La spada di Filos: un trentino tra napoletani e francesi
Francesco Antonio Filos nacque il 2 marzo 1772 a Mezzolombardo, un piccolo centro della Contea del Tirolo, da Giuseppe Antonio Filos e Caterina Sevegnani originari di Praso nelle Valli Giudicarie nei pressi del fiume Filos affluente del Chiese. Nel '500 un ramo della famiglia si stabilì a Mezzolombardo dove ottenne il nobile lignaggio da Ferdinando II d'Asburgo. Studiò prima in Baviera presso il collegio dei Canonici di Pollingen e poi a Innsbruck dove si laureò in giurisprudenza. Nel 1793 fondò un club di ispirazione giacobina che gli attirò i sospetti della polizia asburgica e la condanna per attività clandestina. Liberato dal carcere si trasferì a Brescia, all'epoca governata dalla Serenissima Repubblica di Venezia, dove conobbe Gioacchino Murat impegnato nella campagna d'Italia. Nel 1796 partecipò ad una missione diplomatica a Lavis di Trento dove una compagnia di partigiani tirolesi aveva organizzato un attentato alle truppe francesi di Napoleone che, per rappresaglia, aveva ordinato il saccheggio del paese allorché Francesco Filos riuscì a far desistere il generale francese dai suoi intenti criminali.
Il Murat, venuto a sapere della vicenda, si recò personalmente alla sua casa natale di Mezzolombardo dove ebbe in regalo «un piatto di pesche e un tacchino».1 In breve tempo Trento fu perduta ma, prima di fuggire dalla città il 20 maggio 1796, il principe vescovo Pietro Vigilio Thunn aveva emesso un decreto con cui delegava il governo ad un Consiglio di Reggenza presieduto dal decano conte Sigismondo Manci. Il Trentino occupato dai francesi restava in mano ai commissari di guerra che vi furono cacciati tra il 4 e il 5 novembre 1796. Questa fu la prima di tre invasioni francesi in Trentino. Il 30 gennaio 1797 i francesi entrarono di nuovo a Trento per uscirne il 10 aprile. Il principe vescovo non vi fece ancora ritorno e l'Austria ne approfittò per insediare un governo provvisorio sotto la presidenza del barone De Moll. Di fatto il Trattato di Campoformio stabilì la cessione del Trentino all'Austria e il magistrato di Trento fu obbligato a prestare giuramento alla casa reale d'Austria e non più al Sacro Romano Imperatore Germanico. Il Trentino rimaneva inquadrato nella Contea del Tirolo e i suoi rappresentanti eletti nella Dieta di Innsbruck. Formalmente il Trentino fu annesso all'Austria con la patente imperiale del 4 febbraio 1803 e Rovereto si riavvicinò a Trento dopo una lunga parentesi veneziana. A Brescia, dove pure si era insediato un governo provvisorio (giugno 1797), Francesco Filos conobbe Francesco Saverio Salfi (1759-1832), ex abate e commediografo, esponente di rilievo della Società patriottica napoletana e Carlo Lauberg (1762-1834) intellettuale partenopeo di origini belghe. Il gruppo si recò in Valtellina, per dare man forte ai ribelli contro la dittatura dei Grigioni, dove si sarebbero dovuti incontrare con un certo Giovan Battista Silvestri, iscritto ai Franchi Muratori, che però morì assassinato. Filos e Lauberg si incontrarono di nuovo nel settembre del 1799 a Genova al seguito del generale Championnet che aveva invaso il Regno di Napoli. Lauberg poi fu scelto da lui per entrare nel Direttorio esecutivo della neonata Repubblica Partenopea. Il 15 dicembre 1799 ripresero le operazioni belliche in Italia e il Trentino fu per la terza volta in mano ai francesi con a capo un Consiglio superiore presieduto da Carlo Antonio Pilati e Gian Domenico Romagnosi. Il 4 febbraio 1803 cessava formalmente il Principato di Trento – dopo otto secoli di vita – che fu incorporato alla Contea del Tirolo, propaggine dell'Impero