Stahlhelm: ascesa e declino dell’elmetto d’acciaio
Di converso, lo scoppio del primo conflitto mondiale portò al più radicale e accelerato dei cambiamenti di tutta la storia nell’intero mondo tecnologico militare. Nessuno poteva ancora immaginare la potenza effettiva di questo immenso progresso, che portò al sacrificio di migliaia e migliaia di anime. Nei primi mesi di guerra nessun soldato era dotato di un adeguato casco protettivo e buona parte delle perdite si ebbe proprio a causa di gravi ferite alla testa. Ciò portò i vari Stati Maggiori ad adottare delle urgenti contromisure, che culminarono nella definitiva creazione e adozione di caschi protettivi da parte di tutti gli eserciti. Tra i vari elmetti della grande guerra, oltre all’Adrian francese e al Brodie britannico, spiccava anche il celebre Stahlhelm dell’esercito tedesco, con la sua riconoscibile forma aggressiva a secchio di carbone. Il suo disegno fu il frutto di un precedente studio svolto dal dottor Friedrich Schwerd sulle ferite che venivano procurate alla testa nella guerra di trincea.
La sua fama fu tale che fin da subito divenne una vera e propria icona nel mondo militare, tanto da dar vita successivamente anche ad una organizzazione paramilitare tedesca di destra, lo Stahlhelm, Bund der Frontsoldaten, ovvero “Elmetti d’acciaio, Lega dei soldati del fronte”, che successivamente divenne un movimento politico. I primissimi modelli presentavano dei caratteristici occhielli di ventilazione simili a delle piccole corna che però durante l’inverno favorivano l’entrata di aria gelida, il che costrinse i soldati a tapparli con mezzi di fortuna. La loro lunghezza era concepita per fare da supporto ad una placca in acciaio aggiuntiva, detta Stirnpanzer, che però essendo molto pesante fu usata solo da mitraglieri e vedette. Lo Stahlhelm ricevette spesso nella sua vita operativa dei camuffamenti fatti direttamente dalle truppe sul campo. Le sue ampie falde inoltre rendevano difficile l'udito al soldato, distorcendo i suoni e creando una sorta di eco. Per questo alcuni esemplari presentano dei ritagli sui bordi laterali, per permettere di migliorare i suoni. Il rivestimento interno era composto da una fascia con tre sacche segmentate in cuoio, ognuna contenente materiale d’imbottitura. Le varianti di questi primi modelli si rinvengono principalmente negli eserciti delle potenze centrali. La sua effettiva entrata in servizio avvenne a partire dalla celebre Battaglia di Verdun. In seguito alla fine del primo conflitto mondiale che vide il crollo delle potenze centrali, lo Stahlhelm fu adottato dalla Bundesheer della Repubblica Austriaca, dalla Reichswehr della Repubblica di Weimar e successivamente dalla Wehrmacht della Germania nazista. Molti modelli della grande guerra vennero catturati e venduti a diversi paesi. I successivi modelli degli anni 30 riproposero il disegno originario, sempre con la collaborazione del dottor Friedrich Schwerd, ma con una riduzione della visiera, delle falde laterali e con la rimozione delle grosse alette di ventilazione. Inoltre fu introdotto un nuovo rivestimento interno in cuoio, che andò ad aumentare notevolmente la sicurezza e la portabilità. Una variante del modello 1935 con la corazza mancante della visiera e dei bordi svasati fu data alle unità di paracadutisti Fallschirmjäger. Il disegno era concepito in modo da andare a ridurre i rischi di ferite alla testa al momento dell’atterraggio. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, i successivi modelli degli anni 40 risposero a tutte le necessità del tempo di guerra. I fori di aerazione vennero direttamente stampati sulla corazza senza l’ausilio di pezzi separati. Il bordo interno, presente nel solo modello 1940, scomparve dalla corazza a partire dal 1942. Queste modifiche videro il passaggio da un elmetto fino ad allora efficace, ad uno con grandi difetti di natura produttiva. Varianti di questi modelli dello Stahlhelm si rinvengono ad esempio nell’esercito bulgaro, della Spagna franchista e della Cina nazionalista. Furono molti i paesi ove lo Stahlhelm in alcuni casi venne adottato ed in altri usato fino agli anni 70 come modello di ispirazione per la progettazione di nuovi elmetti. Con la conclusione del secondo conflitto mondiale e con il crollo della Germania nazista, lo Stahlhelm rimase in servizio esclusivamente nella Nationale Volksarmee e della Volkspolizei della Repubblica Democratica Tedesca. Invece la Budeswehr della Repubblica Federale Tedesca preferì usare delle varianti dell’elmetto statunitense M1. Ma così non fu per le Bundesgrenzschutz ed alcune unità di polizia, che continuarono invece ad utilizzarlo. I modelli degli anni 50 seguirono alcune regole costruttive dei modelli degli anni 30 e 40, ma con l’introduzione di alcuni aggiornamenti negli interni. Furono introdotti nuovi occhielli per il soggolo e l’interno non era più fissato con i classici chiodini ma solo con una vite. Progressivamente scomparvero dalla calotta anche i fori di aerazione. Il celebre modello del 1956 invece derivò da un progetto, accantonato in un primo momento negli anni 40, e che fu successivamente riproposto in seguito all’esigenza di un nuovo elmetto da parte della Nationale Volksarmee e della Volkspolizei della Repubblica Democratica Tedesca. Rimase in uso fino con le sue uniche tre varianti crollo del muro di Berlino e alla riunificazione della Germania, per poi essere definitivamente sostituito con gli elmetti in kevlar. Ad oggi lo Stahlhelm viene ancora usato dall’esercito cileno in alcune cerimonie di rappresentanza, dai vigili del fuoco tedeschi in una colorazione fluorescente e dal tedesco Wachbataillon beim Bundesministerium der Verteidigung in una versione nera in materiali del tutto sintetici. Lo Stahlhelm con la sua resistenza e con il suo profilo aggressivo è ad oggi, dietro all’elmetto in kevlar, il miglior elmetto che sia mai stato prodotto dalla tecnologia bellica. Peccato che il suo collocarsi dalla parte sbagliata della storia gli abbia fatto assumere una fama triste e negativa, facendolo divenire simbolo di odio e di terrore, condannandolo ad un destino infelice. |
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