Eleonora de Fonseca Pimentel, ricordandoti

Negli anni '70 in un Consiglio d’Istituto con i Decreti Delegati

Condividi

Con la recente riapertura delle scuole ritornano i problemi di sempre.

La partecipazione dei genitori alla vita scolastica dei figli, prevista anche per legge dai Decreti Delegati del 1974, è uno dei più controversi. Pertanto può essere utile un richiamo al passato con un contributo personale.

Gli anni ‘70 sono ricordati come il periodo delle riforme che hanno cambiato la storia del nostro Paese, dall’istituzione delle regioni, al divorzio, all’abolizione del reato di aborto, alla promulgazione della legge Basaglia sull’apertura dei manicomi, all’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, all’abolizione del delitto di onore.

Questa serie di riforme positive ha condotto anche alla definizione del decennio come i “favolosi anni 70”. Non si può tuttavia dimenticare per completezza storica che è compreso nel ventennio 60-80, iniziato con la strage di Piazza Fontana e terminato con quella alla stazione di Bologna, includente terrorismo rosso e nero e definito il periodo degli “anni di piombo”.

La scuola non poteva sottrarsi all’ondata di riforme con i Decreti Delegati approvati nel maggio 1974. Era il riconoscimento giuridico di una spinta sociale partita dal basso che voleva coinvolgere le famiglie ed il territorio nella gestione democratica della scuola. Prevedevano Consigli di classe e d’Istituto costituiti da insegnanti, genitori e studenti eletti in modo democratico.

 

In età piuttosto matura tornai sui banchi di scuola, questa volta come genitore, nel Consiglio d’Istituto della scuola media Dino Compagni, allora quartiere 13 di Firenze, dove studiavano i miei figli.

L’elezione dei genitori nelle liste di diverso orientamento politico fu preceduta da un’intensa campagna elettorale con assemblee appassionate e volantinaggi.

La nostra lista ottenne un numero limitato di voti, nel Consiglio neo formato risultammo in netta minoranza, ma sentivamo alle spalle il movimento politico progressista nel Paese.

Dopo obiezioni teoriche da parte di molti consiglieri, insegnanti e genitori, e difficoltà pratiche non indifferenti, riuscimmo ad ottenere la formazione di alcune classi a tempo pieno, una innovazione decisiva prevista dai Decreti Delegati.

Due anni dopo l’insediamento del Consiglio fu possibile celebrare il 30° Anniversario della Costituzione italiana promulgata nel 1947.

Gli studenti ebbero il compito di discuterla ed illustrarla all’interno della scuola. Furono invitati come relatori i protagonisti degli eventi che avevano portato alla sua realizzazione: Franca Pieroni Bortolotti, del Partito Comunista Italiano, Giancarlo Zoli, della Democrazia Cristiana e Paolo Barile del Partito d’Azione, quest’ultimo illustre studioso di diritto costituzionale.

La partecipazione dei genitori fu notevole; questo fu possibile anche mediante la collaborazione del preside della scuola aperto al dialogo.

Nei quattro anni di permanenza nel Consiglio non vi fu alcuna interferenza nell’ attività didattica degli insegnanti.

Una proposta che sembrò “audace” alla componente conservatrice del Consiglio fu di organizzare un seminario d’educazione sessuale, aperto ai genitori e al quartiere, che prevedeva nozioni di fisiologia e anatomia, ma anche argomenti come contraccezione, aborto, prostituzione, il ruolo dei sessi nelle società del passato e del presente, il sesso nell’arte e nelle diverse civiltà.

Le obiezioni furono superate con l’inserimento di un religioso tra i relatori che ebbe anche un successo notevole.

Fu accolto con sorrisetti ironici l’invito agli studenti di portare a scuola giornali e riviste usati da raccogliere come carta straccia e venderla a favore dell’Istituto.

Allora l’attenzione all’ambiente era scarsa e il riciclo dei materiali una pratica virtuosa praticamente sconosciuta. La carta poteva essere raccolta da privati e venduta sul mercato. Per alcuni giorni la montagna di giornali e riviste portate dagli studenti rimase nel cortile della scuola suscitando curiosità e perplessità. La somma raccolta con la vendita, anche se modesta, mise a tacere le critiche.

