi della storia di Spagna, El Confidencial ha rivelato il 9 settembre 2024 che Juan Carlos I ha costituito una fondazione negli Emirati Arabi Uniti, dove si rifugiò dopo lo scandalo scoppiato nel 2020, per far confluire tutto il denaro distribuito in innumerevoli conti e investimenti in diverse parti del pianeta, con lo scopo di canalizzarlo sotto forma di eredità alle sue figlie, le infanti Elena e Cristina.

Nonostante che la prima guadagni 300.000 euro all'anno come dirigente della Fondazione Mapfre e la seconda guadagni 400.000 euro all'anno presso la Fondazione Aga Khan a Ginevra, il re emerito da buon padre di famiglia, preoccupatissimo per la situazione economica delle infanti dopo la sua morte, si è dato molto da fare, al punto di costituire questa ennesima fondazione per assicurare che nulla vada perduto.

La fondazione, con sede ad Abu Dhabi, godendo della bassissima, quasi nulla, pressione fiscale e della scarsa trasparenza giuridica di quel paese, nasce sostanzialmente per borbonear sia sull'origine del denaro trasferito e sia il fisco spagnolo, come è consuetudine della stirpe Borboneca.

La misteriosa origine della fortuna di Juan Carlos I torna a coinvolgere la famiglia visto che, se dovesse succedere qualcosa alle principesse Leonor e Sofia, l'infanta Elena diventerebbe la nuova regina di Spagna, essendo terza nella linea di successione al trono.

Avendo ben presente l'articolo 56.3 della costituzione spagnola «la persona del Reyes inviolable y no está sujeta a responsabilidad. Sus actos estarán siempre refrendados en la forma establecida en el artículo 64, careciendo de validez sin dicho refrendo, salvo lo dispuesto en el artículo 65.2», costituzione che ha lasciato impuniti i reati di Juan Carlos I, potrebbero godere dello stesso privilegio costituzionale anche i successori al trono, spalleggiati della protezione mediatica e politica che il sistema spagnolo franchista ha da sempre offerto ai Borbone, mi convinco ancor di più che la monarchia, in particolar modo quella spagnola, è un'istituzione progettata per delinquere e che la vera eredità a cui nessuno di loro potrà mai rinunciare è la corruzione intrinseca a questo tipo di istituzione.

Una breve panoramica su questo re, su queste infanti e nobili di Spagna, tutti a bordo dello stesso carro, è d’obbligo, poiché uno dei fattori di maggior pressione contro gli abusi delle monarchie è la libertà di stampa.

Quando si trovano quei pochi spazi mediatici grazie ai quali si può informare il cittadino su ciò che fanno queste persone, sempre più difficili da trovare, soprattutto quando i principali media dicono tutti praticamente la stessa cosa, quando la dicono, bisogna approfittarne.

Come anticipato, l'esclusiva è stata data a marzo dal quotidiano El Confidencial: l'ex re Juan Carlos I di Borbone ha creato una fondazione con sede ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, per centralizzare tutta la sua fortuna sparsa per il mondo e garantire così l'eredità alle sue figlie, le infanti Elena e Cristina.

La fondazione è presieduta da lui stesso e le figlie figurano nell’organo di amministrativo insieme a vari finanziatori, fidati lacayos della corona che funzionali allo scopo hanno fatto staffetta continua tra Spagna ed Emirati per organizzare il tutto. «I Borbone si stanno prendendo gioco dei sudditi?» effettivamente si, li stanno Borboneando, secondo la secolare tradizione di famiglia.

Secondo la versione ufficiale, Juan Carlos non ha nemmeno un euro nei suoi conti, e in più Juan Carlos attualmente è libero da qualsiasi accusa giudiziaria, pulito da ogni procedimento legale.

Questo è ciò che sostengono i nostalgici, tantissimi, che chiedono a gran voce che torni nella sua amata Spagna e smetta di soffrire un ingiusto soggiorno in Oriente, seppur dorato. Altra domanda: «che fine hanno fatto quei 65 milioni di euro di commissione che Juan Carlos di Borbone ha ricevuto per la sua mediazione nell'assegnazione del contratto per l'AVE (Alta Velocità Spagnola)?»

Ovvio è stato tutto archiviato, anche se si sa che quei soldi sono stati depositati in una fondazione a Panama a nome di Juan Carlos, ma il punto è che a quel tempo, il re era ancora in carica, quindi la sua figura era inviolabile, l'inviolabilità sancita dalla costituzione Spagnola che garantisce impunità di fronte alle leggi penali, civili o amministrative.