Austro-Ungarico. Il 26 dicembre 1805 fu stipulata la pace di Presburgo in forza della quale il Trentino fu consegnato alla Baviera ed istituito un commissariato generale del Tirolo diviso nei due uffici circolari di Trento e Rovereto che avevano competenza in materia di polizia, sicurezza e ordine pubblico. Ai giudizi distrettuali spettava anche la polizia ecclesiastica e la vigilanza sui beni del clero. Il 10 aprile 1809 il tirolese Andrea Hofer si ribellò agli usurpatori franco-bavaresi ma venne catturato e ucciso. La guerriglia continuò per due anni fino alla capitolazione definitiva dell'ultima sacca di resistenza a Tione. Col Trattato di Parigi del 28 febbraio 1810 il Trentino fu sottratto alla Baviera e annesso al neonato Regno italico. Erano trascorsi quasi mille anni (952) da quando l'imperatore germanico Ottone I aveva infeudato il Trentino al Regno di Berengario II ed ora il principe vescovo potè far rientro a Trento a patto di esercitarvi una potestà limitata. Il seppur breve periodo italico (1810-1813) lasciò una traccia profonda nel Trentino consentendo di passare dal regime feudale alla società moderna. Dopo la proclamazione della Repubblica Cisalpina (29 giugno 1797) Francesco Filos vinse il concorso a Brescia come segretario comunale e poi a Bolzano come viceprefetto (1810). Qui accolse di nuovo il Murat di ritorno dalla campagna di Russia mentre l'ultimo incontro avvenne nel 1813, nel corso di un incarico a Pavia, dove ricevette in dono una spada da cerimonia, tuttora custodita presso il Municipio di Mezzolombardo: «La lama in acciaio è lavorata in oro e l'elsa, dello stesso metallo, reca inciso il monogramma del re di Napoli, sormontato dalla corona reale. Nella targa in rame si leggono le parole: Joachinus Murat Rex Neapolis consegnò questa spada a Francesco de Filos viceprefetto di Pavia nell'anno 1814».2 Si tratta di uno strumento utilizzato in molte cerimonie massoniche ma non solo: la spada di per sé esprime i valori di verità e di giustizia per chi come Francesco Filos aveva dedicato tutta la sua vita alla difesa dei più deboli, alla libertà e all'eguaglianza. Dopo la Restaurazione (1815), nonostante i suoi precedenti penali, Francesco Filos riuscì ad entrare nella pubblica amministrazione asburgica prima come cassiere e poi come ricevitore del censo sebbene continuasse a frequentare i salotti intellettuali e i personaggi di spicco dell'epoca tra cui Vincenzo Monti, Ugo Foscolo e Francesco Antonio Marsilli. Nel 1852 fu eletto presidente dell'Accademia degli Agiati, considerata il fulcro della cultura locale ed un ponte tra il mondo tedesco e quello italiano, ed era pure in procinto di pubblicare un giornale letterario il che non avvenne forse per il mancato sostegno dei comitati locali. A Trento infatti la massoneria si era insediata relativamente tardi rispetto alle altre città europee e il governo francese dovette faticare non poco per il suo consolidamento. La stampa era soggetta allo stretto controllo governativo e vi erano pochi giornali tollerati tra cui “Ristretto dei foglietti universali”, “Notizie Universali”, “Foglio di Avvisi per il Dipartimento dell'Alto Adige”. Nel settore della pubblica istruzione siamo di fronte ad un cambiamento radicale in quanto Maria Teresa d'Asburgo aveva fondato la scuola sulla base dell'insegnamento della Chiesa cattolica mentre Napoleone su quello della Massoneria. La scuola si divideva in tre tipi di classi: elementare, media e superiore. Non furono istituite università di alcun tipo né a Trento né a Bolzano ma solo a Innsbruck. Il governo francese non fece sconti al clero in termini di soppressioni di conventi e confraternite