Cinquant’anni dopo il clima politico sociale e culturale del nostro Paese è profondamente diverso non solo per il diffuso disinteresse politico, ma anche per gli atteggiamenti ostili verso le istituzioni pubbliche assunti da una parte non trascurabile della popolazione italiana. Ne sono esempi le negazioni scientifiche sulle variazioni del clima, i No Vax, le continue aggressioni al personale sanitario oppure agli autisti di mezzi pubblici.

La scuola non si sottrae a questo atteggiamento negativo: il quotidiano La Repubblica di domenica 8 settembre, a pochi giorni dalla riapertura dell’anno scolastico, riportava l’appello degli esperti nel quale si lamentava la pesante ingerenza dei genitori nelle funzioni scolastiche.

Il titolo dell’articolo di Salvo Intravaia, giornalista ed insegnante, era drastico “Fuori i genitori dalla scuola”.

Nella pagina accanto il parere diverso di Viola Ardone, insegnante d’Italiano e latino al Liceo Scientifico di Gugliano, provincia d Napoli, e nota scrittrice.

Il titolo del suo articolo era “E io da prof vi dico: i vostri ragazzi non hanno bisogno di un avvocato”.

Anche Ardone confermava l’ingerenza dei genitori con alcuni episodi tratti dalla sua esperienza d’insegnante.

Sono riportati testualmente e sarebbero divertenti se non corrispondessero ad una difficile realtà: «Elegantissima, messa in piega perfetta, tacchi a stiletto si presenta al primo colloquio dell’anno. “Bongiorno, sono la madre di Arlecchi”. Le stringo la mano e poi la tendo al signore in completo grigio che l’accompagna: “E lei deve essere il papà?” “No è il mio avvocato”. Altro colloquio altra classe, altra madre: “Prof, ieri abbiamo ripetuto fino a tardi io e il bambino” e inizia a sciorinarmi le particolarità della terza declinazione. Il bambino in questione ha sedici anni ed è alto 182 cm. L’ho interrogato ieri pomeriggio sa tutto, mi ha assicurato un papà. “Gli ha messo anche il voto?” ho risposto provocatoriamente. Il padre in oggetto mi guarda ha pensato fossi seria».

Viola Ardone riferisce che tra i docenti corre un mantra «I genitori dovrebbero restare fuori della scuola», ma è di parere opposto: «Una frase che non mi piace, in verità, come tutte quelle che puzzano di esclusione».

E prosegue difendendo i Decreti Delegati che chiedevano ai genitori di collaborare al funzionamento della scuola, ma senza interferire sul processo educativo e formativo degli studenti.

Critica il comportamento attuale dei genitori che snobbano le elezioni dei candidati, le assemblee svuotate di contenuti, i familiari che latitano nei colloqui periodici durante l’anno per comparire nel mese di maggio quando incombono gli scrutini ed eventuali brutti voti o addirittura bocciature.

Rivolge loro un appello: «A questi genitori, a tutti, vorrei rivelare un segreto, la scuola è una comunità, la classe è un organismo. A loro a tutti, chiedo più presenza (e non meno), ma non al singolare, bensì al plurale. Di essere solleciti e interessati all’andamento della classe e di non fare l’avvocato dei propri ragazzi o di presentarsi con un avvocato al seguito».

Adesso nel mio quartiere a Firenze uno splendido centro didattico polivalente sostituisce il prefabbricato della scuola Dino Compagni degli anni 70. Sarei lieto se il Consiglio d’Istituto attuale riproponesse il tempo pieno che non è stato realizzato e proseguisse nella difesa della Costituzione italiana in questo difficile momento; potrebbe sostituire il seminario di educazione sessuale con uno sulla educazione sentimentale e sulla intelligenza emotiva, mettendo in secondo piano quella artificiale. Non sarebbe invece necessario riesumare la raccolta della carta straccia, il cui tasso di riciclo in Italia era quasi all’’80 % nel 2022.

Alberto Dolara

 

Statistiche

Utenti registrati
18
Articoli
3265
Web Links
6
Visite agli articoli
16628290

La registrazione degli utenti è riservata esclusivamente ai collaboratori interni.

Abbiamo 1026 visitatori e nessun utente online