In merito molti illustri costituzionalisti sostengono che l'inviolabilità della corona e, nello specifico, di Juan Carlos è del tutto giustificata, poiché, come dicono gli inglesi, «The King can do no wrong», altri costituzionalisti altrettanto illustri, che si aggirano come spettri negli atenei ormai deserti, invece ti saltano direttamente alla gola quando gli si fa notare che l’articolo 56.3 ha istituzionalizzato di fatto il franchismo, anche grazie agli ampi spazi concessi dal «Titulo II - De la Corona» alla facoltà di Borbonear, facoltà esercitabile ovviamente solo da un Borbone.

«E le carte utilizzate per pagare i lussi sfrenati, finanziate dal suo amico l'imprenditore messicano Allen Sanginés o quei 15 milioni di euro di origine sconosciuta che gli sono apparsi su un'isola del Jersey?» Tutto archiviato.

La giustizia ha concluso che i fatti erano ormai prescritti, nel frattempo Juan Carlos ha anche effettuato diversi ravvedimenti per mettersi in regola con il fisco, costati appena 5 milioni di euro, spiccioli in confronto a commissioni di 80 o 100 milioni di euro a mediazione o per meglio dire, traffico di influenze, al lettore la scelta.

Lavate di faccia a buon mercato a beneficio del suddito ingenuo. Archiviazione anche per l'indagine della Procura di Ginevra per presunto riciclaggio aggravato di ingenti capitali, un'indagine in cui Corinna Larsen, l'ex amante del re, e Arturo Fasana, il gestore dei suoi conti, son dovuti comparire.

Amante e gestore dei conti, ruoli a volte sovrapponibili in molti casi della lunga storia della stirpe Borboneca, indagine per la quale Juan Carlos non è stato né chiamato a testimoniare né formalmente indagato.

Corinna in seguito, con un tardivo quanto poco credibile rigurgito di dignità di donna, sporse denuncia per molestie contro Juan Carlos a Londra, ma la giustizia britannica ha respinto il caso per mancanza di competenza, questione in seguito risolta, presumibilmente, con un corposo bonifico secondo la logica che muove questi personaggi.

Da quando si è stabilito ad Abu Dhabi nel 2020 El Campechano vive come un re, anzi, come uno sceicco. La famiglia reale degli Emirati si fa carico di tutte le sue spese: sicurezza, soggiorno, assistenti, voli privati con massaggiatore a bordo, perché, a 87 anni, con tutti i viaggi Madrid - Abu Dhabi e viceversa, di un bel massaggio al volo ne ha certamente bisogno, soprattutto a seguito degli interventi chirurgici ortopedici ai quali si è sottoposto.

El Confidencial inoltre fa notare che i Borbone potrebbero addirittura avere la faccia tosta di usare la fondazione per celebrare i 40 anni di regno di Juan Carlos, finanziando attività educative e culturali, sul modello delle fondazioni degli ex presidenti degli Stati Uniti.

A El Campechano non gli manca certo la bontà e la filantropia, possiamo immaginare la Fondazione Re Juan Carlos che finanzia borse di studio per ragazzi meno abbienti affinché imparino a navigare a vela, oppure, meglio ancora, affinché imparino a trasferire capitali nei paradisi fiscali, oppure corsi di seduzione per aspiranti playboy, o lezioni di tiro nel caso qualcuno, ad un certo punto della propria vita, si trovasse improvvisamente un fratello in linea di mira e sprovvedutamente desse in brocca, o magari un elefante e, al contrario, non riuscisse a dare.

Ritornando però sullo scopo principale della fondazione, il trasferimento del patrimonio alle figlie, bisogna ricordare che le povere infanti da tempo non ricevono più l’assegno reale dalla Casa Reale. Elena, ad esempio, lavora presso la Fondazione Mapfre dal 2008, dove è direttrice di progetti sociali, come indicato sul sito ufficiale della fondazione il cui obiettivo è, cito testualmente, «costruire un mondo più giusto e solidale».

Secondo quanto dichiarato nel 2018 dalla direzione di Mapfre alla giornalista Pilar Eyre, Elena è presente nel suo ufficio dalle 8 alle 14, lavora sei ore al giorno, viaggia per la Spagna, l'America Latina e l'Europa per partecipare a riunioni in tre lingue diverse e gestisce un team di quattro persone.