mentre gli arredi sacri furono venduti o adibiti per usi civili. A Bolzano sopravviveva un'ampia comunità italiana favorita dal fatto che sino agli inizi del 1531 la giurisdizione apparteneva al principe-vescovo di Trento. Fino ad allora si può dire che tedeschi e italiani convivessero in armonia almeno fino a quando i conti del Tirolo pretesero l'avvocazia sul principato il che determinò una sempre maggiore influenza politica dell'Austria. Tuttavia le larghe autonomie concesse impedirono che esplodesse il malumore delle minoranze etniche e tali rimasero anche durante il periodo napoleonico. In tale cornice storica si inquadra l'idea di italianità in Trentino ma fu vera amicizia quella tra Francesco Filos e Gioacchino Murat? In più di un'occasione non nascose il suo entusiasmo per il sovrano francese e certo doveva essergli grato per aver liberato la sua terra dagli odiati tedeschi eppure le sue memorie autobiografiche rivelano più di un'incomprensione fino al punto di sospettare il francese di tradimento. In un opuscolo anonimo del 1815 si riporta l'ipotesi secondo cui il Murat, avendo il presentimento che Napoleone stesse per cadere, si fosse offerto per passare dalla parte degli austriaci a patto di mantenere il potere in Italia. Non sappiamo se il Filos sia stato lui l'autore (o meglio il curatore giacché l'opuscolo si presenta come un epistolario con diversi mittenti e destinatari) ma perché avrebbe dovuto scrivere un libro contro di lui? E per giunta anonimo? L'opuscolo in realtà contiene molte ipotesi e ragionamenti ma di prove concrete ve ne sono ben poche e il tutto si riduce ad una polemica sterile. Oltretutto il Murat, venuto a sapere della fuga di Napoleone dall'isola d'Elba nel 1815, aveva gettato chiamato a raccolta i suoi fedelissimi e lanciato un appello per l'unità degli italiani contro l'Austria. Secondo lo storico Umberto Corsini il Filos fu «ribelle verso il passato specialmente verso la vanità della cultura ufficiale del mondo prerivoluzionario, fu un entusiasta dei nuovi tempi, pur mantenendo una certa obiettività nel giudicare gli avvenimenti politici riguardanti la sua terra e l'Italia. Così egli riprovava severamente la prepotenza napoleonica nell'atto della costituzione della Repubblica Italiana a Lione quando – mentre tutti si aspettavano e volevano un presidente italiano – Napoleone volle sé stesso al comando».3
Luigi Badolati
Bibliografia De Vigili G., Cenni sulla vita di Francesco de Filos, in “Il Trentino”, 30 aprile-5 maggio 1873. p.7, (nota 1) Dalla Torre P., Alla ricerca dell'arte nei rioni delle “Canevarie”, del “Cornel”, del “Piaz” e del “Borghet” a Mezzolombardo, in «Quaderni di storia, Verba volant», Trento, 2009, p. 95. (nota 2) Corsini U., Il Trentino nel secolo XIX, Vol. I (1796-1848), Manfrini, Rovereto, 1963, pp. 143-144. (nota 3) Croce B., Vite di avventure di fede e di passione, Adelphi, Milano, 1989. Id., La vita di un rivoluzionario, Carlo Lauberg, “La critica”, 32, 1934, pp. 254-277.326-357. Emmert B., Memorie e confessioni di me stesso. Autobiografia di Francesco Antonio Filos, in «Atti dell'Accademia Roveretana degli Agiati», 4, 8, 1927, pp. 3-251. Filos F., Memorie e confessioni di me stesso, Grandi, Rovereto, 1924. Garbari F., Francesco Filos (1772-1864): dalla vita come avventura alla quiete degli studi, Accademia degli agiati, Serie II, 2002, pp. 133-163. Gozzer G., Il bicentenario 1799-1800 attraverso le memorie e confessioni di un liberal-rivoluzionario: Francesco Filos agli albori dell'identità del Trentino, in «Studi trentini di scienze storiche», Sezione I, 3, 1999, pp. 559-606.
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