Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

“Qui si sa l’Italia o si Muore”, anzi no…

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Il recente film Campo di battaglia del regista Gianni Amelio vuole essere un atto d’accusa contro le atrocità della guerra, descrivendo lo scenario del fronte italiano durante il Primo conflitto mondiale e, in particolare, il fenomeno delle automutilazioni che i soldati si infliggevano pur di non ritornare a combattere.

Peccato che la pellicola sia l’ennesimo tentativo di sminuire la portata storica di quell’evento nella Storia d’Italia, inserendosi appieno nel filone di quel “negazionismo della Vittoria” che da decenni ripropone i soliti cliché anti-nazionali: cioè che la Grande Guerra è stata causata dal nazionalismo brutto e cattivo e che i soldati erano soltanto una massa di contadini analfabeti, mandati a morire senza capirne il perché.

Si dimentica, però, che quella guerra l’Italia l’ha vinta, completando il suo Risorgimento e raggiungendo così la sua Unità nazionale, al costo di 600 mila caduti, tra i quali innumerevoli medaglie al valore, e una serie di episodi eroici che hanno visto protagonisti proprio quei “poveracci” dei soldati italiani.

Le parole dello stesso Amelio, intervistato da “Corriere TV” sono emblematiche: «Le guerre sono causate dalle dittature» - ma nel nostro caso di quale dittatura si sta parlando non si capisce - mentre Alessandro Borghi, il protagonista del film, rincara la dose così: «Io non sono un nazionalista, non sono per la patria, non sono un italiano convinto, non sono un italiano orgoglioso» e, dopo aver sermoneggiato su libertà e immigrazione, conclude: «casa vostra è un indirizzo, che c’è un civico, se vengono dentro casa vostra avete ragione, se no casa vostra non è una nazione, non è un Paese».

 

Gli fa eco lo youtuber Matteo Saudino, alias BarbaSophia, il quale ha dichiarato all’ANSA: «disertare non è codardia ma coraggio, la forza di disertare è una forza anche morale».

Insomma, chi combatte per il proprio Paese è uno “scemo di guerra” e hanno ragione - si fa per dire - sia Lilli Gruber, che al solo sentire la parola nazione “si sente male”, sia il comico Luca Bizzarri, il quale ha spiegato dal suo profilo Instagram: «Ho sentito dire dal generale Vannacci che la cittadinanza non si regala, ma viene data solo a chi sarebbe disposto a difendere con la vita il sacro suolo. Ecco, ho come la paura che bisognerà togliere una decina, ventina di milioni di cittadinanze perché, secondo me, il sacro suolo i giovani italiani e anche quelli della mia età, col cazzo che lo difenderebbero con la vita».

E se per Tomaso Montanari “siamo tutti cittadini con il Carso degli altri”, ridicolizzando la memoria dei fanti morti nelle trincee, forse è meglio ricordarsi le parole conclusive del Principe di Machiavelli che, alla fine dell’opera citava i versi del Petrarca come monito agli Italiani del XVI secolo: «Vertù contra furore / Prenderà l’arme, e fia ‘l combatter corto, / Ché l’antiquo valore / Ne l’italici cor non è ancor morto».

 

Gianluca Rizzi

 

 

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