Non è una precaria o un’operatrice di call center a 2 euro all’ora, ma lavora invece duramente e percepisce 300.000 euro all'anno, salario grazie al quale Elena ha dovuto stringere anche la cinghia perché ha due figli da mantenere, Froilán e Victoria Federica. Froilán, il nipote preferito di Juan Carlos, famoso per i suoi imprevisti con le armi da fuoco e le risse davanti ai locali più esclusivi di Spagna, ha ottenuto un contratto a tempo determinato in una compagnia petrolifera nel 2023 per preparare il vertice sul clima delle Nazioni Unite, dopodiché pare che sia stato mandato ad Abu Dhabi, ad apprendere a Borbonear in maniera strutturata, direttamente da Juan Carlos.

Victoria Federica invece sembra essere la più rampante dell’allevamento Borboneco. Di recente Pablo Motos l’ha invitata nel suo programma El Hormiguero in qualità di influencer, che gode di contratti milionari con case di moda, per convincere le spettatrici che lei è un’icona di stile e bellezza da imitare, ma in quel frangente sembrava che tra una moina e l’altra dicesse: «ricordatevi suddite che non siete brutte, siete solo povere».

Per quanto riguarda l'altra infanta, Cristina, sembra che le si accumulino fondazioni su fondazioni. Lavora per la Fondazione La Caixa dal 1993, dove dirige programmi di cooperazione internazionale, con uno stipendio stimato di circa 400.000 euro all'anno.

Inoltre, ha iniziato a collaborare con la Fondazione Aga Khan, alla cui stirpe di fondatori è intimamente legato El Campechano.

Va inoltre ricordato che Cristina fu assolta da due reati fiscali durante il famoso caso Nóos, che coinvolse anche suo marito, Iñaki Urdangarin. In quel processo, Cristina dichiarò 412 volte di non sapere, 82 volte di non ricordare, 58 volte di non sapere nulla e 7 volte di non esserne a conoscenza, insomma un Borbonear allo stato puro davanti ad un giudice che dopo quelle udienze avrà, presumibilmente, bruciato la toga e aperto un chiringuito sulla costa de Almerìa.

Il tribunale delle Baleari in seguito stabilì che non c'erano sufficienti indizi per incriminarla, argomentando nella motivazione che il giudice aveva agito in modo precipitoso (sic!).

Cristina oggi vive in Svizzera, sulle rive del lago Lemano con le Alpi a fare da sfondo, di tanto in tanto va a trovare suo padre ad Abu Dhabi. Nonostante guadagni 400.000 euro all’anno Cristina, dopo il divorzio deve far fronte a spese elevate, come il mantenimento del suo lussuoso immobile di Ginevra e il mantenimento dei figli, di cui solo uno ha un lavoro, oltre alle consistenti spese dei frequenti viaggi alla Zarzuela, forse per meglio Borbonear la successione patrimoniale, ormai in vista all’orizzonte.

Naturalmente re Felipe VI non sa nulla di tutto quello che è emerso dalle investigazioni giudiziarie e giornalistiche. Non ha partecipato ne figura come beneficiario futuro della fondazione e si è sempre dissociato da qualsiasi tipo di operazione finanziaria di famiglia, pur restando erede della corona spagnola.

Allo stato attuale i problemi di Felipe VI, oltre all’assaggiatore personale che non si trova, sono due: l’assedio al patrimonio e la gestione degli affari con più di una guerra in corso, problemi sui quale incombe tutto il peso dell’influenza diretta ed indiretta di Juan Carlos e dei suoi pretoriani.

Le attuali condizioni di salute di Juan Carlos non sono certamente le migliori, e le voci che si rincorrono fra conferme e smentite, oltre alla fretta di sistemare il patrimonio, fanno pensare che dalla Zarzuela il dispositivo logistico per evitare che El Campechano passi a miglior vita fuori dal territorio spagnolo sia già stato attivato, se non altro per tranquillizzare lo stesso emerito per il quale pare che la possibilità di morire all’estero sia diventata un’ossessione ulteriormente invalidante e che, semmai fosse possibile, lo abbia incattivito ancor di più.

Il vero lascito di Franco: l’articolo 14 della costituzione spagnola recita «los españoles son iguales ante la ley, sin que pueda prevalecer discriminación alguna por razón de nacimiento, raza, sexo, religión, opinión o cualquier otra condición o circunstancia personal o social», quella stessa costituzione che con l’articolo 56.3, rende la stirpe Borboneca di fatto inestirpabile e libera di Borbonear a mani basse. 

 

 

Luigi Speciale

 

Fonti

Reivindicación del verbo borbonear

Exiled Spanish king Juan Carlos creates personal trust in UAE

Juan Carlos I monta una fundación con sus hijas para centralizar su patrimonio y dejárselo en herencia

Las infantas Elena y Cristina no necesitan herencias: destapamos son los cuantiosos sueldos que perciben al mes

Switzerland drops money laundering probe connected to ex-Spanish king

 

 

 

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